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Catelyn aveva le ginocchia irrigidite quando finalmente si rimise in piedi. Ma non sentiva di aver avuto alcuna risposta. Forse, quella notte sarebbe andata nel parco degli dei, a pregare anche gli dei di Ned, entità più antiche dei Sette Dei.

Fuori, c’era una canzone molto diversa. Rymund della Rima sedeva di fronte alla birreria, al centro di un cerchio di ascoltatori, e la sua voce profonda modulava le strofe di Lord Daremond e il Pascolo Insanguinato.

E colà rimase, con la spada in pugno,

l’ultimo dei dieci di Darry…

Brienne si fermò ad ascoltare per qualche momento, con le larghe spalle incurvate, le braccia robuste incrociate sul petto. Un gruppo di ragazzini stracciati corse accanto a lei, urlando e colpendosi a vicenda con dei rami. “Perché ai ragazzi piace così tanto giocare alla guerra?” Catelyn si domandò se Rymund conoscesse quella risposta. La voce del cantastorie crebbe nel raggiungere la fine della ballata.

E rossa fu l’erba sotto i suoi piedi,

e rossi brillarono i suoi vessilli,

e rosso fu il sole al tramonto

che nella sua luce lo avvolse.

«Vieni da me, vieni da me» il grande lord chiamò,

«ancora fame ha la mia spada.»

E con un urlo di selvaggio furore,

tra gli steli si avventarono…

«Combattere è meglio che attendere» disse Brienne. «Non ti senti così inutile, quando combatti. Hai una spada e un cavallo, a volte anche un’ascia. E se indossi una corazza, è difficile che qualcuno possa farti del male.»

«I cavalieri muoiono in battaglia» le ricordò Catelyn.

«E le nobili signore muoiono di parto» Brienne la fissò con quei suoi splendidi occhi azzurri «ma nessuno compone canzoni su di loro.»

«Anche i figli sono una battaglia, di un genere diverso» disse Catelyn avviandosi nel cortile. «Una battaglia senza vessilli o corni da guerra, ma non per questo meno feroce. Avere un bambino, portarlo in questo mondo… Tua madre ti avrà parlato del dolore…»

«Non l’ho mai conosciuta, mia madre» disse Brienne. «Mio padre aveva delle signore… una diversa ogni anno…»

«Quelle non erano signore» Catelyn scosse il capo. «Per quanto duro possa essere un parto, Brienne, ciò che viene dopo è ancora più duro. Certe volte, mi sento come se venissi dilaniata in pezzi. Vorrei essere cinque persone, una per ognuno dei miei figli, in modo da poterli tenere tutti al sicuro.»

«E chi terrà te al sicuro, mia signora?»

«Gli uomini della mia nobile casa» il sorriso di Catelyn era vacuo, stanco. «O almeno, questo m’insegnò mia madre. Il lord mio padre, mio fratello, mio zio, mio marito, tutti loro mi terranno al sicuro… Ma mentre loro sono lontani, credo che toccherà farlo a te, Brienne.»

Brienne chinò leggermente il capo: «Ci proverò, mia signora».

Maestro Vyman venne più tardi, portando una lettera. Catelyn sperava fossero notizie di Robb, o di ser Rodrik da Grande Inverno. Il messaggio invece proveniva da un certo lord Meadows, che si definiva castellano di Capo Tempesta. Era indirizzato al padre di Catelyn, o a suo fratello, o a suo figlio… “A chiunque controlli Delta delle Acque.” Ser Cortnay Penrose era morto, scriveva lord Meadows, e Capo Tempesta aveva aperto le sue porte a Stannis Baratheon, erede di sangue e di diritto. Come un sol uomo, la guarnigione della fortezza aveva prestato giuramento di fedeltà alla sua causa, a nessuno di loro era stato fatto del male.

«Eccetto che a Cortnay Penrose» mormorò Catelyn. Non aveva mai incontrato l’anziano cavaliere, eppure si sentì rattristata dalla sua scomparsa. «Robb dev’essere informato immediatamente» disse a maestro Vyman. «Tu sai dove si trova?»

«L’ultima volta che ha dato sue notizie, stava marciando verso il Crag, sede dalla Casa Westerling» rispose il sapiente. «Se inviassi un corvo ad Ashemark, forse potrebbero mandare una staffetta a cavallo a raggiungerlo.»

