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Un momento. Ne eravamo proprio sicuri? Il Profeta l’aveva costretto a restare per affrontare il gatlopp… e perché? Perché partisse di pomeriggio, anziché di mattina, col risultato che si era trovato sulle rive del Tippy-Canoe proprio mentre passavano di lì i soldati di Harrison. Altrimenti sarebbe arrivato a Prophetstown e di lì in due salti sarebbe giunto a Vigor Church senza incontrare un solo soldato. Se Measure non avesse udito i soldati di Harrison e non li avesse chiamati, non lo avrebbero mai trovato. Anche questo rientrava nei piani del Profeta?

E se così fosse stato? Forse il piano del Profeta era una buona cosa, e forse no… Per il momento Measure non ne era propriamente entusiasta. Ma sicuramente non se ne sarebbe rimasto seduto in quella cantina in attesa di vedere se quel piano funzionava davvero.

Facendosi strada tra le patate giunse fino alla parete di fondo. Le ragnatele che gli si appiccicavano al viso e ai capelli non gli piacevano affatto, ma non era certo il momento di badare al proprio aspetto. Poco dopo aveva sgombrato lo spazio che gli serviva in fondo alla cantina, spingendo la maggior parte delle patate verso la porta. Quando avessero aperto la porta, avrebbero visto soltanto una montagna di patate. Nessun indizio del fatto che stava scavando.

La cantina, scavata nel terreno per conservare tuberi e radici, era come tutte le altre che Measure aveva visto. Si scavava una grande fossa, la si copriva con un traliccio, e su questo si costruiva un tetto a sua volta coperto con la terra dello scavo. Measure avrebbe potuto scavare una galleria nella parete di fondo sino a riemergere dietro la collinetta di terra, senza che dalla casa nessuno potesse accorgersi di nulla. Avrebbe dovuto scavare a mani nude, ma quello era morbido terriccio alluvionale. Ne sarebbe uscito più somigliante a un Nero che a un Rosso, ma la cosa non aveva molta importanza.

Il problema era che la parete di fondo non era di terra battuta, ma di legno. I proprietari l’avevano ricoperta di legno fino al pavimento. Gente precisa. Certo, il pavimento era di terra battuta. Ma questo significava che prima di poter scavare verso l’alto Measure sarebbe dovuto passare sotto la parete. Invece di una notte, gli ci sarebbero voluti dei giorni. E in qualsiasi momento avrebbero potuto coglierlo sul fatto. Oppure, semplicemente, sarebbero venuti a prenderlo per fucilarlo. O magari restituirlo a quei Chok-Taw perché finissero quel che avevano cominciato… riducendolo in modo da convincere chiunque che Ta-Kumsaw e il Profeta l’avessero torturato. Tutto era possibile.

Casa sua era a non più di dieci miglia di distanza. Era questo a farlo impazzire dalla rabbia. Così vicino a casa senza che nessuno ne avesse il minimo sentore, senza che nessuno sapesse che doveva accorrere in suo aiuto. Gli tornò in mente la fiaccola, la ragazzina del fiume Hatrack, che anni prima si era accorta che stavano per essere travolti dalle acque del fiume e aveva mandato gente ad aiutarli. Ecco di che cosa avrei bisogno in questo momento. Avrei bisogno di una fiaccola, di qualcuno che mi vedesse e mandasse gente ad aiutarmi.

Ma la cosa non era affatto probabile. Almeno, non nel suo caso. Se si fosse trattato di Alvin, sarebbero già accaduti miracoli a ripetizione, e ben presto si sarebbe trovato in salvo. Ma Measure poteva sperare solo nelle proprie risorse.

Dopo dieci minuti che scavava, si era già spezzato un’unghia a metà. Il dolore era atroce, e sicuramente il dito stava sanguinando. Se fossero venuti a prenderlo in quel momento, avrebbero immediatamente capito che stava scavando una galleria. Ma era la sua unica possibilità. Perciò continuò a scavare, senza curarsi del dolore, fermandosi ogni tanto per gettar via qualche patata caduta dentro la buca.

Poco dopo si tolse il perizoma per aiutarsi nel suo lavoro. Dopo aver smosso la terra con le mani, l’ammucchiava nel perizoma e con questo la issava fuori della buca. Non era la stessa cosa che avere una vanga, ma sicuramente molto meglio che buttar fuori la terra una manciata alla volta. Quanto tempo gli restava? Giorni? Ore?

