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Come c’era da aspettarsi, tutti quanti tirarono fuori i loro coltelli per provarne la lama, prima passandola sul corpo di Al o di Measure, e poi mettendosi a urlare e ad accusarsi a vicenda, probabilmente nel tentativo di stabilire di chi fosse la colpa.

Poco dopo tuttavia si ricordarono di avere una missione da compiere. Dovevano torturare quei ragazzi bianchi e farli urlare, o per lo meno sfregiarli e mutilarli in modo che di fronte ai loro corpi i Bianchi giurassero vendetta.

Perciò uno dei Rossi prese il suo tommy-hawk, un’arma all’antica con la lama di pietra, e lo brandì davanti alla faccia di Al, agitandolo in modo da incutergli più paura possibile. Al utilizzò quel tempo per ammorbidire la pietra, indebolire il legno, allentare le cinghie di pelle che tenevano insieme il tutto. Quando il Rosso lo sollevò per cominciare a fare sul serio, per esempio centrando Al in pieno viso, il tommy-hawk gli si sfasciò tra le mani. Il legno era completamente marcito, la lama di pietra si sbriciolò, e persino la cinghia finì in pezzi, come logorata da un lungo uso. Il Rosso urlò facendo un salto all’indietro, come se fosse stato morsicato da un serpente a sonagli.

Un altro guerriero che aveva un’accetta dalla lama d’acciaio non perse tempo ad agitarla in aria, ma afferrata una mano di Measure l’appoggiò su un grosso sasso e abbassò l’arma con forza, deciso a spiccargli le dita di netto. Per Al fu un gioco da ragazzi. In caso di bisogno, non era forse stato capace di tagliare intere macine da mulino? L’accetta colpì, rimbalzando sulla pietra con un suono metallico, e Measure trattenne il fiato, sicuro di avere ormai perso le dita; ma quando il Rosso sollevò l’accetta, la mano di Measure era illesa, senza neanche un segno, mentre la lama dell’accetta aveva una serie di depressioni a forma di dita, come se fosse stata fatta di burro o di sapone bagnato.

I Rossi ulularono e si scambiarono sguardi pieni di paura, di paura e di rabbia per le strane cose che stavano accadendo. Essendo bianco, Alvin non poteva saperlo, ma ciò che per loro rendeva la cosa particolarmente inquietante era che, mentre in genere riuscivano a sentire le fatture, gli incantesimi e le magie dei Bianchi, stavolta non riuscivano a sentire nulla. Quando un Bianco collocava da qualche parte un talismano, i Rossi lo avvertivano come un’escrescenza del loro senso della terra; un incantesimo difensivo era come una puzza disgustosa; un incantesimo protettivo come un ronzio che ad avvicinarsi diventava sempre più forte. Ma ciò che faceva Alvin non causava la minima interruzione nella continuità della terra; il loro senso di come le cose avrebbero dovuto essere non rivelava niente di insolito. Era come se le leggi della natura fossero cambiate a loro insaputa, e all’improvviso l’acciaio fosse diventato morbido e la carne dura, la pietra friabile, il cuoio tenero come l’erba. Nel cercare una causa di ciò che stava accadendo, non pensarono certo ad Al o a Measure. Per quanto ne potevano capire, doveva trattarsi di qualche forza della natura.

Di tutto questo Alvin percepì soltanto la paura, la rabbia e la confusione, cose di cui non poteva che rallegrarsi. Ma non si montò la testa. Sapeva che esistevano ostacoli che ancora non avrebbe saputo affrontare. Il principale era l’acqua; se a quelli là fosse saltato in mente di annegarli, Al non avrebbe saputo come impedirglielo, né come salvare se stesso o il fratello. Aveva solo dieci anni, ed essendo vincolato da leggi che non riusciva a capire, non aveva ancora compreso sino in fondo a che cosa il suo dono potesse servirgli, o come funzionasse. Forse ricorrendo ai suoi poteri avrebbe potuto compiere azioni assolutamente spettacolari, se solo avesse saputo come, ma il punto era precisamente che non lo sapeva, e poteva fare solo le cose che erano alla sua portata.

