«Varys,» disse il Folletto «voglio portare Shae al castello senza che Cersei lo venga a sapere.» Poi procedette a illustrare quanto aveva in mente con le cucine.
«Farò come il mio signore comanda, naturalmente. Ma devo metterti in guardia…» il Ragno tessitore emise un suono gracchiante, vagamente divertito. «Le cucine sono piene di occhi e di orecchie. Perfino se sulla ragazza non grava nulla di sospetto, sarà comunque sottoposta a mille domande. Dov’è nata, chi sono i suoi genitori, come ha fatto ad arrivare ad Approdo del Re… La verità non può e non deve emergere, per cui la fanciulla sarà costretta a mentire, a mentire e a mentire ancora.» Varys lanciò a Tyrion un’occhiata dall’alto in basso. «Inoltre, una così graziosa servetta susciterà non soltanto curiosità, ma anche lussuria. Verrà pizzicata, toccata, palpeggiata, titillata. Gli altri sguatteri andranno a infilarsi sotto le sue coperte la notte. Qualche cuoco dal cervello corto si metterà in testa di sposarla. I fornai le accarezzeranno i seni con mani bianche di farina.»
«Sempre meglio che essere accoltellata a morte» ribatté Tyrion.
«Ma forse c’è un’altra strada» aggiunse Varys dopo qualche passo. «Guarda caso, la servetta che si occupa della figlia di lady Tanda ha allungato le mani sui gioielli della padrona. Dovessi informarne lady Tanda, la nobildonna non avrebbe altra scelta che allontanare la ragazza sull’istante. Per cui la figlia avrà bisogno di una nuova servetta.»
«Già.»
A Tyrion, gli aspetti positivi di quell’alternativa non sfuggirono. La servetta di una lady indossava di certo abiti migliori di una sguattera, arrivava addirittura a portare qualche piccolo monile. Shae non poteva non essere soddisfatta. Per di più, Cersei riteneva che lady Tanda fosse noiosa e isterica e considerava sua figlia Lollys nient’altro che una stupida mucca. Ben difficilmente la regina avrebbe perso tempo in visite di cortesia.
«Lollys è timida e si fida facilmente» continuò Varys. «Accetterà qualsiasi storiella le venga propinata. Da quando la folla l’ha così brutalmente privata della sua virtù, ha paura anche solo di lasciare le sue stanze, per cui Shae sarà fuori vista… ma anche convenientemente vicina, qualora tu, mio lord, avessi necessità di conforto.»
«La Torre del Primo Cavaliere è costantemente osservata, tu lo sai bene quanto me. Cersei diventerebbe subito molto curiosa nell’apprendere che la servetta di Lollys viene a farmi visita.»
«Ritengo di essere in grado di far sgusciare la piccola nelle tue stanze senza essere vista. Il bordello di Chataya non è l’unico luogo dotato di passaggi segreti.»
«Un passaggio segreto nei miei appartamenti?» più che sorpreso, Tyrion era seccato. Ma in fondo, perché Maegor il Crudele aveva fatto sterminare tutti coloro i quali avevano lavorato alla costruzione della Fortezza Rossa, se non per preservare simili segreti? «Sì, suppongo che qualcosa del genere esista. E dove la trovo, questa porta nascosta? Nel solarium? Nella stanza da letto?»
«Amico mio, non vorrai certo costringermi a rivelare tutti i miei piccoli segreti, vero?»
«Da questo momento in poi, Varys, consideriamoli i nostri piccoli segreti» Tyrion lanciò uno sguardo all’eunuco, avvolto in quella sua mascherata puzzolente. «Sempre che tu sia dalla mia parte…»
«Ne puoi forse dubitare?»
«No, certo. Mi sono fidato implicitamente di te fino dal primo istante» l’acida risata del Folletto andò a echeggiare contro le finestre sprangate. «In verità, mi fido di te come di qualcuno che appartenga al mio stesso sangue Lannister. Ora torniamo a ser Cortnay Penrose. Com’è morto?»
«Pare che si sia gettato dall’alto di una torre.»
«Suicidio? Ma chi ci crede?»
«Le sue guardie non hanno visto nessuno penetrare nelle stanze di ser Cortnay. E non hanno trovato nessuno nemmeno dopo la sua morte.»
«L’assassino sarà entrato prima, nascondendosi sotto il letto» suggerì Tyrion. «O forse si è calato dal tetto lungo una fune. Forse le guardie mentono. Che cosa ci vieta di credere che siano state proprio loro a ucciderlo?»
