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«Alzati, Martyn» gli disse Catelyn, con la fronte aggrottata. Presto anche Stannis Baratheon si sarebbe messo in marcia, e a quel punto non sarebbe rimasto che sperare negli dei. «Quanto tempo ci metterà lord Tywin ad arrivarci addosso?»

«Tre giorni, forse quattro. Difficile a dirsi. Abbiamo osservatori lungo tutte le strade, ma è meglio non attardarsi.»

Non lo fecero. Rivers fece togliere rapidamente il campo e montò in sella a fianco di Catelyn. Il gruppo, ormai forte di oltre cinquanta uomini, si rimise in marcia. Tre diversi vessilli, il meta-lupo degli Stark, le torri gemelle dei Frey e la trota in pieno salto dei Tully, garrivano al vento.

Gli uomini del Nord volevano saperne di più sulla vittoria di Robb a Oxcross, e Rivers non li deluse.

«Un menestrello è venuto a Delta delle Acque. Rymund della Rima si fa chiamare. Ha composto una canzone sulla battaglia. Non dubito che questa sera te la canterà, mia signora. Il lupo della notte, l’ha intitolata questo Rymund.»

Rivers proseguì raccontando che i resti dell’esercito di ser Stafford avevano ripiegato su Lannisport. Senza torri d’assedio e altre macchine da guerra, non c’era modo di prendere d’assalto Castel Granito, così il Giovane lupo stava ripagando i Lannister della stessa moneta di devastazione che loro avevano scatenato sulle terre dei fiumi. Lord Karstark e lord Glover compivano incursioni lungo la costa. Lady Mormont aveva catturato un migliaio di capi di bestiame e ora li stava spingendo verso Delta delle Acque. Il Grande Jon si era impossessato delle miniere d’oro di Castamere, dell’Orrido di Nunn e delle colline di Pendric.

«Una bella minaccia al loro oro» rise ser Wendel. «L’argomento più convincente per far ritornare di corsa un Lannister da dove è venuto.»

«Come ha fatto il re a prendere la Zanna Dorata?» chiese ser Perwyn al fratellastro. «È una poderosa piazzaforte, che domina tutte le strade sottostanti.»

«Non l’ha mai preso» rispose Martyn Rivers. «L’ha circondato nel cuore della notte. Dicono che sia stato il suo lupo a mostrargli la strada, Vento grigio. La belva ha fiutato l’odore di un sentiero di capre che scende lungo il fianco della montagna, passando sotto un costone di roccia. Una pista stretta e piena di sassi, ma larga abbastanza da permettere il transito di un uomo a cavallo. I Lannister sulle loro torri di guardia non hanno visto niente.» Rivers abbassò la voce. «C’è chi racconta che il re, dopo la battaglia, abbia strappato il cuore dal petto di Stafford Lannister per darlo da mangiare al suo lupo.»

«Io non credo a storie simili» ribatté Catelyn con asprezza. «Mio figlio non è un selvaggio.»

«È come tu dici, mia lady. In ogni caso, la belva se lo sarebbe meritato. Non è un lupo come gli altri, quello. C’è anche chi racconta di aver sentito il Grande Jon dire che sono stati gli antichi dei del Nord a inviare quei meta-lupi ai tuoi figli.»

Catelyn ricordava con limpida chiarezza il giorno in cui i suoi ragazzi avevano trovato i cuccioli di meta-lupo nella neve della tarda estate. Cinque cuccioli, tre maschi e due femmine, uno per ognuno dei cinque figli di casa Stark… più un sesto, albino nel pelo e rosso fuoco negli occhi, per Jon Snow, il figlio bastardo di Ned. “Non sono lupi come gli altri” ripeté a se stessa. “Decisamente no.”

Quella notte, dopo che si furono accampati, Brienne venne nella sua tenda.

«Mia lady, ora che sei al sicuro tra i tuoi, e a un giorno di cavallo dal castello di tuo fratello, concedimi il permesso di andare.»

Non fu una sorpresa per Catelyn. Per tutta la durata del loro viaggio, la giovane donna guerriera era rimasta chiusa in se stessa. Aveva trascorso la maggior parte del tempo con i cavalli, spazzolando le tuniche del gruppo, rimuovendo pietre dalle suole dei loro stivali. Aveva aiutato Shadd a scuoiare e a cucinare la cacciagione. Non c’era voluto molto perché gli uomini del Nord scoprissero che Brienne era in grado di cacciare come e meglio di loro. Qualsiasi compito Catelyn le avesse affidato, Brienne lo aveva assolto egregiamente e senza mai lamentarsi. Quando le veniva rivolta la parola, rispondeva in modo cortese. Ma mai si era persa in chiacchiere, mai aveva pianto, mai aveva riso. Aveva cavalcato con loro ogni giorno, e dormito tra loro ogni notte, senza mai realmente diventare una di loro.

