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Ser Cortnay Penrose si limitò a ignorarlo, preferendo rivolgersi direttamente a Stannis: «Una compagnia non indifferente. I grandi lord Estermont, Errol e Varner. Ser Jon dei Fossoway della mela verde e ser Bryan della mela rossa. Lord Caron e ser Guyard della Guardia dell’arcobaleno di re Renly… E anche, perché no, l’affettato lord Alester Florent di Acquachiara. È il tuo Cavaliere delle cipolle che vedo là dietro? Lieto d’incontrarti, ser Davos. Temo però di non conoscere la signora in rosso».

«Il mio nome, cavaliere, è Melisandre.» L’unica armatura indossata dalla sacerdotessa delle Ombre era il suo fluente abito rosso. Il grande rubino rosso alla gola pareva bere la luce del giorno. «Servo il tuo re, e il Signore della Luce.»

«I miei rispetti a entrambi, mia signora» rispose ser Cortnay. «Io però servo dei diversi, e un diverso re.»

«C’è un unico vero re» annunciò lord Florent. «E un unico vero dio.»

«Ci troviamo qui per discutere di teologia, miei lord? Lo avessi saputo, avrei portato con me un septon.»

«Sai benissimo perché ci troviamo qui» intervenne Stannis. «Hai avuto una settimana per considerare la mia offerta. Hai inviato i tuoi corvi messaggeri. Non hai avuto alcun aiuto. E nemmeno io. Capo Tempesta è sola, e io ho esaurito la mia pazienza. Per l’ultima volta, cavaliere, ti comando di aprire le tue porte e di consegnarmi ciò che è mio di diritto.»

«E le condizioni?» chiese ser Cortnay.

«Rimangono le stesse di prima» dichiarò Stannis. «Avrai il mio perdono per il tuo tradimento, così come lo hanno avuto i lord che vedi alle mie spalle. Gli uomini della tua guarnigione saranno liberi di scegliere se entrare al mio servizio o se invece fare ritorno senza danni alle loro case. Potrai tenere le tue armi e quanto materiale un uomo è in grado di portare. Richiedo però i tuoi cavalli e i tuoi animali da soma.»

«E che ne sarà di Edric Storm?»

«Il figlio bastardo di mio fratello Robert verrà consegnato a me.»

«E allora, mio lord, la mia risposta è ancora no.»

Il re contrasse la mascella, rimanendo in silenzio.

Fu Melisandre a parlare al suo posto: «Che il Signore della Luce ti protegga nella tua oscurità, ser Cortnay».

«Che se lo portino gli Estranei alla dannazione, il tuo Signore della Luce» sibilò Penrose in risposta. «E che gli puliscano il culo con quello straccio rosso che innalzi.»

«Attento a come parli, ser Cortnay» ammonì lord Florent, tossicchiando. «Sua Grazia non intende torcere un capello a quel ragazzo. Edric è sangue del suo sangue, e anche sangue del mio sangue. Sua madre è mia nipote Delena, questo è risaputo. Se non ti fidi del re, fidati di me. Tu mi conosci come uomo d’onore…»

«Io ti conosco come uomo d’ambizione» lo interruppe ser Cortnay. «Qualcuno che cambia re e dei con la stessa facilità con cui io mi cambio gli stivali. Lo stesso vale per tutti questi altri voltagabbana che vedo davanti a me.»

Un clamore irato si levò dagli uomini del re. “Non è poi così lontano dalla verità” ammise Davos tra sé e sé. Solo poco tempo prima, i Fossoway, i Guyard Morigen e i lord Caron, Verner, Errol ed Estermont avevano giurato fedeltà a Renly. Si erano seduti con lui nel suo padiglione, lo avevano aiutato a fare piani di battaglia, avevano complottato insieme come fare ad abbattere Stannis. E lord Florent era stato uno di loro. Sarà anche stato il fratello della regina Selyse, ma questo non gli aveva certo impedito di compiere atto di sottomissione a Renly quando la stella di Renly era in ascesa.

Bryce Caron portò il suo cavallo avanti di qualche passo, con la lunga cappa dei colori dell’arcobaleno che ondeggiava nel vento della baia. «Nessuno qui è un voltagabbana, ser. La mia fedeltà è a Capo Tempesta, e re Stannis ne è il lord di diritto… e il nostro vero re. È l’ultimo della Casa Baratheon, erede di Robert e di Renly.»

