«Sarà così, mio signore… Ma, che ci credano oppure no, godono comunque nel raccontarla, quella frottola.» E infatti l’aveva sentita in molti luoghi, a rovinare il terreno per la loro vera storia su Cersei Lannister.
«Robert poteva pisciare in una coppa e c’era gente che l’avrebbe chiamato vino. Io offro pura acqua di sorgente, e quegli stessi uomini ammiccano, pieni di sospetto, mugugnando gli uni con gli altri se ha uno strano sapore o no» Stannis digrignò i denti. «Se qualcuno dicesse che per magia mi sono trasformato in un cinghiale per uccidere Robert, crederebbero anche a quello.»
«Non puoi impedire loro di chiacchierare, mio signore» intervenne Davos. «Ma, nel momento in cui la tua vendetta si abbatterà sui veri assassini di tuo fratello, tutto il reame saprà che quelle storie non sono altro che menzogne.»
Stannis parve udirlo solo in parte: «Non ho alcun dubbio che Cersei sia complice della morte di mio fratello. Per lui, giustizia sarà fatta. Sì, e anche per Ned Stark e Jon Arryn».
«E per Renly?»
Le parole vennero fuori come per volontà propria, senza che Davos si fermasse a considerarle. Il re non parlò per molto tempo.
«Sogno la sua morte, a volte» la voce di Stannis era al limite dell’udibile. «Una tenda verde, candele, una donna che urla… e sangue.» Abbassò lo sguardo sulle sue mani. «Ero ancora nel mio letto quando lui è morto. Tuo figlio Devan può dirtelo. Ha cercato di svegliarmi. L’alba era vicina, e i miei lord aspettavano ansiosi. Avrei dovuto già essere in sella, con la mia armatura. Sapevo che Renly avrebbe attaccato alle prime luci. Devan dice che mi agitavo, che urlavo. Ma ora che importa più? Si trattava solo di un sogno. Ero nella mia tenda quando Renly è morto. Le mie mani sono… pulite.»
Ser Davos Seaworth percepì un formicolio alla mano mutilata. Le sue dita fantasma. “No, no… c’è qualcosa che non va” quel pensiero continuava rimbalzare nella mente dell’ex contrabbandiere.
«Capisco» si limitò a dire.
«Renly mi ha offerto una pesca, quando ci siamo incontrati a negoziare. Mi ha deriso, mi ha sfidato, mi ha minacciato, e mi ha offerto una pesca. Avevo pensato che stesse per sguainare la sua lama, così io afferrai la mia. Ma che cosa intendeva fare, dimostrare che avevo paura? O forse si trattava di un altro dei suoi stupidi scherzi? Quando ha parlato di quanto era succosa quella pesca, alludeva forse a un significato nascosto?»
Il re scosse violentemente la testa, come un cane che cerchi di spezzare il collo alla lepre che serra tra le zanne. «Renly era l’unico che avesse il potere di vessarmi a quel modo servendosi di uno stupido frutto. Con il suo tradimento, è stato lui l’artefice della propria distruzione… Eppure io lo amavo, Davos. Ora lo so, l’ho compreso. E, ti giuro, andrò nella tomba pensando alla pesca di mio fratello.»
Raggiunsero l’accampamento. Superarono file e file di tende, di vessilli al vento, di cataste di picche e di scudi.
L’aria era satura del tanfo pesante dello sterco dei cavalli, che si mescolava con l’aroma dei fuochi e della carne arrostita. Stannis rallentò solo il tempo necessario per latrare un secco congedo a lord Florent e agli altri, ordinando loro di raggiungerlo nella sua tenda entro un’ora, per tenere il consiglio di guerra. I nobili chinarono il capo e si dispersero, Davos e Melisandre seguirono il re nel suo padiglione.
Era uno spazio ampio. Doveva esserlo, in modo da ospitare tutti i lord alfieri quando questi si riunivano con il sovrano. Per contro, non c’era niente di grandioso nella tenda. Una comune tenda da soldati, il cotone pesante tinto di un giallo scuro che a volte poteva passare per oro. Solo il vessillo reale che svettava sulla sommità del palo centrale la distingueva dalle altre. Quello e l’abbondanza di guardie, uomini della regina, appoggiate a lunghe picche, con il cuore fiammeggiante cucito sulle loro tuniche.
