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Ser Cortnay Penrose diede un colpo di redini e tornò verso il portale di Capo Tempesta.

Stannis non parlò. Fece voltare a sua volta il cavallo e puntò verso l’accampamento del suo esercito.

«Se andiamo all’assalto di queste mura, gli uomini moriranno a migliaia» si lamentò l’avvizzito lord Estermont, nonno del re da parte di madre. «Molto meglio rischiare una sola vita. La nostra causa è giusta, gli dei di sicuro concederanno la loro benedizione al nostro campione.»

“I nostri dei, vecchio?” Davos cavalcò in silenzio. “Dimentichi che adesso di dei ne abbiamo uno solo. Quello di Melisandre, il Signore della Luce.”

«Accetterei volentieri io questa sfida» disse ser Jon Fossoway. «Per quanto le mie qualità con la spada sono di gran lunga inferiori a quelle di lord Caron o di ser Guyard. A Capo Tempesta, Renly non ha lasciato cavalieri di rilievo. Il presidio di una guarnigione è un compito per uomini anziani e ragazzi inesperti.»

«Una vittoria facile, nessun dubbio» fu d’accordo lord Caron. «E quale gloria: prendere Capo Tempesta in un unico scontro!»

«Sembrate tante zitelle, con questo vostro berciare privo di senso» Stannis li folgorò tutti quanti con un’occhiata. «Finitela.» Il suo sguardo si posò su Davos. «Ser, cavalca al mio fianco.»

Il re diede di speroni, allontanandosi dal resto del gruppo. Solo Melisandre rimase al passo con lui, reggendo il grande vessillo del cuore fiammeggiante con all’interno il cervo incoronato. “Come se fosse stato inghiottito in un solo boccone.”

A Davos non sfuggirono gli sguardi che i nobili si scambiarono gli uni con gli altri mentre lui li superava per raggiungere il re. Non erano certo cavalieri di cipolle, questi. Erano uomini orgogliosi di casate i cui nomi godevano di un onore antico. Per qualche ragione, Davos era certo che Renly non li avesse mai trattati in quel modo. Il più giovane dei Baratheon aveva innata tutta l’abile cortesia che a suo fratello Stannis così tristemente mancava.

Portò il cavallo al trotto leggero nell’affiancarsi al destriero del re. «Maestà.»

Visto da vicino, l’aspetto di Stannis era decisamente peggiore di quanto apparisse a una certa distanza. Aveva il volto scavato e occhiaie scure sotto gli occhi.

«Un contrabbandiere può essere un valido giudice di uomini» disse il re. «Qual è la tua opinione su questo ser Cortnay Penrose?»

«Un uomo ostinato» replicò cautamente Davos.

«Un uomo che brama la morte, direi io. Mi getta in faccia la mia demenza. Oh sì, e poi getta via anche la sua vita, più le vite di tutti gli uomini di quella guarnigione. Singolar tenzone?» il re ebbe un grugnito di derisione. «Mi sta scambiando per Robert, è chiaro.»

«Un gesto disperato. Quale altra possibilità può avere?»

«Nessuna. Il castello cadrà. Ma come riuscire a farlo cadere in fretta?» Stannis ci rimuginò sopra per alcuni momenti. Sotto il regolare scalpiccio degli zoccoli, Davos poteva udire il debole scricchiolio dei denti del re. «Lord Alester insiste che io porti qui il vecchio lord Penrose. Il padre di ser Cortnay. Tu lo conosci, credo.»

«Quando arrivai come tuo inviato, lord Penrose mi accolse con maggior cortesia di tanti altri» annuì Davos. «È un vecchio, sire. Malato, indebolito.»

«Florent vorrebbe che fosse indebolito in modo ben più visibile… Sotto lo sguardo del figlio, con un nodo scorsoio intorno al collo.»

Era pericoloso opporsi a uno degli uomini della regina, ma Davos aveva giurato di dire al suo re la verità, e nient’altro che la verità.

«Ritengo, Maestà, che sarebbe una pessima mossa. Ser Cortnay è comunque il tipo d’uomo da guardare suo padre morire piuttosto che tradirne la fiducia. Una mossa che non porterebbe a nulla, e che recherebbe disonore alla nostra causa.»

«Quale disonore?» rimandò Stannis. «Mi stai dicendo che dovrei risparmiare le vite dei traditori?»

«Hai risparmiato le vite di quelli che ora cavalcano alle tue spalle.»

«Mi stai forse biasimando per questo, contrabbandiere?»

