Выбрать главу

«Mia signora» maestro Vyman venne a fermarsi accanto a lei. «Non sarò in grado di posporre la fine per molto ancora» disse piano. «Sarebbe meglio inviare una staffetta sulle tracce di tuo zio. Ser Brynden vorrà essere al capezzale di suo fratello.»

«Sì» la voce di Catelyn era incrinata dal dolore.

«Non dovremmo avvertire anche lady Lysa?»

«Lysa non verrà.»

«Ma forse se fossi tu a scriverle…»

«Se per te è importante, maestro,» Catelyn inspirò profondamente «metterò qualche parola su un pezzo di carta…» Si chiedeva chi fosse “quello sporco, malefico ragazzo” con cui Lysa aveva avuto a che fare all’epoca. Qualche giovane scudiero, o anche un cavaliere… Ma lord Hoster continuava a essere pieno di veleno. Avrebbe anche potuto essere il figlio di un mercante, o un apprendista del volgo, o addirittura un cantastorie. Lysa aveva sempre avuto un debole per i cantastorie. “Non ho il diritto di biasimarla. Jon Arryn, nobile com’era, aveva vent’anni più di nostro padre.”

La torre che suo fratello le aveva riservato era la stessa che lei e Lysa avevano condiviso da piccole. Catelyn era desiderosa di poter finalmente riposare su un materasso di piume, con un fuoco caldo acceso nel caminetto. Dopo un po’ di riposo, il mondo le sarebbe apparso meno tetro…

Ma trovò Utherydes Wayn ad aspettarla fuori dalle sue stanze. Era insieme a due donne avvolte in lunghi abiti grigi, con la testa e il volto interamente coperti, tranne una fessura per gli occhi. Catelyn capì subito chi erano.

«Ned?…»

Le sorelle del silenzio, l’ordine ecclesiale che si occupava dei defunti, abbassarono lo sguardo.

«Ser Cleos lo ha riportato da Approdo del Re, mia signora» precisò Utherydes.

«Portatemi da lui.»

Lo avevano collocato su un tavolo a cavalletti. Era coperto da un vessillo, il vessillo bianco degli Stark con l’emblema del meta-lupo grigio.

«Voglio vederlo» disse Catelyn.

«Rimangono solo le sue ossa, mia signora.»

«Voglio vederlo.»

Una delle sorelle del silenzio scostò il vessillo.

“Ossa… No, questo non è Ned. Non è l’uomo che ho amato, il padre dei miei figli” pensò Catelyn.

Le sue mani erano intrecciate sul petto, dita scheletriche avvolte sull’elsa di una spada lunga. Ma non erano le mani di Ned Stark, così forti, così piene di vita. Avevano rivestito le ossa con quella che era stata la sua tunica, di pregiato velluto bianco, con lo stemma del meta-lupo in corrispondenza del cuore. Solo che nulla rimaneva della carne calda su cui Catelyn aveva appoggiato il capo per tante notti. Nulla rimaneva delle braccia muscolose che l’avevano stretta. La testa era stata riattaccata al corpo con un sottile filo d’argento. Ma un teschio era molto simile a qualsiasi altro teschio. Nelle vuote cavità orbitali, Catelyn non trovò traccia degli occhi grigi del suo uomo, occhi che potevano essere soffici come la nebbia o duri come il granito. “I suoi occhi li hanno dati in pasto ai corvi” ricordò.

Catelyn si voltò: «Quella non è la sua spada».

«Ghiaccio non ci è stata restituita, mia signora» disse Utherydes. «Qui ci sono soltanto le ossa di lord Eddard.»

«Immagino che io debba ringraziare la regina Cersei per tanta generosità.»

«Allora ringrazia il Folletto, mia signora. È stata una sua decisione.»

“Un giorno, li ringrazierò tutti quanti.” «Vi sono grata per aver assolto questo compito, sorelle» Catelyn si rivolse alle due donne velate. «Ma temo di averne un altro da affidarvi. Lord Eddard era uno Stark, e le sue ossa devono riposare nelle cripte di Grande Inverno.»

“Scolpiranno una statua con le sue fattezze. Un simulacro di pietra seduto nelle tenebre, con un meta-lupo ai piedi e una spada di traverso sulle ginocchia.”