«Indubbiamente hai ragione, mio lord.»
Ma il tono saccente dell’eunuco diceva il contrario. «Tu però non ci credi, giusto? E allora, com’è stato commesso il delitto?»
Per un lungo istante, Varys non parlò. L’unico suono tra loro fu il ritmo degli zoccoli ferrati sull’acciottolato.
«Mio lord» disse il Ragno alla fine, dopo essersi schiarito la voce. «Tu credi negli antichi poteri?»
«Vuoi dire se credo nella magia?» ribatté Tyrion con impazienza. «Incantesimi di sangue, maledizioni, metamorfosi, cose di quel genere?» ebbe un grugnito… «Stai suggerendo che ser Cortnay è stato ammazzato con qualche stregoneria?»
«La mattina del giorno in cui è morto, ser Cortnay aveva sfidato lord Stannis in singolar tenzone. Io ti chiedo, è davvero questo l’atto di un uomo travolto dalla disperazione? E non dimentichiamo l’ancora misterioso e quanto fortuito assassinio di lord Renly… avvenuto proprio mentre lui stava formando le linee di battaglia per spazzare via le magre forze di suo fratello.» L’eunuco fece una pausa. «Mio lord, una volta tu mi chiedesti come avvenne che io venni castrato.»
«Lo ricordo. E ricordo che tu non ne hai voluto parlare.»
«Non vorrei farlo neppure ora, ma…» lord Varys si concesse una pausa ancora più lunga. E quando riprese a parlare, c’era qualcosa di diverso nella sua voce. «Ero un ragazzino orfano. Lavoravo come apprendista in una piccola compagnia di guitti viaggiante. Il nostro padrone era proprietario di una modesta imbarcazione e noi navigavamo su e giù per il mare Stretto esibendoci in tutte le Città Libere, a volte spingendoci addirittura a Vecchia Città e ad Approdo del Re.
«Un giorno, a Myr, un certo individuo venne a vedere il nostro spettacolo, al termine del quale fece al nostro padrone la classica offerta che non si può rifiutare. L’offerta riguardava me. Ero terrorizzato. Temevo che quell’uomo volesse usarmi come avevo udito gli uomini usano i ragazzini. In realtà, l’unica parte di me di cui aveva bisogno era la mia virilità. Mi somministrò una pozione che mi rese incapace di muovermi e di parlare… ma che non ebbe alcun effetto narcotico sui miei sensi. Così fui costretto a osservare, muto e paralizzato, mentre l’uomo procedeva a tagliarmi con una lunga lama munita di uncino all’estremità. Mutilò tutto quello che c’era da mutilare, frutti e stelo, fino alla radice. E nel farlo, continuò a canticchiare. Poi, l’osservai bruciare le mie parti virili in un braciere; le fiamme divennero blu. Dopodiché udii una voce rispondere alla sua invocazione. Una voce, sì… ma non capii in quale linguaggio parlò.
«I guitti avevano ripreso il mare una volta che lui ebbe finito con me. Visto che avevo esaurito il mio scopo, l’uomo non aveva più il benché minimo interesse nei miei confronti. Così mi liberò. Gli chiesi che cosa secondo lui avrei dovuto fare, mi rispose che la cosa migliore per me sarebbe stato morire. Giusto per sfidarlo, rifiutai di morire. E decisi di vivere. Feci la questua, rubai, vendetti le parti del mio corpo che ancora mi rimanevano. Non ci misi molto a diventare uno dei più abili ladri della Città Libera di Myr. In seguito, passati gli anni, appresi che spesso il contenuto dei documenti di un uomo è molto più importante di quello della sua borsa.
«Eppure, mio lord Lannister, ancora oggi sogno quella notte terribile, in cui tutto cambiò. Ma non sogno quell’uomo, lo stregone. Non sogno la sua lama uncinata, e nemmeno il modo in cui la mia virilità si contorse, divorata dal fuoco. No, io sogno la voce che venne dalle fiamme azzurre. Apparteneva forse a un dio? Oppure a un demone? O forse era il trucco di un evocatore di spiriti? Ancora oggi, io che conosco tutti i trucchi, non so spiegarlo. La sola cosa che so per certo è che quell’uomo chiamò, e la voce rispose. È da quel giorno che odio la magia e tutti gli uomini che la praticano. Se lord Stannis è uno di quegli uomini, allora voglio vederlo morto.»