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Non preoccuparti, Robespierre, amico mio, pensò La Fayette. Bonaparte vivrà. È venuto qui convinto di poter manipolare il Canada ai suoi fini, ma sarò io a manipolarlo ai fini della democrazia. Ancora non lo sospetta, ma quando tornerà in Francia sarà pronto ad assumere il comando di un esercito rivoluzionario, e userà il suo dono per porre fine alla tirannide del ceto dominante invece di usarlo per aggiungere inutili corone all’indegna testa di re Carlo.

Perché il dono di La Fayette non era quello di leggere nel pensiero degli altri, come sospettava Maurepas, anche se ci andava molto vicino. Di fronte a chiunque, uomo o donna che fosse, La Fayette capiva immediatamente quale fosse la cosa che la persona desiderava sopra ogni altra. E una volta saputo questo, tutto il resto ne seguiva per logica deduzione. La Fayette conosceva già Napoleone meglio di quanto quest’ultimo conoscesse se stesso. La Fayette sapeva che Napoleone Bonaparte voleva dominare il mondo. E forse ci sarebbe riuscito; ma per adesso, lì in Canada, sarebbe stato La Fayette a dominare Napoleone Bonaparte. Si addormentò stringendo l’amuleto che lo proteggeva.

IV

LOLLA-WOSSIKY

Quando Lolla-Wossiky lasciò Ta-Kumsaw in piedi di fronte alle porte di Fort Carthage, sapeva bene che cosa pensava suo fratello. Ta-Kumsaw pensava che si fosse portato via quel barilotto per scolarselo fino all’ultima goccia.

Ma Ta-Kumsaw non sapeva. Assassino Bianco Harrison non sapeva. Nessuno sapeva di Lolla-Wossiky. Quel barilotto gli sarebbe durato forse due mesi. Un poco alla volta. Con grande attenzione, senza mai versarne una goccia, berne solo quanto bastava, chiuderlo bene, farlo durare. Forse addirittura tre mesi.

Finora era dovuto sempre restare nei pressi del forte di Assassino Bianco Harrison, per mendicare quelle misere tazze di liquore che Harrison gli versava dalla bottiglia color marrone scuro. Ora invece ne aveva a sufficienza per il viaggio, il grande viaggio verso nord in cerca del suo animale del sogno.

Nessuno sapeva che Lolla-Wossiky aveva un animale del sogno. Non lo sapeva l’uomo bianco, che non aveva animali del sogno. L’uomo bianco dormiva in continuazione senza mai svegliarsi. Non lo sapeva l’uomo rosso, che vedendo Lolla-Wossiky pensava che fosse solo un Rosso ubriacone senza animale del sogno, destinato a morire senza mai svegliarsi.

Ma Lolla-Wossiky sapeva. Lolla-Wossiky conosceva quella luce lassù a nord, l’aveva vista sorgere cinque anni prima. Sapeva che il suo animale del sogno lo chiamava, ma non era mai riuscito a partire. Era partito cinque, sei, dodici volte per il nord, ma ogni volta dopo un po’ l’effetto del liquore veniva meno e allora tornava il rumore, lo spaventoso rumore nero che lo faceva soffrire senza interruzione. Quando il rumore nero arrivava era come avere cento minuscoli coltelli conficcati nella testa che giravano, giravano, così che lui non riusciva più a sentire la terra, non riusciva nemmeno più a vedere la luce del suo animale del sogno, doveva tornare indietro, trovare del liquore, far smettere quel rumore per riuscire finalmente a pensare.

L’ultima volta era stata la peggiore. Da molto, molto tempo al forte non era arrivata una goccia di liquore. Alla fine, per due mesi, nemmeno Assassino Bianco Harrison gliene aveva potuto dare più di una tazza la settimana, e mai abbastanza da durargli più di qualche ora, forse un giorno. Due lunghi mesi di rumore nero quasi ininterrotto.

