Выбрать главу

Il ragazzo si rendeva conto di quanto tutto questo fosse miracoloso?

No, no, non ne aveva la minima idea. E come avrebbe potuto? Chi tra i Bianchi avrebbe mai potuto intuirlo?

E ora, proprio perché non capiva, Alvin Junior stava per distruggere la sua stessa fragilissima costruzione. Gli insetti che lo avevano morso erano spilli di metallo che le sorelle gli avevano infilato nella camicia da notte. Ora le udiva ridere dietro la parete. E siccome si era appena preso un gran spavento, adesso era molto arrabbiato. Far pari con loro, vendicarsi; Lolla-Wossiky avvertiva la sua rabbia infantile. Per una piccola presa in giro, loro lo avevano ripagato spaventandolo, pungendolo in cento posti diversi, facendolo sanguinare. Far pari con loro, fargli prendere una tale paura…

Alvin Junior si mise a sedere sul bordo del letto, arrabbiatissimo, e cominciò a sfilare gli spilli dalla camicia da notte mettendoli da parte uno per uno. Gli uomini bianchi tenevano sempre in gran conto quei loro inutili attrezzi di metallo, persino quand’erano così piccoli che quasi non si vedevano. E mentre Alvin se ne stava lì seduto, vide gli scarafaggi correre lungo la parete, entrando e uscendo dalle fessure del pavimento, e in loro scorse la sua vendetta.

Lolla-Wossiky lo sentì pensare a un piano. Poi Alvin si inginocchiò sul pavimento e a bassa voce lo spiegò agli scarafaggi. Perché era solo un bambino, e per di più bianco, senza nessuno che potesse guidarlo, Alvin parlò agli scarafaggi usando la voce, nella convinzione che in qualche modo capissero la sua lingua. Ma non era così… la cosa importante era l’ordine delle cose, la maniera in cui disponeva il mondo nella sua mente.

E, nella sua mente, Alvin mentì agli scarafaggi. Fame, disse loro. E nella stanza accanto, cibo. Se si fossero insinuati sotto il muro entrando nella camera delle sue sorelle e si fossero arrampicati sui letti e sui corpi, avrebbero trovato del cibo. Cibo, se si fossero affrettati, cibo in abbondanza per tutti. Era una menzogna, e Lolla-Wossiky avrebbe voluto gridargli di non farlo.

Se un uomo rosso si inginocchiava per chiamare una preda di cui non aveva bisogno, la preda avrebbe capito che era una menzogna e non gli avrebbe obbedito. Quella stessa menzogna avrebbe separato l’uomo rosso dalla terra, costringendolo per qualche tempo a camminare da solo. Ma quel ragazzo bianco riusciva a mentire con tanta forza che le minuscole menti degli scarafaggi gli credettero. E si affrettarono, a centinaia, a migliaia, a insinuarsi sotto il muro entrando nella stanza adiacente.

Alvin Junior udì qualcosa, e ne fu felice. Ma Lolla-Wossiky era infuriato. Aprì l’occhio, per non dover vedere la gioia di Alvin Junior quando questi capì di aver ottenuto la sua vendetta. Udì invece gli strilli delle sorelle quando cominciarono a sentirsi addosso gli scarafaggi. E poi i genitori e i fratelli che arrivavano di corsa. E i colpi, i pestoni con cui schiacciavano gli scarafaggi, facendone strage. Lolla-Wossiky chiuse l’occhio e li sentì morire, ogni volta una puntura di spillo. Era trascorso tanto tempo da quando il rumore nero aveva soffocato ogni altra morte dietro un unico, immenso ricordo di morte, che Lolla-Wossiky si era dimenticato di quelle piccole fitte.

Come la morte delle api.

Gli scarafaggi, inutili animali che si cibano di rifiuti, che nascosti nelle loro tane producono sgradevoli fruscii, che sulla pelle fanno solo ribrezzo; ma erano parte della terra, parte della vita, parte del silenzio verde, e ora venivano uccisi inutilmente perché avevano creduto a una menzogna, e la loro morte era un rumore malvagio.

Ecco perché mi trovo qui, capì Lolla-Wossiky. È la terra che mi ha condotto fin qui, sapendo che il ragazzo aveva simili poteri, sapendo che non c’era nessuno che potesse insegnargli a usarli, nessuno che potesse insegnargli che bisognava attendere il bisogno della terra prima di trasformarla. Nessuno che potesse insegnargli a essere rosso, e non bianco.