«Allora fallo.»

Quando il maestro si fu allontanato, Catelyn lesse nuovamente la lettera.

«Lord Meadows non fa alcuna menzione di Edric Storm, il figlio bastardo di Robert» confidò a Brienne. «Immagino che abbia tenuto anche il ragazzo. Per quanto, davvero non riesco a capire per quale ragione Stannis lo voglia a tutti i costi.»

«Forse teme una sua eventuale pretesa al trono.»

«La pretesa di un bastardo? No, si tratta di qualcosa d’altro… Che aspetto ha questo ragazzo?»

«Sette, otto anni, grazioso, capelli neri e vividi occhi azzurri. I visitatori spesso credevano fosse figlio di Renly.»

«E Renly assomigliava molto a Robert» Catelyn cominciò a intravedere una spiegazione. «Stannis intende mostrare Edric a tutto il reame, in modo che la gente possa vedere in lui il volto di Robert, domandandosi quindi perché Joffrey non abbia alcun punto di contatto con lui.»

«E questo significherebbe davvero tanto?»

«Chi appoggia Stannis dirà che si tratta di una prova inconfutabile dell’incesto di Cersei» Catelyn scosse il capo. «Chi appoggia Joffrey dirà che non significa assolutamente niente.»

In effetti, i suoi stessi figli avevano molto più dei Tully che non degli Stark. Arya era l’unica che conservasse i lineamenti di Ned. “E anche Jon Snow, ma lui non è mio figlio.” La mente di Catelyn tornò alla madre di Jon, il misterioso amore segreto di cui suo marito si era sempre rifiutato di parlare. “Piange anche lei Ned quanto lo piango io? O forse lo odia per aver preferito il mio talamo al suo? Prega anche lei per suo figlio come io prego per i miei?”

Pensieri che la mettevano a disagio. E anche pensieri futili. Se, come alcuni bisbigliavano, la madre di Jon era Ashara Dayne, lady di Stelle al Tramonto, sorella di ser Arthur Dayne, la Spada dell’alba, leggendario cavaliere della Guardia reale del vecchio re Aerys, la donna era morta da molto tempo. Se invece non era Ashara, Catelyn non aveva idea chi altri potesse essere. Ora nemmeno Ned c’era più. Tutti i suoi amori, tutti i suoi segreti giacevano con lui nella tomba.

Pur con tutto questo, Catelyn continuava a rimanere stupefatta del modo in cui gli uomini si comportavano verso i loro figli bastardi. Ned aveva sempre protetto Jon fino all’estremo e oltre. Ser Cortnay Penrose aveva dato la propria vita per Edric Storm. Mentre per Roose Bolton, a giudicare dall’obliquo, glaciale messaggio che egli aveva inviato a Edmure nemmeno tre giorni prima, il figlio bastardo Ramsay significava meno di uno dei suoi cani. Il lord di Forte Terrore aveva varcato il Tridente e adesso, come ordinato, stava marciando su Harrenhal. “Un forte castello, e fortemente difeso, ma sua Grazia Robb lo avrà. Anche a costo di dover sterminare ogni anima vivente all’interno di esso.” Bolton sperava che questo suo proposito compensasse agli occhi di sua Maestà i crimini commessi dal suo figlio bastardo, che ser Rodrik Cassel aveva messo a morte. “Un destino che senza alcun dubbio si è meritato” scriveva Bolton. “Il sangue infetto è il sangue del tradimento, e la natura di Ramsay era infida, rapace e crudele. Io stesso sono lieto di essermi sbarazzato di lui. Se fosse vissuto, i figli di sangue puro che mia moglie mi aveva promesso non sarebbero mai stati al sicuro.”

Il suono di passi affrettati allontanò questi tetri pensieri dalla mente di Catelyn.

«Mia signora…» Lo scudiero di ser Desmond Grell quasi fece irruzione nella stanza, mettendo subito un ginocchio a terra davanti a lei. «I Lannister… dall’altra parte del fiume…»

«Fa’ un bel respiro, ragazzo e parla più lentamente.»

«Una colonna di uomini in armatura» disse lo scudiero dopo aver ripreso fiato. «Al di là della Forca Rossa. Sui loro vessilli, al di sotto del leone di Lannister, c’è un unicorno viola.»