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Colui che era causa di tanto fermento, si comportava in modo strano. Ritornato a Wrightsville si era chiuso nella sua stanzetta a Upham House e non usciva nemmeno per andare a mangiare. Per contro Nora Wright, la reclusa, ricominciò a farsi vedere. Non in pubblico, naturalmente. Tuttavia nel pomeriggio del lunedì, assistette a una partita di tennis tra Pat ed Ellery sul campo dietro la casa dei Wright. Era su una sedia a sdraio al sole, con gli occhi protetti da grandi occhiali neri. Sorrideva. Lunedì sera andò con Pat e Carter Bradford a far visita al signor Smith e a domandargli come procedeva il suo libro. Ellery fece servire il tè coi pasticcini da Alberta Manaskas e trattò Nora come se avesse l’abitudine di fargli visita ogni giorno. E venne la sera del martedì…

La sera del martedì, a casa Wright, era dedicata al bridge. Come di consueto, Bradford era stato invitato a pranzo, poi lui e Pat facevano coppia contro Hermione e John. Hermione quel martedì, 27 agosto, aveva invitato il signor Smith per fare il quinto ed Ellery aveva accettato.

«Io preferirei fare da spettatrice» dichiarò Pat. «Carter, caro, tu e papà potete giocare contro Ellery e la mamma. Io farò da arbitro.»

«Andiamo, non perdiamo tempo» incalzò John. «Smith, tocca a lei stabilire la posta.»

«Per me è indifferente» disse Ellery. «Cedo l’onore a Bradford.»

«Allora giochiamo d’un decimo di centesimo» s’affrettò a intervenire Hermione. «Carter, perché lo stipendio di procuratore distrettuale è tanto basso?» Poi si rischiarò in volto. «Ma quando sarà nominato Governatore…»

«Un centesimo il punto» fece Carter, paonazzo in volto.

«Ma Carter, non intendevo…» gemette Hermione.

«Se Carter vuol giocare di un centesimo al punto, vada per un centesimo» intervenne Pat con fermezza. «Sono sicura che vincerà.»

«Buona sera» disse Nora.

Non era scesa a pranzo. Hermione aveva parlato di “emicrania”. Ora la ragazza sorrideva a tutti. Aveva portato con sé un cestino da lavoro. Si sprofondò in una poltrona e si mise a sferruzzare.

«Sto vincendo la guerra per la Gran Bretagna» soggiunse. «Questo è il decimo maglione che faccio.»

I coniugi Wright si scambiarono uno sguardo sconcertato. Patricia cominciò distrattamente ad arruffare i capelli di Ellery.

«Qua le carte» fece Carter con voce soffocata.

La partita cominciò in un’atmosfera che a Ellery sembrò gravida di eventi a causa di quella manina nervosa che giocherellava con le sue chiome nonché della faccia feroce di Bradford. Infatti dopo due rubbers, Carter gettò le carte sulla tavola.

«Che c’è?» domandò Pat e le fecero eco Hermione e John.

«Se tu la smettessi di svolazzare, Pat» proruppe Carter «potrei concentrarmi in questo maledetto gioco!»

«Svolazzare? Sono rimasta qui tutta la sera seduta sul bracciolo della poltrona di Ellery, senza dire una parola!»

«Se hai proprio voglia di giocherellare con le sue morbide chiome» urlò Carter «perché non lo porti fuori al chiaro di luna?»

Patricia mitragliò con lo sguardo il giovanotto, poi, in tono contrito, disse a Ellery:

«Non si formalizzi per i modi di Carter. In realtà ha ricevuto una buona educazione, ma il continuo contatto coi delinquenti…»

Nora mandò un grido. Jim Haight stava sulla soglia. Aveva il vestito sgualcito e la camicia bagnata di sudore. Sembrava uno che avesse corso all’impazzata sotto un sole cocente. Il viso di Nora faceva pensare a un cielo tempestoso.

«Nora!»

Un rossore intenso si diffuse sulle gote della ragazza. Nessuno si mosse. Nessuno disse una parola.

Nora si slanciò verso il nuovo venuto. Per un attimo, Ellery credette che volesse aggredirlo in un accesso di collera, poi si accorse che non era adirata. Sembrava soltanto che avesse paura, la paura di una donna che da tempo si era rassegnata a vegetare e che di colpo si trovava alle soglie della felicità.

