Выбрать главу

Carter Bradford e Patricia Wright si appoggiavano al tavolo rigidi con gli occhi sbarrati quasi senza fiatare.

Il signor Queen si strinse nelle spalle.

«E così si fa un conto: due meno uno. Mi è venuto in mente di colpo. Mi pareva incredibile, spaventevole, ma era l’unica soluzione possibile. Due meno uno è uguale a uno. Soltanto un’altra persona aveva avuto l’occasione di avvelenare quel cocktail perché appunto quest’altra persona l’aveva avuto tra le mani prima che il bicchiere finisse tra le mani di Rosemary! Un’altra persona aveva un motivo per uccidere Rosemary e aveva avuto il modo di adoperare per scopi omicidi l’arsenico che Jim aveva acquistato semplicemente per sterminare dei topi… ricordate che Jim andò da Myron Garback a comperare una scatola di Quico? Forse glielo aveva consigliato qualcun altro. E poco dopo Jim si recò in farmacia una seconda volta perché aveva perso la prima scatola. Come credete che sia stata persa la prima scatola di Quico? Non vi risulta evidente ormai che la scatola non era stata aperta, ma era stata rubata e nascosta dall’unica persona che aveva un motivo per uccidere Rosemary?»

Il signor Queen lanciò un’occhiata a Patricia Wright e Patricia chiuse gli occhi come se le dolessero. L’investigatore si ficcò una sigaretta all’angolo della bocca e disse tra i denti:

«Quella persona era la stessa che aveva porto il cocktail a Rosemary la sera dell’ultimo dell’anno.»

Carter Bradford si passò la lingua sulle labbra aride. Pat sembrava agghiacciata.

«Mi dispiace, Pat» disse Ellery riaprendo gli occhi. «Mi dispiace terribilmente, ma non vi è un’altra spiegazione. E solo per darle modo di essere di nuovo felice sono stato costretto a dirlo.»

Pat gemé debolmente:

«Non Nora. Non Nora!»

III

La seconda domenica di maggio

«Forse ha bevuto una goccia di liquore di troppo» spiegò il signor Queen a Gus Olensen. «Possiamo usare il salottino riservato, Gus?»

«Certo, certo» assentì Gus. «Mi dispiace molto, signor Bradford… il rum che vendo io non è fatturato, ne ha bevuto solo uno… lasciate che vi dia una mano…»

«Possiamo fare benissimo da noi, grazie mille» mormorò il signor Queen. «Ma forse sarebbe bene che ci portasse una buona dose di cognac.»

«Ma se ha bevuto troppo…» cominciò Gus perplesso. «Be’, fate come volete.»

Trasportarono Pat, che aveva gli occhi vitrei e fissi, sul divano di pelle della saletta riservata di Gus. Il barista arrivò subito, con un enorme bicchiere di cognac e Carter Bradford costrinse la ragazza a bere. Pat soffocava, tossiva, il liquore le andò di traverso e gli occhi le lagrimarono, ma finalmente riuscì a inghiottire qualche goccia, e si appoggiò all’indietro contro lo schienale con il viso rivolto verso il muro.

«Sta già meglio» disse con tono rassicurante il signor Queen «grazie Gus. Ci occuperemo noi ora della signorina Wright.»

Pat sedeva immobile. Carter imbarazzato rimase in piedi accanto a lei, poi si sedette e le prese una mano. Ellery allora si alzò e andò all’altro capo della stanza dove si fermò ad ammirare il tradizionale cartellone pubblicitario della birra Block.

Per lungo tempo non si udì alcun suono. Finalmente Pat chiamò: «Ellery».

Il signor Queen si voltò. Pat si era messa a sedere e teneva, tra le sue, entrambe le mani di Carter Bradford, come se fosse il giovane ad avere bisogno di consolazione. L’investigatore capì che in quei pochi minuti di silenzio era stata combattuta e vinta una grande battaglia.

«Voglio sapere il resto» comandò Pat con voce ferma, guardandolo fisso negli occhi. «Avanti Ellery, il resto.»

«Non fa grande differenza ormai, Patty cara» borbottò Cart. «Lo sai benissimo.»

«Lo so, Cart.»

«Qualunque cosa sia, tesoro, tu sai che tua sorella era sempre stata nevrastenica, forse molto vicina ai limiti della pazzia.»

