Alla fine, il rombare e il borbottare del prelato si concluse. Tyrion si congedò dal capitano della Martello di Rob: «Porta mia nipote al sicuro a Braavos, e ci sarà un bel cavalierato ad aspettarti al tuo ritorno».
Nello scendere la ripida passerella che conduceva al molo, il Folletto poté sentire molti sguardi torvi piantarglisi addosso. La galea era percorsa da un lieve, inevitabile ondeggiare, il che mise a dura prova le sue gambette deformi, rendendo la sua camminata ancora più ridicola. “Ah, come vorrebbero ridacchiarmi in faccia.” Ma nessuno osò farlo apertamente. Tutto quello che udì furono dei mormoni soffocati dallo sciabordare della corrente contro i piloni di sostegno. “Non mi amano” rimuginò Tyrion. “Non c’è da sorprendersi: io sono brutto e ben nutrito, mentre loro sono alla fame.”
Bronn lo scortò tra la folla fino a raggiungere sua sorella e i suoi figli. Cersei semplicemente lo ignorò. Tutti gli smaglianti sorrisi della regina, tutto il lampeggiare dei suoi occhi verdi come gli smeraldi che le ornavano il collo scultoreo erano per il caro cuginetto ser Lancel. Tyrion sorrise tra sé e sé: “Conosco il tuo segreto, dolce Cersei”. Negli ultimi tempi, sua sorella aveva spesso chiesto il conforto dell’Alto Sacerdote, per cercare la benedizione degli dei in vista dello scontro prossimo venturo con Stannis… O almeno questo era quanto aveva cercato di fargli credere. In realtà, dopo una breve sosta al Grande Tempio di Baelor, la regina indossava un anonimo mantello con cappuccio e si recava in incognito a incontrare un certo cavaliere con l’improbabile nome di ser Osmund Kettleblack, “cuccuma nera”, e i suoi due loschissimi fratelli, Osney e Osfryd. Il prode, fedelissimo Lancel aveva vuotato il sacco con Tyrion sull’intera faccenda: Cersei Lannister stava servendosi dei Kettleblack per mettere assieme una sua forza di soldati di ventura.
Magnifico. Che andasse pure avanti a divertirsi con i suoi complotti. Quando credeva di batterlo sul terreno della furberia, diventava decisamente più gentile con lui. I Kettleblack l’avrebbero adulata, avrebbero preso il suo denaro e le avrebbero promesso qualsiasi cosa lei gli avesse chiesto. E perché nò, visto che Bronn aveva già una controfferta pronta, moneta per moneta? Simpatiche canaglie, i tre fratellini della “cuccuma nera” erano decisamente più abili nelle fanfaronate che nei lavori di sangue. Con tutti i suoi sotterfugi e tutto il suo oro, il meglio di cui Cersei era riuscita a combinare era stato assoldare tre tamburi vuoti. Avrebbero fatto tutti i rumori tonanti che voleva, ma dentro non c’era niente. Tyrion trovava la cosa infinitamente divertente.
Le trombe suonarono la fanfara, salutando la Stella del leone e Lady Lyanna che si staccavano dai moli. I due scafi si spostarono verso il centro del fiume in modo da lasciare spazio di manovra alla Freccia del mare. Qualche applauso si levò dalla folla assiepata lungo le rive, uomini e donne scarni e laceri come le nubi sfilacciate che il vento spingeva nel cielo. Dal ponte, Myrcella sorrise e fece cenni di saluto. Alle sue spalle torreggiava ser Arys Oakheart, con il mantello bianco che ondeggiava nella brezza. Il capitano diede ordine di mollare gli ormeggi. I remi spinsero la Freccia del mare nella poderosa corrente del fiume delle Rapide nere. Qualche momento dopo, le sue vele si aprirono nel vento. Comuni vele bianche, aveva insistito Tyrion, non la stoffa porpora dei Lannister. Il principe Tommen stava singhiozzando.
«Miagoli come un poppante» sibilò Joffrey. «I principi non piangono.»
«Il principe Aemon, Cavaliere del drago, pianse il giorno in cui la principessa Naerys andò sposa a suo fratello Aegon» disse Sansa Stark. «E i gemelli ser Arryk e ser Erryk morirono con gli occhi pieni di lacrime dopo essersi vicendevolmente inflitti le ferite mortali.»
«Fa’ silenzio!» ringhiò Joffrey alla sua promessa sposa. «Se non vuoi che ordini a ser Meryn di infliggere a te una ferita mortale.»
Tyrion scoccò un’occhiata a sua sorella. Inutile, Cersei stava ascoltando con estrema attenzione qualcosa che ser Balon Swann le stava dicendo. “Che davvero sia così cieca davanti a quel giovane mostro?”
