La porta si aprì di nuovo. Bran si era aspettato di vedere Hodor o una delle servette. Invece si trattava di maestro Luwin, che reggeva una candela.
«Bran… Sai quello che è accaduto? Ti è stato detto?»
Aveva un’escoriazione sopra l’occhio sinistro. Il sangue gli scorreva lungo il volto.
«È venuto Theon. Ha detto che Grande Inverno adesso è sua.»
«Hanno attraversato a nuoto il fossato» il maestro posò la candela e cercò di togliersi il sangue dalla guancia. «Hanno scalato le mura con funi e uncini. Hanno attaccato con l’acciaio in pugno, nudi e gocciolanti.» Sedette su una sedia presso la porta, mentre il sangue fresco riprendeva a scorrere. «C’era Alebelly sul portale. Lo hanno sorpreso nella garitta e lo hanno ucciso. Testa di fieno è ferito. Ho avuto appena il tempo d’inviare due corvi messaggeri prima che sfondassero la porta del mio studio. L’uccello per Porto Bianco è passato, ma l’altro lo hanno colpito con le frecce.» L’anziano sapiente fissò il letto sfatto. «Ser Rodrik ha portato via troppi dei nostri uomini, troppi… Ma io ho sbagliato tanto quanto lui. Non mi sono reso conto del pericolo incombente, non mi sono reso conto…»
“Jojen lo aveva previsto.” Questo, Bran lo sapeva. «È meglio che mi aiuti a vestirmi…»
«Sì, va bene.» Nel pesante baule con bande d’acciaio ai piedi del letto, il maestro trovò biancheria, brache e una tunica. «Tu sei lo Stark di Grande Inverno e l’erede di Robb. Devi apparire come un principe.» Insieme, riuscirono a vestire Bran come si confaceva a un lord.
«Theon vuole che io gli consegni il castello» disse Bran mentre il maestro sistemava il fermaglio della cappa, quello a forma di testa di lupo, d’argento e lacca nera, che a Bran piaceva così tanto.
«Non c’è disonore in questo. Un lord deve proteggere la sua gente. Luoghi crudeli generano esseri crudeli, Bran. Voglio che tu te ne ricordi nell’affrontare questi uomini di ferro. Il lord tuo padre fece quanto poté per ingentilire Theon, ma temo sia stato troppo poco e troppo tardi.»
L’uomo di ferro che venne a prenderli era un individuo dalla corporatura tozza, con una barba nera come il carbone che gli arrivava fino a metà del petto. Trasportò Bran con relativa facilità, per quanto non apparisse troppo soddisfatto di quell’incarico. La stanza di Rickon si trovava a metà delle scale a chiocciola.
«Voglio la mamma» il bimbo di quattro anni faceva i capricci per essere stato svegliato. «La voglio. E anche Cagnaccio.»
«Tua madre è lontana, mio principe» maestro Luwin gli infilò una vestaglia. «Ma ci sono qui io, e c’è anche Bran.» Prese Rickon per mano e lo condusse giù per le scale.
Più in basso, incontrarono Meera e Jojen, che venivano spinti fuori dalla loro stanza da un uomo di ferro calvo, la cui picca era più alta di lui di un metro. Quando incrociò lo sguardo di Bran, gli occhi color muschio di Jojen erano due verdi pozze di dolore. Altri uomini di ferro avevano preso i Frey.
«Tuo fratello ha perso il suo regno» disse Piccolo Walder a Bran. «Adesso non sei più un principe, sei solamente un ostaggio.»
«Lo stesso vale per te» ribatté Jojen. «E per me, e per tutti noi.»
«Non stavo parlando con te, mangiaranocchie.»
Uno degli uomini di ferro fece strada reggendo una torcia. La pioggia aveva ripreso a cadere. In breve la fiamma si spense. Nell’attraversare di corsa il cortile, poterono udire i lupi ululare nel parco degli dei. “Spero proprio che Estate non si sia fatto male cadendo da quell’albero.”
Theon Greyjoy sedeva sull’alto scranno degli Stark.
Si era tolto il mantello. Sopra la spessa cotta di maglia, indossava una tunica nera con l’emblema della piovra dorata della sua casa. Teneva le mani appoggiate sulle teste di lupo scolpite alla fine degli ampi braccioli di pietra.
«Theon si è messo sulla sedia di Robb» rilevò Rickon.