«Che le sorelle abbiano cavalli freschi e qualsiasi altra cosa possano avere bisogno per il loro viaggio» disse a Utherydes Wayn. «Hallis Mollen le scorterà fino a Grande Inverno, è quello il suo posto quale capitano delle guardie.» Abbassò lo sguardo sullo scheletro, tutto quello che rimaneva del suo uomo, del suo amore. «Ora andate via tutte. Vorrei rimanere sola con Ned, questa notte.»

Le donne in grigio chinarono brevemente il capo. “Le sorelle del silenzio non dialogano con i vivi” ricordò Catelyn. “Ma alcuni credono che possano comunicare con i morti.” Quanto le invidiava per questo…

DAENERYS

«Fate largo!» in sella al suo cavallo, Jhogo fece schioccare la frusta, urlando alla folla. «Fate passare la Madre dei draghi!»

Le tende della portantina tenevano fuori la polvere e il calore delle strade, ma non riuscivano a isolare il disappunto. Daenerys salì con cautela, lieta di rifugiarsi lontano dagli avidi occhi della gente di Qarth.

Abbandonato su freschi cuscini di satin, Xaro Xhoan Daxos versò del vino color rosso rubino in una coppia di calici di giada istoriati d’oro. A dispetto dell’ondeggiare del palanchino, i suoi gestì erano precisi, senza sbavature.

«Vedo una profonda tristezza scritta nei tuoi lineamenti, mia luce dell’amore» le offrì un calice. «Si tratta forse della tristezza di un sogno infranto?»

«Un sogno ritardato, nulla di più.»

Dany sentiva lo stretto collare d’argento scavarle la pelle della gola. Ne fece scattare la fibbia e lo gettò di lato. Nel collare era incastonata un’ametista fatata che Xaro aveva giurato l’avrebbe protetta contro qualsiasi tipo di veleno. I Superni di Qarth erano famosi e famigerati per ammannire vino avvelenato a chiunque ritenevano rappresentasse un pericolo. A Daenerys però non avevano offerto neppure un tazza d’acqua. “Non mi hanno mai considerato come una regina” Dany era piena di amarezza. “Per loro non sono stata altro che il divertimento di un pomeriggio, una ragazzina mezza dothraki che si porta dietro un animale un po’ strano.”

Dany allungò un braccio per prendere il calice offerto da Xaro. Rhaegal sibilò, affondando i suoi aragli affilati nella spalla nuda di lei. Stringendo le palpebre per il dolore, Dany spostò il piccolo drago sull’altra spalla, dove poteva artigliare la stoffa e non la pelle. Per l’occasione, Daenerys si era abbigliata secondo la foggia di Qarth. Xaro l’aveva avvertita che i Superni non avrebbero mai dato ascolto a una dothraki. Dany aveva impiegato una cura particolare nel presentarsi a loro indossando un fluente abito verde che lasciava un seno scoperto, sandali argentati e una cintura di perle bianche e nere attorno alla vita. “Visto tutto l’aiuto che mi hanno offerto, tanto valeva che andassi nuda. Forse avrei dovuto farlo davvero.” Bevve una lunga sorsata di vino.

Discendenti degli antichi re e delle antiche regine di Qarth, i Superni comandavano la Guardia civica e la flotta di galee riccamente ornate che dominava gli stretti tra i vari mari. Ed era precisamente quella flotta che Daenerys Targaryen voleva. O almeno una parte di essa, più alcuni dei loro soldati. Aveva compiuto il tradizionale sacrificio nel Tempio della Memoria, aveva offerto il tradizionale obolo di corruzione al Custode del Lungo Elenco, aveva mandato il tradizionale frutto kaki al Guardiano della Porta, infine aveva ricevuto le tradizionali pantofole blu di convocazione alla Sala dei Mille Troni.

I Superni avevano udito le sue richieste dai grandi scranni di legno dei loro antenati, collocati su piattaforme ricurve che li elevavano dal pavimento di marmo. Il soffitto della sala, a cupola a sesto acuto, era affrescato con scene raffiguranti la passata gloria di Qarth. Gli scranni erano immensi, splendidamente scolpiti, scintillanti d’istoriazioni in oro, tempestati d’ambra, onice, lapislazzuli e giada. Erano tutti diversi l’uno dall’altro, ognuno cercava di primeggiare in bellezza sull’altro. Per contro, gli uomini seduti su di essi apparivano talmente inerti e provati da sembrare immersi nel sonno.