“È come quando era con Renly” si rese conto Catelyn. “Alle feste, durante la grande mischia, perfino nel padiglione di Renly insieme ai suoi confratelli della Guardia dell’arcobaleno. Le mura attorno a questa ragazza sono più alte di quelle di Grande Inverno.”

«Ma se ci lasci, Brienne, dove andrai?»

«Indietro. A Capo Tempesta.»

«Da sola» quella di Catelyn era un’affermazione, non una domanda.

I lineamenti chiari di Brienne erano come una pozza d’acqua, nulla però traspariva di ciò che avrebbe potuto trovarsi nei suoi recessi. «Da sola.»

«Intendi uccidere Stannis.»

Un’altra affermazione. Le dita di Brienne, spesse, piene di calli, si serrarono attorno all’impugnatura della spada. La spada che era stata del suo re.

«Ho giurato. Tre volte ho giurato. Tu mi hai sentito.»

«Sì, ti ho sentito» fu costretta a confermare Catelyn.

Brienne aveva gettato via tutti i suoi abiti intrisi di sangue. Una cosa, però, aveva tenuto: la cappa blu della Guardia dell’arcobaleno. Tutto quello che le apparteneva aveva dovuto essere abbandonato all’accampamento. La donna guerriera era stata costretta a mettersi addosso la roba scompagnata di ser Wendel, l’unico degli uomini del Nord ad avere la medesima taglia imponente.

«E i giuramenti vanno onorati, sono d’accordo» riprese Catelyn. «Ma Stannis è circondato da un esercito enorme. E ha guardie che hanno giurato a loro volta di proteggerlo.»

«Non ho paura delle sue guardie» affermò Brienne. «Io valgo tanto quanto loro. Non avrei mai dovuto fuggire.»

«È questo che ti turba, che qualche idiota possa chiamarti vile?» Catelyn sospirò. «Non hai alcuna colpa per la morte di Renly. Lo hai servito con valore, ma tentando di seguirlo nel sottosuolo non servi a nessuno» tese una mano, per darle il conforto del contatto. «So quanto è difficile…»

Brienne ignorò il gesto: «Nessuno lo può sapere».

«Ti sbagli» il tono di Catelyn s’indurì. «Ogni mattina, a ogni risveglio, mi ricordo che Ned non c’è più. Non so maneggiare la spada, ma questo non significa che non sogni di andare ad Approdo del Re, mettere le mani attorno alla gola bianca di Cersei Lannister e stringere fino a quando la sua faccia diventa nera.»

«Se è questo che sogni» Brienne la Bella alzò gli occhi, l’unica parte del suo viso che fosse veramente bella «per quale motivo stai cercando di trattenermi? Forse perché Stannis era presente al tuo tentativo negoziale?»

“È davvero per questo?” Catelyn fece vagare lo sguardo sull’accampamento. Due uomini montavano la guardia, con le lance in pugno.

«Mi è stato insegnato che gli uomini del bene devono combattere il male in questo mondo» disse a Brienne. «E la morte di Renly è stata un atto compiuto in nome del male. Su questo non c’è dubbio. Ma mi è stato anche insegnato che sono gli dei a fare i re, non le spade degli uomini. Se Stannis è il nostro re di diritto…»

«Non lo è. Nemmeno Robert era re di diritto, perfino Renly lo disse. Il re di diritto era Aerys Targaryen, ma Jaime Lannister lo ha assassinato. Il suo erede di diritto era Rhaegar Targaryen, ma Robert Baratheon lo ha ucciso nella battaglia del Tridente. Dov’erano gli dei, lady Catelyn? Agli dei non importa dei re, così come ai re non importa dei sudditi.»

«A un buon re importa.»

«Lord Renly, lui… Sua Maestà… Lui sarebbe stato il migliore dei re, mia signora. Era così buono, era…»

«Renly è morto, Brienne» Catelyn parlò con tutta la gentilezza che poté. «Ora rimangono solamente Stannis e Joffrey… E mio figlio.»