XI

RAGAZZO ROSSO

Non era trascorsa un’ora da quando Measure se n’era andato. Ta-Kumsaw era in piedi su una duna. Al suo fianco si trovava Alvin, il Ragazzo Bianco. Di fronte a lui, Tenska-Tawa, Lolla-Wossiky. Suo fratello, il ragazzo che una volta piangeva per la morte delle api. Un profeta; o almeno così si diceva. La sua voce era la voce della terra; o almeno così si diceva. Una voce che pronunciava parole di vigliaccheria, resa, sconfitta, distruzione.

«Questo è il giuramento della pace della terra» disse il Profeta. «Non adotteremo mai le armi dell’uomo bianco, gli attrezzi dell’uomo bianco, i vestiti dell’uomo bianco, il cibo dell’uomo bianco, le bevande dell’uomo bianco, le promesse dell’uomo bianco. E, soprattutto, non uccideremo mai un essere vivente che non si offra spontaneamente di morire.»

I Rossi che lo circondavano avevano già udito quelle parole, come le aveva udite Ta-Kumsaw. La maggior parte di coloro che avevano seguito entrambi fino al lago Mizogan avevano già rifiutato il patto del Profeta, considerandolo segno di debolezza. Avevano pronunciato un altro giuramento, quello della rabbia della terra, proposto da Ta-Kumsaw. Se i Bianchi volevano restare, avrebbero dovuto vivere secondo la legge dell’uomo rosso; altrimenti avrebbero dovuto andarsene, o perire. Le armi dei Bianchi si potevano usare, ma solo per difendere i Rossi da rapine e violenze. Nessun Rosso avrebbe mai torturato o ucciso un prigioniero, uomo, donna o bambino che fosse. E, soprattutto, la morte di un Rosso non sarebbe mai rimasta impunita.

Ta-Kumsaw sapeva che se tutti i Rossi d’America avessero pronunciato il suo giuramento, avrebbero ancora potuto sconfiggere l’uomo bianco. I Bianchi erano riusciti a fare tanti progressi solo perché i Rossi non si erano mai uniti sotto un unico capo. I Bianchi avevano sempre potuto allearsi con qualche tribù che li aveva guidati nella foresta aiutandoli a scovare il nemico. Se tanti Rossi non avessero rinnegato le proprie origini — come gli innominabili Irrakwa, o quei mezzi Bianchi dei Cherriky -, i Bianchi non avrebbero mai potuto sopravvivere in quella terra. Ne sarebbero stati inghiottiti, scomparendo nel nulla come tutti quelli che li avevano preceduti.

Quando il Profeta ebbe finito di lanciare la sua sfida, solo un pugno di uomini si fece avanti per pronunciare il giuramento richiesto e seguire Tenska-Tawa ovunque andasse. Il Profeta ne parve rattristato, pensò Ta-Kumsaw. Oppresso. Tenska-Tawa voltò le spalle a coloro che rimanevano… ai guerrieri disposti a battersi con l’uomo bianco.

«Quelli sono i tuoi uomini» disse il Profeta. «Avrei preferito che non fossero tanti.»

«E io avrei preferito che non fossero così pochi.»

«Di alleati ne troverai quanti ne vuoi. I Chok-Taw, i Cree-Ek, i Chicky-Saw, i bellicosi Semmy-Noll dell’Oky-Fenoky. Abbastanza da raccogliere il più grande esercito di Rossi che si sia mai visto in questa nostra terra, e tutti assetati del sangue dei Bianchi.»

«Resta al mio fianco in questa battaglia» lo pregò Ta-Kumsaw.

«Uccidendo, la perderai» disse il Profeta. «Io invece vincerò la mia.»

«Morendo.»

«Se la terra chiedesse la mia vita, obbedirei.»

«E tutta la tua gente insieme con te.»

Il Profeta scosse la testa. «Ho visto quello che ho visto. La gente che ha pronunciato il mio giuramento è parte della terra come lo sono l’orso e il bisonte, lo scoiattolo e il castoro, il tacchino, il fagiano e l’ottarda. Tutti questi animali sono rimasti immobili in attesa della tua freccia, è vero o no? O hanno allungato il collo in attesa del tuo coltello. O hanno posato il capo a terra in attesa del tuo tommy-hawk.»

«Non sono che animali, destinati al nostro nutrimento.»

«Sono vivi, destinati a vivere fino alla morte, e quando muoiono ciò avviene perché altri possano vivere.»