Il rumore nero gli impediva perfino di camminare. Tutto si torce e si dimena, il terreno ondeggia senza posa, come si fa a camminare quando la terra sembra acqua? Così tutti pensavano che Lolla-Wossiky avesse bevuto, perché barcollava come un Rosso ubriacone e cadeva in continuazione. Dove andrà a procurarsi il liquore? si chiedevano tutti. Nessuno ha più liquore, ma Lolla-Wossiky riesce ancora a ubriacarsi, come farà? Ma nessuno ha gli occhi per vedere che Lolla-Wossiky non è affatto ubriaco. Non lo sentono forse parlare, parole chiare, non parole da ubriaco? Non sentono che non puzza di liquore? Nessuno capisce, nessuno ragiona, nessuno lavora d’immaginazione, nessuno ci azzecca. Sanno che Lolla-Wossiky ha sempre bisogno di liquore. A nessuno viene da pensare che forse Lolla-Wossiky sta così male che preferirebbe morire.

E quando chiude il suo unico occhio per impedire al mondo di incresparsi come il fiume, tutti pensano che dorma e dicono tante cose. E tra queste, anche cose che nessun Rosso dovrebbe mai ascoltare. Lolla-Wossiky questo l’aveva capito quasi subito, e quando il rumore nero diventava così forte che avrebbe voluto stendersi sul fondo del fiume per cancellare quel rumore per sempre, si trascinava barcollando fino alla porta di Assassino Bianco Harrison, si lasciava cadere sul pavimento accanto alla soglia e ascoltava. Il rumore nero era fortissimo, ma non era rumore per gli orecchi, e persino con quel ruggito nella testa Lolla-Wossiky riusciva a udire ciò che gli altri dicevano. Perciò si sforzava in tutti i modi di ascoltare ciò che avveniva dall’altra parte della porta, e non si lasciava sfuggire niente di ciò che diceva Assassino Bianco Harrison.

Lolla-Wossiky non raccontava mai a nessuno ciò che udiva.

Lolla-Wossiky non diceva mai niente di vero. Tanto gli altri non gli avrebbero creduto lo stesso. Sei ubriaco, Lolla-Wossiky. Vergognati, Lolla-Wossiky. Perfino quando non era ubriaco, perfino quando stava così male che avrebbe voluto uccidere tutto ciò che era vivo pur di non sentir più quel rumore, perfino allora gli dicevano: «Che disgrazia ridursi così, anche per un Rosso». E Ta-Kumsaw se ne stava lì e non diceva mai nulla, o quando diceva qualcosa era forte e giusto, mentre Lolla-Wossiky era debole e sbagliato.

A nord, a nord, a nord. E mentre andava a nord, Lolla-Wossiky cantilenava tra sé. Mille passi a nord prima di bere una sola goccia. A nord mentre il rumore nero è così forte che non so nemmeno dove sia il nord, ma pur sempre a nord perché non ho il coraggio di fermarmi.

È notte fonda. Il rumore nero è così forte che la terra non dice più nulla a Lolla-Wossiky. Perfino la luce bianca della terra del sogno è lontana e sembra diffondersi in tutte le direzioni. Un occhio vede la notte, l’altro occhio vede il rumore nero. Debbo fermarmi. Debbo fermarmi.

Muovendosi con estrema cautela, Lolla-Wossiky trovò un albero e, deposto a terra il barilotto, si sedette, appoggiando la schiena al tronco dell’albero, il barilotto tra le gambe. Molto lentamente, perché non vedeva più nulla, tastò il barilotto da tutte le parti per accertarsi della posizione del tappo. Tac, tac, tac con il tommy-hawk, tac, tac, tac finché il tappo non si allentò. Lentamente finì di estrarlo con le dita. Poi si chinò posando le labbra sul cocchiume e lo strinse come in un bacio, lo strinse tra le labbra come un neonato alla poppa, ecco come lo strinse; e poi alzò il barilotto, lentamente, molto lentamente, non troppo in alto, ecco il sapore, ecco il liquore, un sorso, due sorsi, tre sorsi, quattro.

Quattro debbono bastare. Quattro è la fine. Quattro è il numero vero, il numero intero, il numero perfetto. Quattro sorsi.

Rinfilato il tappo nel foro, Lolla-Wossiky vi batte sopra in modo che stia ben fermo. Già il liquore gli arriva alla testa. Già il rumore nero svanisce, si allontana.