Se non altro, comunque, fortunatamente i loro rapitori non pensarono ad annegarli. Ma pensarono al fuoco. Molto probabilmente l’avevano avuto in mente fin dall’inizio. Si raccontava che nella Nuova Inghilterra, ai tempi delle guerre con i Rossi, erano stati trovati i cadaveri di vittime della tortura con le estremità carbonizzate nelle ceneri ormai fredde di un falò. Quei poveretti erano stati costretti a guardarsi bruciare lentamente le dita dei piedi finché il dolore, il sangue perduto e la follia non li avevano uccisi. Alvin vide i Rossi gettare sul fuoco rami di alberi resinosi, in modo da farlo divampare. Prima d’allora non aveva mai provato a raffreddare un fuoco, e non sapeva bene come fare. Allora si spremette le meningi, e trovò una soluzione. Mentre i Rossi agguantavano Measure per le ascelle e lo trascinavano verso il fuoco, Al entrò nei pezzi di legno e li frantumò, li sbriciolò riducendoli in polvere, così che bruciarono in fretta, in un solo istante, con una fiammata tanto improvvisa da produrre un forte schiocco e una vampata di luce abbagliante che si innalzò rapidamente verso l’alto. Lo spostamento d’aria fu così violento da provocare un turbine di vento che durò per qualche secondo, frustando cose e persone, risucchiando la cenere verso l’alto in un rapido sbuffo, e poi lasciandola ricadere lentamente a terra come pulviscolo.

Proprio così: del fuoco non rimase più nulla tranne quella polvere che si depositava pian piano, sottile come una nebbia, in tutta la radura.

Allora sì che i Rossi ulularono, saltarono e ballarono e si sferrarono colpi sulle spalle e sul torace. E mentre si comportavano come i partecipanti a un funerale irlandese, Al allentò i suoi legami e quelli di Measure, sperando contro ogni speranza di riuscire in qualche modo a scappare prima che i loro familiari e i loro vicini li trovassero e cominciassero a sparare, a uccidere e a morire.

Measure naturalmente sentì i legami allentarsi, e lanciò ad Alvin un’occhiata penetrante; fino a quel momento ciò che stava accadendo lo aveva sconvolto quasi quanto i Rossi. Certo, aveva capito fin dal primo momento che sotto c’era lo zampino di Alvin, ma quest’ultimo non gli aveva certo potuto spiegare quel che stava facendo, e Measure era stato colto di sorpresa non meno degli altri. Adesso, tuttavia, guardò Alvin e annuì, cominciando a torcere le braccia per liberarle dai legami. Fino a quel momento i Rossi non si erano accorti di niente, e forse i due fratelli avrebbero potuto acquistare un certo vantaggio; poteva anche darsi — ma non c’era da farci conto — che i Rossi fossero talmente sconvolti da rinunciare in partenza all’inseguimento.

Ma in quel preciso istante tutto cambiò. Dalla foresta si levò un grido, che immediatamente venne raccolto da quelli che parevano due o trecento gufi disposti in cerchio. Da come Measure guardò Alvin, doveva aver pensato per un istante che anche lì ci fosse lo zampino del fratello; ma i Rossi capirono subito di che cosa si trattava, e smisero all’istante di dare in escandescenze. Dalla paura che lesse sulle loro facce, Al pensò che doveva certamente trattarsi di qualcosa di buono, forse addirittura la salvezza, o roba che ci andava vicina.

Dalla foresta che circondava la radura sbucarono altri Rossi, inizialmente qualche decina, alla fine forse un centinaio, tutti armati di arco e frecce. Nessuno di loro portava armi da fuoco. Dai vestiti e dalla capigliatura Al pensò che fossero Shaw-Nee, probabilmente seguaci del Profeta. Per dire la verità, era quasi l’ultima cosa che Al si sarebbe aspettato. Erano facce di Bianchi, quelle che avrebbe voluto vedere, non di Rossi.

Uno dei nuovi venuti si fece avanti. Era un uomo alto e forte, con una faccia dura e spigolosa che sembrava intagliata nella pietra. Questi latrò un paio di parole dal suono aspro e inquisitorio, e immediatamente i rapitori di Al e Measure cominciarono a balbettare, farfugliare, implorare. Sembravano un gruppo di bambini, pensò Al, sorpresi dal padre a fare qualche marachella. Essendo stato lui stesso sorpreso più di una volta in simili circostanze, la cosa lo mosse quasi a compassione; ma subito dopo gli tornò in mente la morte spaventosa che potendo avrebbero riservato a lui e a suo fratello. Anche se ne fossero usciti senza un graffio, ciò non significava che quei Rossi fossero esenti da ogni colpa.