«Non sta a me biasimarti» Davos temette di aver osato troppo.

Il re tornò alla carica: «Tu valuti questo Penrose più dei miei lord alfieri. Perché?».

«Perché mantiene la sua fedeltà.»

«La fedeltà sbagliata a un usurpatore morto.»

«È vero» fu costretto ad ammettere Davos. «Ma rimane pur sempre fedeltà.»

«All’opposto di quelli dietro di noi?»

«L’anno scorso erano uomini di Robert» a questo punto, Davos si era spinto troppo oltre per tirarsi indietro. «Una settimana fa erano uomini di Renly. Oggi sono i tuoi uomini. E, domani, saranno gli uomini di chi

Stannis scoppiò a ridere. Una ventata improvvisa, dura e piena di scorno. «Visto, Melisandre?» disse alla donna rossa. «Il mio Cavaliere delle cipolle mi dice sempre la verità.»

«Vedo, Maestà, che tu lo conosci bene.»

«Davos, mi sei mancato. E anche tanto» riprese il re. «Sì, mi ritrovo con un codazzo di traditori, il tuo naso non s’inganna. I miei lord alfieri sono incostanti perfino nei loro tradimenti. Io ho bisogno di loro, certo. Ma sappi anche che mi ripugna aver perdonato uomini simili, quando ho punito uomini molto migliori di loro per crimini di gran lunga inferiori. Hai tutti i diritti di biasimarmi, Davos.»

«Vostra Grazia, sei tu a biasimare te stesso molto più di quanto potrei mai fare io. Devi avere questi alti lord dalla tua per conquistare il trono…»

«Incluse tutte le loro dita, sembra» Stannis ebbe un sorriso tetro.

Inconsciamente, Davos sollevò la mano per stringere la sacca di cuoio che portava intorno al collo, con dentro le falangi delle sue dita mozzate. “Fortuna.”

«Ci sono ancora, Cavaliere delle cipolle?» al re quel gesto non sfuggì. «Non le hai perdute?»

«No.»

«Perché continui a tenerle? Me lo chiedo spesso.»

«Mi ricordano ciò che ero. Da dove sono venuto. Mi ricordano la tua giustizia, mio signore.»

«È stata giustizia» sottolineò Stannis. «Un’azione buona non cancella quella cattiva. Nello stesso modo in cui la cattiva non cancella quella buona. Per l’una dovrebbe esserci una ricompensa e per l’altra una sanzione. Tu sei stato un eroe e un contrabbandiere.» Gettò uno sguardo alle proprie spalle, a lord Florent e agli altri, Cavalieri dell’arcobaleno e voltagabbana, che li seguivano a una certa distanza. «Questi lord che hanno goduto del mio perdono farebbero meglio a rifletterci sopra. Bravi uomini e di solida volontà ora combattono per Joffrey, ritenendolo, a torto, il vero re. Un uomo del Nord probabilmente direbbe lo stesso di Robb Stark. Ma questi lord che sono andati ad accalcarsi attorno al vessillo di mio fratello sapevano che lui era un usurpatore. Hanno voltato le spalle al loro re di diritto solo per sogni di potere e di gloria, ma io li conosco bene. Clemenza? Certo. Perdonati, ma non per questo dimenticati.» Stannis fece una pausa, rimuginando sul suo concetto di giustizia. Poi, all’improvviso, disse: «Che cosa pensa il volgo della fine di Renly?».

«Lo piangono. Tuo fratello era molto amato.»

«Uno sciocco è sempre amato dagli sciocchi» grugnì Stannis. «Ma anch’io lo piango. Piango il ragazzo che fu, non l’uomo che era diventato» un’altra pausa cupa. «E come hanno preso la notizia dell’incesto di Cersei?»

«Quando eravamo in mezzo a loro, hanno inneggiato a re Stannis. Dopo che siamo salpati, non so dire.»

«Per cui tu non pensi che ci abbiano creduto.»

«Nei miei giorni di contrabbandiere, ho imparato che esistono uomini che credono a tutto e altri che non credono a niente. Abbiamo incontrato entrambi i generi. C’è anche un’altra storia che si sta diffondendo…»

«Lo so» Stannis quasi addentò le parole. «Selyse mi ha fatto cornuto, e ha appeso campanelle a ognuna delle corna. Mia figlia che ha per padre un giullare insano di mente! Una frottola tanto indegna quanto assurda. Renly me l’ha gettata in faccia quando c’incontrammo per parlamentare. Si deve essere pazzi come Macchia per crederci.»