«Sì, Cart. Mi racconti il resto, Ellery.»

«Pat, si ricorda d’avermi raccontato di essere capitata in casa di Nora, pochi giorni dopo l’arrivo di Rosemary, in novembre, e d’aver trovato sua sorella intrappolata per sbaglio nella dispensa?»

«Il giorno in cui Nora udì Jim e Rosemary litigare?»

«Sì, lei mi ha detto di non avere sentito che la fine della lite, una cosa molto violenta ma senza speciale significato. Mi ha raccontato che Nora non aveva voluto ripeterle quello che aveva udito, ma che aveva la stessa espressione del giorno in cui aveva trovato le tre lettere nel libro di tossicologia.»

«Sì…»

«Deve essere stato quello il momento cruciale, Pat, probabilmente allora, per colpa del caso, di un puro caso, Nora udì tutta la verità. Seppe che Jim e Rosemary non erano fratello e sorella ma marito e moglie e che lei, di conseguenza, non era legalmente sposata.»

Ellery abbassò gli occhi e si fissò le mani.

«La dolorosa realtà del primo matrimonio di Jim sconvolse Nora, distruggendo il suo morale e la sua ragione. Non dovete dimenticare che Nora era spiritualmente debolissima dopo i tre anni di vita completamente innaturale che aveva condotto in seguito all’abbandono di Jim… In quel momento Nora oltrepassò i confini tra la sanità e la follia. E così decise di vendicarsi delle due persone che le avevano rovinato la vita. Decise di uccidere la donna odiata che si faceva chiamare Rosemary e, nella sua mente malata, stabilì che Jim avrebbe dovuto pagare per quel delitto. Lo avrebbe incriminato usando le stesse armi che lui aveva contato di usare tempo prima, e che ora, provvidenzialmente, erano cadute nelle sue mani.

«Nora deve aver preparato i suoi piani molto lentamente. Era in possesso delle tre sconcertanti lettere che per lei non erano ormai più un mistero. Il contegno di Jim contribuiva a dare agli estranei l’idea della sua colpevolezza. E in più Nora scoprì in se stessa un talento eccezionale, quasi un genio per dissimulare le sue emozioni e i suoi reali sentimenti.»

Pat chiuse gli occhi e Carter le baciò la mano.

«Dopo essere riuscita molto abilmente ad attirare la nostra attenzione sulle tre lettere, Nora seguì con cura lo schema dei tre avvelenamenti. L’ultima domenica di novembre bevve volontariamente una piccola dose di arsenico per far credere che Jim stesse svolgendo i suoi piani. Ricordate che cosa fece subito dopo aver mostrato i primi sintomi di avvelenamento? Corse al piano superiore e bevve una enorme quantità di latte di magnesia che, come spiegai più tardi, è un antidoto di emergenza contro gli avvelenamenti da arsenico. Vedete, quindi, che Nora se n’era interessata. Questo non prova naturalmente che si fosse avvelenata da sola, ma se pensate agli altri episodi dovete ammettere che questo è un fatto molto significativo. Devo continuare, Pat? O è meglio che Carter la porti a casa…»

«Voglio sapere tutto» affermò Pat. «Tutto e subito, Ellery.»

«Brava la mia bambina coraggiosa» mormorò Carter Bradford, con voce soffocata.

«Pensi al suo contegno, Pat. Se Nora si fosse veramente preoccupata della salvezza di Jim, come voleva far credere, avrebbe lasciato nella cappelliera quelle tre lettere che l’avrebbero incriminato non appena fossero state trovate? Non le sembra che una qualsiasi donna che nutrisse realmente per il marito i sentimenti che Nora diceva di sentire per Jim avrebbe bruciato quelle lettere sull’istante? Nora invece le conservò… ed è naturale. Sapeva che avrebbero provato la colpevolezza di Jim, quando fosse stato arrestato, e voleva averle sottomano, per usarle contro di lui. Come le trovò Dakin, infatti?»

«Nora… Fu Nora a richiamare la nostra attenzione sulle lettere» disse Cart, debolmente. «Fu lei che ne parlò durante una crisi isterica. Fino a quel momento noi ne avevamo ignorato l’esistenza.»