«Se le cose stanno così, allora perché il Cavaliere di fiori non è con voi? E dove sono Mathis Rowan, Randyll Tarly, lady Oakheart? Per quale ragione non sono qui in vostra compagnia, loro che tanto amavano Renly? E dov’è Brienne di Tarth, vi chiedo?»

«Quella?» ser Guyard Morrigen rise storto. «È scappata. La mano che ha assassinato il re è la sua.»

«Menzogna» ribatté ser Cortnay. «Conosco Brienne fin dai tempi in cui era una ragazzina che giocava ai piedi di suo padre nella Sala di Evenfall. E l’ho conosciuta ancora meglio quando lord Evenstar l’ha mandata qui a Capo Tempesta. Ha amato Renly Baratheon dal momento stesso in cui ha posato lo sguardo su di lui. Perfino un cieco se ne sarebbe reso conto.»

«Pienamente d’accordo» rientrò lord Florent in tono fatuo. «E non sarebbe certo la prima fanciulla impazzita a uccidere l’uomo che l’ha respinta. Per quanto, la mia opinione è che sia stata lady Stark ad assassinare il re. Era venuta fino da Delta delle Acque alla ricerca di alleanza, ma Renly gliel’ha negata. Lei lo ha visto come un pericolo per suo figlio Robb e lo ha eliminato.»

«È stata Brienne» insisté lord Caron. «Ser Emmon Cuy lo ha giurato in punto di morte. E su questo, ser Cortnay, tu hai il mio giuramento.»

«E quanto vale, il tuo giuramento?» la voce di ser Cortnay Penrose grondava disprezzo. «Vedo tanti colori sul tuo mantello, lo stesso mantello che Renly ti ha dato quando tu hai giurato di proteggerlo. Ora lui è morto, perché tu invece non lo sei?» il disprezzo si spostò su Guyard Morrigen. «E a te potrei fare la stessa domanda, ser. Guyard il Verde, giusto? Della Guardia dell’arcobaleno, giusto? Che aveva giurato di dare la sua vita per quella del suo re, giusto? Se l’avessi io una cappa del genere, proverei vergogna a mettermela addosso.»

«Sii lieto che questo è soltanto un negoziato, Penrose» ribatté Morrigen, inferocito. «Se no ti strapperei la lingua per quello che hai detto.»

«Per farci cosa, gettarla nello stesso fuoco in cui hai gettato la tua virilità?»

«Basta così!» tuonò Stannis. «Il Signore della Luce ha decretato che mio fratello morisse per il suo tradimento. Chi ha compiuto l’atto non conta.»

«Non conta per te, forse» disse ser Cortnay. «Ho udito la tua proposta, lord Stannis. Ecco la mia…»

Si tolse un guanto e lo gettò in faccia al re.

«Uno contro uno. Tu e io in singolar tenzone. Spada, lancia, o qualsiasi altra arma tu preferisca. E, nel caso tu temessi di danneggiare la tua spada magica e la tua regale pelle contro un vecchio guerriero, stabilisci un tuo campione, e io farò lo stesso.» Scoccò a Morrigen e a Caron un’occhiata di derisione. «Credo che uno qualsiasi di questi guitti che ti porti dietro andrà bene.»

Ser Guyard Morrigen illividì di rabbia: «Sono pronto alla sfida, con la compiacenza del re».

«Anch’io sono pronto» Bryce Caron guardò Stannis.

Il re digrignò i denti: «No».

Ser Cortnay non parve minimamente sorpreso: «È della validità della tua causa che dubiti, mio lord, o della forza del tuo braccio? O forse hai paura che io pisci sulla tua spada fiammeggiante e che te la spenga?».

«Mi prendi per stupido, cavaliere?» chiese Stannis. «Ho con me ventimila uomini. Sei assediato dalla terra e dal mare. Per quale motivo dovrei accettare una singolar tenzone quando la mia vittoria è già certa?» il re gli puntò contro l’indice teso. «Ti do un chiaro avvertimento, Penrose. Se mi costringerai a riprendere il mio castello con la forza, non aspettarti nessuna pietà. Vi impiccherò tutti per tradimento, dal primo all’ultimo.»

«Sia fatta la volontà degli dei. Vieni pure a riprenderti il castello con la forza. Ma ricorda, se ancora riesci, il nome di questo castello.»