Non sono venuto qui per incontrare il mio animale del sogno, ma per essere l’animale del sogno di questo ragazzo.

Il baccano cessò. Le sorelle, i fratelli e i genitori se ne tornarono a letto. Infilando le dita nelle commessure fra un tronco e l’altro, Lolla-Wossiky cominciò a salire, con cautela, senza fidarsi del proprio senso dell’equilibrio ma tenendo chiuso l’occhio in modo che fosse la terra a guidarlo. Le imposte del ragazzo erano aperte; Lolla-Wossiky appoggiò i gomiti sul davanzale e così appeso guardò dentro.

Prima con l’occhio aperto. Vide un letto, uno sgabello sul quale erano appoggiati i vestiti accuratamente ripiegati, e ai piedi del letto una culla. La finestra dava sullo spazio vuoto tra il letto e la culla. Sul letto una sagoma indistinta, delle dimensioni di un ragazzo.

Lolla-Wossiky tornò a chiudere l’occhio. Sul letto era disteso Alvin. Lolla-Wossiky avvertì in lui il calore dell’eccitazione, come una febbre. Aveva avuto tanta paura di essere scoperto, era stato così esilarato dalla vittoria, e ora giaceva tremante, cercando di respirare regolarmente, cercando di soffocare il riso.

Di nuovo con l’occhio aperto, Lolla-Wossiky si arrampicò fino ad avere i piedi sul davanzale, quindi balzò nella stanza. Si era aspettato che Alvin lo scorgesse, che gridasse; ma la sagoma del ragazzo restò immobile sotto le lenzuola; non si udì rumore alcuno.

Quando Lolla-Wossiky teneva aperto l’occhio sano, il ragazzo non poteva vederlo più di quanto lui stesso non riuscisse a vedere il ragazzo. Dopo tutto per il ragazzo quella era la fine del sogno, e Lolla-Wossiky era il suo animale del sogno. Il suo compito era quello di mettere il ragazzo di fronte alle sue visioni, non di farsi vedere per quello che era, un Rosso ubriacone orbo da un occhio.

Che visione potrò mai mostrargli?

Lolla-Wossiky infilò la mano sotto i calzoni da Bianco, dove ancora indossava il perizoma, ed estrasse il coltello dalla guaina. Stringendolo con forza, alzò entrambe le mani sopra la testa. Poi chiuse l’occhio.

Il ragazzo aveva gli occhi chiusi e ancora non si era accorto di lui. Così Lolla-Wossiky raccolse la luce bianca che circondava il ragazzo e l’attirò a sé, sentendosi pervadere da un chiarore che si faceva sempre più forte. Ora la luce scaturiva dalla sua stessa pelle. Lolla-Wossiky si lacerò sul davanti la camicia che era stato costretto a indossare, quindi tornò ad alzare le mani. Adesso Alvin Junior poteva scorgere il chiarore anche attraverso le palpebre abbassate. Il ragazzo aprì gli occhi.

Lolla-Wossiky avvertì il terrore di Alvin di fronte all’apparizione in cui egli si era trasformato: un uomo rosso splendente e luminoso, con un occhio solo e un coltello affilato stretto in pugno. Ma non era la paura ciò che Lolla-Wossiky voleva. Nessuno dovrebbe temere il suo animale del sogno. Perciò inviò verso il ragazzo la luce che egli stesso emanava, in modo che avvolgesse entrambi, e assieme alla luce inviò le parole: tranquillo, calmati, non avere paura.

Il ragazzo si calmò un pochino, ma continuò a dimenarsi all’indietro nel letto, fino a trovarsi in posizione seduta, con le spalle appoggiate alla parete.

Era giunto il momento di svegliare il ragazzo da una vita di sonno. Come fare? Nessun essere umano, rosso o bianco, era mai stato l’animale del sogno di un altro. Eppure, senza bisogno di pensare, Lolla-Wossiky capì che cosa doveva fare. Che cosa il ragazzo avesse bisogno di vedere e di provare. Lolla-Wossiky fece esattamente tutto quello che gli venne in mente e che gli desse la sensazione di essere la cosa giusta.

Lolla-Wossiky strinse il coltello dalla lama scintillante, ne premette la lama contro il palmo dell’altra mano… e tagliò. Con forza, con decisione, a fondo, così che il sangue sprizzò dalla ferita e gli ruscellò lungo il braccio raccogliendosi dentro la manica e cominciando quasi subito a gocciolare sul pavimento.