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«Più un uomo è grande, più numerosi sono coloro che egli deve servire» disse il Profeta. «Un piccolo uomo serve solo se stesso. Un uomo più grande serve la propria famiglia. Un uomo ancora più grande serve la propria tribù, il proprio popolo. L’uomo più grande di tutti serve l’umanità intera, il mondo intero. Per te stesso avresti voluto dimostrarti coraggioso. Ma per la tua famiglia, la tua tribù, il tuo popolo, il mio popolo… per la terra e per tutti coloro che la popolano, devi passare sotto questo gatlopp senza un graffio.»

Lentamente, Measure si voltò e risalì la duna tra le due ali di guerrieri immobili fino a trovarsi di fronte a Ta-Kumsaw. Di nuovo Ta-Kumsaw sputò, stavolta ai piedi di Measure.

«Non sono un vigliacco» disse Measure.

Ta-Kumsaw se ne andò. Camminando, scivolando, slittando, giunse ai piedi della duna. Anche i guerrieri del gatlopp se ne andarono. Measure rimase solo in cima alla duna, sentendosi umiliato, infuriato, sfruttato.

«Vattene!» gridò il Profeta. «Vai a sud!»

Porse ad Alvin una borsa. Il ragazzo si inerpicò in cima alla duna e la diede a Measure, che l’aprì. Conteneva pemmican e chicchi di mais da succhiare lungo il tragitto.

«Non vuoi venire con me?» chiese Measure.

«Io debbo andare con Ta-Kumsaw» spiegò Alvin.

«Sono sicuro che ce l’avrei fatta a passare sotto il gatlopp» disse Measure.

«Lo so» concordò Alvin.

«Se il Profeta non voleva che mi sottoponessi alla prova» disse Measure «com’è che ha permesso che le cose arrivassero fino a quel punto?»

«Non me l’ha voluto dire» rispose Alvin. «Ma sta per succedere qualcosa di terribile. E lui vuole che succeda. Se te ne fossi andato prima, quando ti ho detto di scappare…»

«Mi avrebbero ripreso, Al.»

«Valeva la pena di tentare. Adesso, se te ne vai, farai esattamente quello che lui vuole.»

«Pensi che abbia intenzione di farmi uccidere, o qualcosa del genere?»

«Mi ha promesso che sopravvivrai, Measure. E tutta la nostra famiglia. E anche lui, e Ta-Kumsaw.»

«E allora che cosa accadrà di così terribile?»

«Non lo so. Ma ho paura di quello che potrà succedere. Penso che voglia mandarmi con Ta-Kumsaw per proteggermi.»

Anche stavolta valeva la pena di tentare. «Alvin, se mi vuoi bene, vieni via con me.»

Alvin si mise a piangere. «Ti voglio bene, Measure, ma non posso venire.» Sempre piangendo, scese di corsa la duna. Non volendo vederlo sparire alla sua vista, Measure si incamminò nella direzione che gli era stata indicata: verso sud, deviando appena a est. Non avrebbe avuto difficoltà a trovare la strada. Ma si sentiva torcere lo stomaco dalla paura e soprattutto dalla vergogna di essersi lasciato convincere a partire senza suo fratello. Ho fallito in tutto e per tutto. Sono praticamente un buono a nulla.

Camminò per il resto della giornata trascorrendo la notte sotto un mucchio di foglie in una cunetta del terreno. Il giorno seguente camminò fino al tardo pomeriggio, quando s’imbatté in un torrente che scorreva verso sud. Prima o poi sarebbe giunto al Tippy-Canoe o al Wobbish, dei due l’uno. L’acqua del torrente era troppo fonda per poterlo scendere a guado, e la vegetazione sulle rive troppo fitta per poterlo costeggiare. Così si limitò a mantenersi a portata d’orecchio dal torrente, aprendosi la strada nella boscaglia. Non era un Rosso, questo era sicuro. Graffiato dai cespugli e dai rami degli alberi, morso dagli insetti, le scottature non gli rendevano certo la vita più facile. In più, si cacciava spesso in qualche macchia impenetrabile dalla quale poteva uscire solo tornando sui suoi passi. Come se la terra gli fosse stata nemica, rallentando il suo cammino. In quei momenti, non desiderava altro che un cavallo e buone strade battute.

Ma per quanto duro fosse camminare nei boschi, Measure non si diede mai per vinto. Un po’ perché Alvin gli aveva indurito i piedi; un po’ perché gli sembrava di respirare più profondamente di quanto gli fosse mai accaduto. Ma c’era dell’altro. Nei muscoli avvertiva una forza mai provata. Non si era mai sentito così vivo in vita sua. E Measure pensò che se in quel momento avesse avuto un cavallo, forse avrebbe preferito andare a piedi.