Gli stallieri accorsero per aiutarli a smontare. Una delle guardie venne a prendere il pesante stendardo di Melisandre, conficcandone l’estremità inferiore nel terreno molle. Devan era in piedi a lato dell’ingresso, pronto a sollevare il lembo di stoffa per il passaggio del re. Accanto a lui, c’era uno scudiero più anziano.
«Acqua fredda, due coppe» Stannis si tolse la corona e la consegnò a Devan. «Davos, rimani. Mia signora, ti manderò a chiamare quando avrò bisogno di te.»
«Come il re comanda» Melisandre s’inchinò e si dileguò.
A contrasto della luminosità del mattino, l’interno del padiglione era immerso in una fresca penombra. Stannis sedette su un semplice sgabello di legno e fece cenno a Davos di sistemarsi su un altro.
«Un giorno ti farò lord, contrabbandiere. Se non altro per irritare Celtigar e Florent. Ma dubito che mi ringrazierai: dovrai sedere anche tu in questi concili, facendo finta di essere interessato al ragliare dei somari.»
«Perché li tieni, se non servono a niente?»
«Ai somari piace molto ascoltarsi ragliare, perché altro? E mi servono per tirare il mio carro. Oh, certo, una volta ogni luna nera forse qualche idea utile salta fuori. Ma non oggi. Credo che… Ah, ecco tuo figlio con l’acqua.»
Devan mise un vassoio tra loro e riempì due coppe d’argilla. Prima di bere, il re lasciò cadere una piccola presa di sale nella sua. Davos bevve e basta, anche se avrebbe preferito che fosse vino.
«Stavi parlando del Concilio di oggi, mio signore.»
«Lascia che ti dica come andrà. Lord Velaryon insisterà per attaccare il castello allo spuntar dell’alba, rampini e scale contro frecce e olio bollente. I somari giovani saranno d’accordo che è una splendida idea. Estermont invece sarà per prendere la guarnigione con la fame, come Tyrell e Redwyne cercarono di fare con me. Potrebbe volerci un anno, ma i somari vecchi sono pazienti. Lord Caron e gli altri che invece vogliono menare le mani faranno pressioni perché la sfida di ser Cortnay venga accertata, giocando il tutto per tutto in singolar tenzone. Ognuno di loro immaginerà di essere lui il mio campione, meritando così imperitura fama.» Il re finì la sua acqua. «E tu, contrabbandiere? Tu che cosa vorresti che facessi?»
Davos ebbe una breve battuta d’arresto: «Attaccare senza indugio Approdo del Re».
Il re grugnì: «E lasciare Capo Tempesta senza averla presa?».
«Ser Cortnay non ha le forze per arrecarti danno. I Lannister invece sì. Un assedio richiederebbe troppo tempo, un duello sarebbe troppo rischioso, un assalto costerebbe troppe vite, migliaia di vite. E senza alcuna garanzia di successo. Non c’è bisogno di fare nessuna di queste cose. Una volta che avrai detronizzato Joffrey, anche Capo Tempesta dovrà esserti fedele come tutti gli altri castelli. La voce che gira per l’accampamento è che lord Tywin Lannister sta correndo verso ovest per salvare Lannisport dalla vendetta degli uomini del Nord…»
«Hai un padre molto astuto, Devan» disse il re al ragazzo in piedi accanto a lui. «Da farmi desiderare di avere più contrabbandieri come lui al mio servizio. E meno lord. Per quanto, Davos, su un punto ti sbagli. C’è bisogno. Se lasciassi Capo Tempesta inconquistata alle mie spalle, si dirà che qui io sono stato sconfitto. Non posso permetterlo. Gli uomini non mi amano come amavano i miei due defunti fratelli… E la sconfitta è la fine della paura. Capo Tempesta deve cadere» Stannis serrò le mascelle. «Oh sì, e in fretta, anche. Doran Martell ha chiamato a raccolta i vessilli e sta fortificando i passi montani di Dorne. I suoi uomini sono pronti a calare sulle Terre Basse. E Alto Giardino è ben lungi dall’essere fuori della mischia. Mio fratello ha lasciato il grosso delle sue truppe a Ponte Amaro, quasi sessantamila soldati di fanteria. Ho mandato ser Errol, il fratello di mia moglie, e ser Parmen Crane a prenderli sotto il mio comando, ma non hanno ancora fatto ritorno. Temo che ser Loras Tyrell abbia raggiunto Ponte Amaro prima di loro, trasformando quell’esercito nel suo esercito.»