Nora passò accanto a Jim e volò su per le scale. Jim Haight assunse un’espressione esultante, poi le corse dietro. Silenzio. Le statue viventi, pensò Ellery. Si passò un dito nel colletto e lo ritirò bagnato di sudore. I coniugi Wright si dicevano molte cose in segreto, con gli occhi, come sanno fare un uomo e una donna che hanno vissuto insieme per trent’anni. Pat fissava il vuoto e ansava visibilmente; a sua volta Carter fissava Pat come se quello che stava accadendo tra Jim e Nora si fosse, in un certo modo, confuso nella sua mente con ciò che stava accadendo tra lui e Pat.

Più tardi si udì un po’ di tramestìo al piano superiore, il rumore di un uscio che si apriva e si chiudeva, uno scalpiccio sulle scale. Nora e Jim riapparvero.

«Ci sposiamo!» annunciò Nora.

«Subito» soggiunse Jim con voce aspra e in tono di sfida. «Subito, avete capito?»

Era paonazzo sino alla radice dei capelli e fissava John e Hermione con aria bellicosa.

«Oh, Nora!» esclamò Pat, poi buttò le braccia al collo della sorella e cominciò a piangere e a ridere insieme.

La signora Wright guardava i due fidanzati con un sorriso tirato. John borbottò qualcosa di incomprensibile poi si alzò dalla poltrona, si avvicinò alla figlia e al futuro genero prendendo la mano a entrambi.

«Era ora, pazzi che non siete altro!» esclamò Carter, e passò un braccio attorno alla vita di Pat.

Nora non piangeva. Continuava a fissare la madre. Finalmente Hermione si riscosse dalla propria immobilità e corse a sua volta ad abbracciare Nora. Abbracciò anche Jim e con voce rotta pronunciò alcune frasi senza senso che tuttavia parevano adatte alla circostanza.

Sentendosi solo e isolato il signor Queen sgusciò via alla chetichella.

VI

«Nozze Wright-Haight, oggi»

Hermione preparò i piani del matrimonio come un generale nella propria tenda prepara un grande attacco, circondato da carte topografiche e da cifre rappresentanti le forze effettive del nemico. Mentre Nora e Pat erano a New York per fare acquisti per il corredo di Nora, Hermione aveva lunghi colloqui col sagrestano della chiesa metodista, col fioraio armeno di Wrightsville, col reverendo Doolittle, coi fornitori, col signor Graycee dell’agenzia di viaggi, e infine con John per questioni finanziarie.

C’erano poi le riunioni della stato maggiore costituito dalle signore di Wrightsville.

«Ma sì, cara, è successo proprio come in un film!» diceva Hermione esultante al telefono. «Certo, era stato soltanto un bisticcio da innamorati. Già, so bene quel che dice la gente! Ma la mia Nora non aveva bisogno di aggrapparsi al primo che capitava… ma no, che dici mai! Non c’è motivo di fare un matrimonio senza pompa… Sì, in bianco… Andranno in Sud-America per un mese e mezzo… John riprenderà Jim alla banca… No, cara, avrà un posto direttivo!… Ma certo, ritieniti invitata!»

Sabato 31 agosto, a una settimana dal ritorno di Jim a Wrightsville, Jim e Nora furono uniti in matrimonio dal reverendo Doolittle nella chiesa metodista. Carter Bradford fece da testimonio per Jim. Dopo la cerimonia si tenne un gran ricevimento nel parco di casa Wright.

Mentre la festa era nel pieno svolgimento, Jim e Nora se la svignarono per la porta di servizio. Ed Hotchkiss trasportò gli sposi alla stazione in tempo per prendere il direttissimo. Jim e Nora dovevano fare una breve sosta a New York e salpare il martedì per Rio. Il signor Queen, che si era ritirato in disparte, assistette alla partenza dei due fuggiaschi Nora si aggrappava alla mano del marito. Jim aveva un’aria solenne e orgogliosa. Aiutò la sposa a salire in tassì con il gesto cauto di chi maneggia qualcosa di fragile.

Il signor Queen vide anche Frank Lloyd. Questi, ritornato dalla “spedizione di caccia” alla vigilia del matrimonio, aveva mandato a Hermione un biglietto in cui si diceva spiacente di non poter assistere alla cerimonia, poiché doveva recarsi alla capitale per una riunione di giornalisti. La cronista mondana del Record si sarebbe occupata del resoconto per il giornale. Vi prego di porgere a Nora i miei migliori auguri di felicità. Vostro F. Lloyd.