Nel tardo pomeriggio del secondo giorno, udì uno scalpiccio proveniente dal fiume. Non c’era modo di sbagliare: erano cavalli, condotti a mano nell’acqua bassa. E questo significava uomini bianchi, forse addirittura gente di Vigor Church, ancora in cerca di Measure e Alvin.

Corse precipitosamente in direzione del fiume, graffiandosi a sangue tra i cespugli. Poi vide quattro uomini a cavallo, che adesso si dirigevano verso valle, allontanandosi da lui. Fu solo dopo essere arrivato al torrente ed essersi messo a gridare a squarciagola che si accorse che indossavano l’uniforme verde dell’esercito degli Stati Uniti. Per quanto ne sapeva, era la prima volta che venivano da quelle parti. In quella regione di Bianchi se ne vedevano pochi, per non irritare inutilmente i francesi di Fort Chicago.

Quando udirono le sue grida, i soldati fecero fare dietro front ai cavalli per vedere di chi si trattasse. Non appena lo scorsero, tre di loro gli puntarono addosso i moschetti, pronti a sparare.

«Non sparate!» gridò Measure.

I soldati gli si avvicinarono lentamente, dato che i cavalli facevano fatica a risalire la corrente.

«Per amor del cielo, non sparate» disse Measure. «Vedete benissimo che non sono armato. Non ho neanche un coltello.»

«Parla l’inglese mica male, eh?» osservò un soldato rivolgendosi al compagno.

«Ma certo che lo parlo! Sono un Bianco!»

«Guarda un po’ che roba» disse un altro. «È la prima volta che sento uno di loro sostenere di essere bianco.»

Measure si guardò la pelle. Scottata com’era dal sole, era di un color rosso acceso, anche se molto più pallida di quella di un vero Rosso. In più, indossava un perizoma, e sporco e scarmigliato com’era aveva sicuramente l’aspetto di un selvaggio. Ma la barba un po’ gli era cresciuta, no? Per la prima volta Measure avrebbe voluto essere molto più villoso, con una folta barba e un sacco di pelo sul petto. Allora non ci sarebbe stata possibilità d’errore, dato che i Rossi erano notoriamente glabri. Per adesso, tuttavia, i soldati non avrebbero potuto vedere la lanugine sul labbro superiore né i radi peli che gli spuntavano sul mento finché non gli fossero stati molto più vicini.

E nemmeno avevano intenzione di correre rischi. Uno soltanto gli si avvicinò. Gli altri si mantennero a rispettosa distanza con i moschetti spianati, pronti a far fuoco nel caso che Measure avesse qualche amico in agguato sulla sponda del torrente. Measure si accorse che l’uomo che gli si stava avvicinando era spaventato a morte, e lanciava rapide occhiate a destra e a sinistra in attesa che qualche Rosso scoccasse la prima freccia. Measure pensò tra sé che il soldato era proprio un’idiota, perché se in quei boschi ci fossero stati davvero dei Rossi non avrebbe avuto modo di vederli prima di ritrovarsi una freccia piantata da qualche parte.

Prima di avvicinarsi a Measure il soldato gli girò intorno con cautela. Poi prese una corda, vi fece un nodo scorsoio e la lanciò a Measure. «Mettitela intorno al petto, sotto le braccia» ordinò il soldato.

«E perché?»

«In modo che io possa guidarti.»

«Col cavolo» rispose Measure. «Se avessi saputo che avevate intenzione di trascinarmi con una corda nel bel mezzo di un torrente, sarei restato sul terreno asciutto e me ne sarei andato a casa da solo.»

«Se entro cinque secondi non ti sei legato a quella corda, quei ragazzi ti faranno saltare la testa.»

«Che razza di storia sarebbe?» chiese Measure. «Sono Measure Miller. Quasi una settimana fa sono stato rapito assieme a mio fratello Alvin, e adesso me ne sto tornando a casa a Vigor Church.»

«Ma senti che cosa inventa questo!» sbottò il soldato. Ritirò la corda, bagnata fradicia, e la lanciò di nuovo a Measure. Stavolta lo prese in pieno viso. Measure l’afferrò e la tenne in mano. Il soldato estrasse la sciabola. «Pronti a sparare, ragazzi!» urlò. «È proprio il rinnegato che stavamo cercando!»