Sul fiume, la Vento impetuoso dispiegò i remi e si avviò sulla scia della Freccia del mare. L’ultima a muoversi fu la Martello di re Robert, l’ammiraglia della flotta reale. O quanto meno della parte della flotta reale che l’anno prima non era andata alla Roccia del Drago insieme a Stannis. Tyrion aveva scelto quelle navi con cura, in modo da evitare — sulla base delle indiscrezioni di Varys — i capitani di dubbia lealtà. Un vero peccato che anche Varys fosse, a dir poco, di dubbia lealtà. Una dose di apprensione continuava inevitabilmente ad aleggiare. “Faccio troppo conto sul senzapalle” si accusò Tyrion. “Devo avere informatori esclusivamente miei. Non che mi fiderei di loro comunque.” Di individui che si erano fidati erano piene le fosse.
E poi c’era sempre l’incognita Ditocorto. Dall’inizio del suo viaggio verso Ponte Amaro, Petyr Baelish non aveva più dato notizie. Il che poteva non significare nulla… o tutto. Neppure Varys si sbilanciava. L’eunuco aveva ipotizzato che Baelish, lungo la strada, potesse essere incappato in qualche brutto guaio. Che potesse addirittura essere morto. «Se Ditocorto è morto» aveva grugnito Tyrion, pieno di derisione «allora io sono uno dei giganti del ghiaccio.» La spiegazione più sensata era che i Tyrell fossero indecisi sulla proposta del matrimonio tra Joffrey e Margaery. E Tyrion non poteva biasimarli. “Se io fossi Mace Tyrell, preferirei avere la testa di Joffrey piantata su una picca piuttosto che il suo cazzo piantato dentro mia figlia.”
La piccola flotta si era inoltrata di molto nella baia quando Cersei fece cenno che era tempo di muoversi. Bronn portò il cavallo a Tyrion e lo aiutò a montare. Avrebbe dovuto essere compito di Podrick Payne, ma aveva preferito lasciare Podrick alla Fortezza Rossa. Lo scheletrico mercenario dai capelli neri come la notte era una presenza molto più rassicurante del timido scudiere
Gli uomini della Guardia cittadina si allineavano lungo le strette strade di Approdo del Re, tenendo indietro la folla con le picche messe in orizzontale. Ser Jacelyn Bywater si spostò alla testa del corteo, guidando un cuneo di lancieri a cavallo in maglie di ferro nere e mantelli dorati. Dietro di loro, venivano ser Aron Santagar, maestro d’armi della Fortezza Rossa, e ser Balon Swann, il quale reggeva vessilli del re, il leone dei Lannister e il cervo incoronato dei Baratheon.
Quindi seguiva re Joffrey, in sella a un alto purosangue grigio, con la corona d’oro massiccio sui suoi riccioli biondi. Sansa Stark, su una puledra saura, cavalcava accanto a lui. Sansa si costringeva a tenere lo sguardo dritto davanti a sé. I folti capelli fulvi le fluivano sulle spalle, trattenuti da una reticella costellata di tormaline. La coppia era fiancheggiata da due spade bianche della Guardia reale: il Mastino alla destra del re, ser Mandon Moore alla sinistra di Sansa.
Poi veniva Tommen, il naso ancora rosso per il pianto, con ser Preston Greenfield in armatura e mantello bianchi. Lo seguiva Cersei, accompagnata da ser Lancel e protetta da ser Boros Blount e ser Meryn Trant. Tyrion la seguiva da presso. Dietro di lui c’era l’Alto Sacerdote, nella sua carrozza, e poi si dipanava il resto del corteo: ser Horas Redwyne, lady Tanda e le sue due figlie, Jalabhar Xho, il principe in esilio delle isole dell’Estate, lord Gyles Rosby e molti altri. La retroguardia era formata da una doppia colonna di armigeri Lannister.
Da dietro le barriere delle picche impugnate dalle cappe dorate, i laceri, macilenti cittadini di Approdo del Re li guardarono passare con espressioni torve. “Questa proprio non mi piace” si disse Tyrion, continuando a cavalcare. “Ma neanche un po’.” Bronn aveva disseminato tra la folla mercenari a volontà, con l’ordine di intervenire duramente al minimo accenno di tensione. Forse Cersei aveva fatto lo stesso con i Kettleblack. Per qualche ragione, Tyrion però dubitava molto che potessero essere di qualsiasi aiuto. Se la fiamma arde troppo calda, è difficile evitare che il pudding si bruci gettando una manciata di uva passa nella cuccuma.