«Zitto, Rickon.»
Suo fratello era troppo piccolo per capire, ma Bran poteva sentire che pendeva su di loro la minaccia. Erano state accese altre torce, e un fuoco ardeva nel grande focolare, ma la maggior parte della sala restava immersa nell’oscurità. Le panche erano state ammassate contro le pareti, per cui non c’era posto dove sedere. La gente del castello rimaneva in piedi a piccoli gruppi, senza osare parlare. Bran vide la Vecchia Nan, con la sua bocca sdentata che si apriva e si chiudeva. Testa di fieno, con la benda insanguinata intorno al torace nudo, venne portato dentro da due altre guardie. Tym il Foruncoloso piangeva disperatamente. Anche Beth Cassel piangeva, ma di paura.
«E questi chi sarebbero?» Theon accennò ai Reed e ai Frey.
«I protetti di lady Catelyn, si chiamano entrambi Walder Frey» spiegò maestro Luwin. «Gli altri sono Meera Reed e suo fratello Jojen, figli di Howland Reed, della Torre delle Acque grigie. Sono venuti a rinnovare il loro giuramento di fedeltà a Grande Inverno.»
«Tempismo scadente, direbbe qualcuno» commentò Theon. «Ma non io. Qui siete e qui resterete» si alzò dallo scranno. «Lorren, porta il principe.»
L’uomo di ferro dalla fitta barba nera scaricò Bran sul trono come se fosse stato un sacco di granaglie.
Altra gente continuava a venire ammassata nella Sala Grande, spinta dentro con grida di minaccia e pungolata dalle lance. Gage e Osha arrivarono dalle cucine, con gli abiti ancora chiazzati di farina. Mikken il fabbro venne spinto dentro che imprecava. Farlen il mastro dei cani entrò zoppicando, cercando di sorreggere sua figlia Palla. L’abito della ragazza era stato stracciato in due. Palla lo reggeva con i pugni contratti, avanzando come se ogni passo fosse un tormento. Septon Chayle si fece avanti per aiutarla. Uno degli uomini di ferro lo buttò a terra con un calcio.
L’ultimo a entrare fu Reek, il prigioniero, preceduto dall’olezzo repellente che emanava. Bran si sentì rivoltare lo stomaco dal disgusto.
«Questo qua lo abbiamo trovato in una delle celle della torre» annunciò l’uomo di ferro che lo scortava, un giovane dai capelli rossicci e gli abiti fradici. Doveva essere uno di quelli che avevano attraversato il fossato a nuoto. Dice che lo chiamano Reek.»
«Reek, il puzzone» sogghignò Theon. «Chissà perché. Puzzi sempre così, oppure hai appena finito di fottere una scrofa?»
«Da quando mi hanno preso non fotto più nessuno, mio lord. Il mio vero nome è Hake. Ero al servizio del Bastardo di Forte Terrore, finché gli Stark non gli hanno piantato una freccia nella schiena come regalo di nozze.»
Theon trovò il dettaglio divertente: «E chi aveva sposato?».
«La vedova dell’Hornwood, mio lord.»
«Quell’arpia? Ma cos’era, cieco? Ha delle tette che sembrano otri di vino vuote, secche e cascanti.»
«Non l’ha sposata per le tette, mio lord.»
Gli uomini di ferro chiusero di schianto le porte della sala. Dall’alto scranno, Bran ne contò almeno una ventina. “Theon deve aver lasciato delle guardie alla grata e all’armeria.” Ma anche in quel caso, non potevano essere più di trenta guerrieri in tutto.
Theon sollevò una mano, per ottenere il silenzio: «Voi tutti mi conoscete…».
«Oh sì! Sei un sacco di merda fumante!…» urlò Mikken prima che l’uomo di ferro pelato lo colpisse al ventre con la punta della lancia, e poi con l’asta in piena faccia. Il fabbro crollò in ginocchio, sputando un dente.
«Mikken, stai in silenzio» Bran cercò di darsi un tono e apparire come un vero lord. Ma la voce lo tradì. Le parole gli vennero fuori in uno stridulo squittio.
«Meglio che tu dia retta al tuo signorino, Mikken» avvertì Theon. «Ha molto più buon senso di te.»
“Un lord deve proteggere la sua gente” ricordò Bran a se stesso. «Ho ceduto Grande Inverno a Theon.»