Le preghiere, i giuramenti e gli unguenti parvero andare avanti per la maggior parte della mattinata. Non ci volle molto perché a Tyrion cominciassero a fare male le gambe. Inquieto, spostò il peso del corpo da un piede all’altro. Lady Tanda si trovava svariate file più avanti, sua figlia però non c’era. Tyrion aveva accarezzato una mezza speranza di riuscire a vedere Shae anche solo per qualche attimo. Secondo Varys, la ragazza se la stava cavando bene, ma Tyrion avrebbe preferito constatare di persona.
«Molto meglio fare la servetta di una lady che la sguattera» era stata la reazione di Shae quando lui le aveva esposto il piano dell’eunuco. «Posso portare con me la cintura di fiori d’argento e la collana d’oro con i diamanti neri che tu dici sembrano i miei occhi? Se però non vuoi, non li indosso.»
Tyrion detestava darle una delusione, ma fu costretto a dirle che perfino una donna tutt’altro che acuta come lady Tanda avrebbe potuto domandarsi come mai la nuova servetta di sua figlia sembrava possedere più gioielli della padrona.
«Scegli due vestiti, al massimo tre» aveva ordinato a Shae. «Lana buona, ma niente seta, niente satin e niente ermellino. Il resto lo terrò io nei miei alloggi per quando verrai a farmi visita.»
Non era certo la risposta che Shae voleva udire. Ma almeno la ragazza sarebbe stata più al sicuro.
L’investitura finalmente si concluse. Joffrey uscì dal tempio affiancato da ser Balon e ser Osmund nei loro nuovi mantelli bianchi. Tyrion si attardò a scambiare qualche parola con il nuovo Alto Sacerdote. Lui era una sua scelta, un tipo abbastanza furbo da sapere chi aveva versato il miele sul suo pane.
«Voglio gli dei dalla nostra parte» gli disse Tyrion senza mezzi termini. «Di’ loro che Stannis ha giurato di dare alle fiamme il Grande Tempio di Baelor.»
«Ma mio signore, è vero questo?» il prelato era un ometto asciutto e furbo, dalla rada barba bianca e la faccia rugosa.
«Perché no?» Tyrion si strinse nelle spalle. «Stannis ha dato alle fiamme il parco degli dei di Capo Tempesta come offerta al Signore della Luce. Visto che ha offeso gli antichi dei, per quale ragione dovrebbe riservare sorte diversa ai nuovi? Tu diglielo. Di’ loro che chiunque pensi di dare aiuto all’usurpatore tradisce non solo gli dei ma anche il re di diritto.»
«Lo farò, mio signore. E comanderò di pregare per la salute del re e del Primo Cavaliere.»
C’era sua Saggezza Hallyne il Piromante ad aspettarlo quando Tyrion fece ritorno nel suo solarium nella Torre del Primo Cavaliere. Maestro Frenken, il sostituto di Pycelle, aveva portato gli ultimi messaggi.
Il Folletto lasciò che l’alchimista aspettasse ancora un po’ mentre lui leggeva quanto avevano portato i corvi. C’era una vecchia lettera da parte di Doran Martell, principe di Dorne, che lo avvertiva della caduta di Capo Tempesta. La pergamena di lord Balon Greyjoy da Pyke, il quale ora si proclamava re delle isole e del Nord, era decisamente più interessante. Invitava re Joffrey a mandare un emissario alle isole di Ferro per definire i confini dei loro due regni e per discutere una possibile alleanza.
Tyrion lesse la lettera tre volte e poi la mise da parte. Le navi lunghe di lord Balon sarebbero state di grande aiuto contro la flotta che stava salpando da Capo Tempesta. Purtroppo, nel mezzo c’erano migliaia di leghe d’oceano e l’intero Continente Occidentale. Inoltre, Tyrion non era affatto certo di voler dare metà del reame a quel figuro del vecchio Greyjoy. “Forse dovrei passare la rogna a Cersei, oppure portarla di fronte al Concilio.”
Alla fine si decise ad ammettere Hallyne, latore delle ultime storie stravaganti degli alchimisti.
«Non può essere» Tyrion stentò a credere quanto leggeva nei rapporti. «Quasi tredicimila ampolle? Mi prendi forse per uno sciocco? Ti avverto, Hallyne: non ho alcuna intenzione di sprecare l’oro del re per contenitori vuoti e anfore piene di liquido di fogna sigillate con la ceralacca.»
«No, no» berciò Hallyne. «Le cifre sono accurate, lo giuro. Noi siamo stati, hmmm, quanto mai fortunati, mio lord Primo Cavaliere. È stata trovata un’ulteriore scorta di lord Rossart. Oltre trecento ampolle. Addirittura sotto la Fossa del Drago! Certe puttane si servivano delle rovine per intrattenere i loro clienti. Uno di loro è incappato in una zona cedevole del pavimento, cadendo nella cantina sottostante. Nel ritrovarsi tra le ampolle, ha creduto che fossero piene di vino. Ha spezzato il sigillo di una di esse e quindi ha, hmmm, bevuto il contenuto.»
«Ma guarda. Un certo principe Targaryen ha avuto la stessa brillante idea, un po’ di tempo fa» commentò Tyrion seccamente. «Non mi sembra di aver visto nessun drago svolazzare sulla città. Per cui dobbiamo dedurre che la cosa non abbia funzionato nemmeno questa volta.»
La Fossa del Drago, sulla sommità della collina di Rhaenys, era abbandonata da oltre un secolo e mezzo. Tyrion rifletté che, come nascondiglio per l’altofuoco, andava bene come un altro, forse addirittura meglio. Sarebbe solo bastato che il defunto lord Rossart l’avesse detto a qualcuno.
«Trecento ampolle, dici? I conti ancora non tornano. Ci sono parecchie migliaia di ampolle in più rispetto alle stime che mi avevi fornito al nostro ultimo incontro.»
«Sì, sì, è così» Hallyne si passò la manica della tunica a strisce nere e scarlatte sulla fronte sudata. «Abbiamo lavorato duramente all’ordine degli Alchimisti, mio lord. Hrnmm, molto duramente.»
«Il che senza dubbio spiegherebbe una tale opulenza di altofuoco» sorridendo, Tyrion piantò addosso al Piromante i suoi occhi asimmetrici. «Mentre invece non spiega perché abbiate aspettato fino a ora per mettervi a lavorare tanto duramente.»
«Mio lord Primo Cavaliere, te lo garantisco» Hallyne aveva la stessa carnagione di un fungo. Eppure, riuscì comunque a impallidire. «I miei confratelli alchimisti e io abbiamo lavorato indefessamente fin dal principio. È solo che, hmmm, abbiamo fabbricato la sostanza in tali quantità che, hmmm, siamo diventati più esperti, sì. E inoltre…» l’alchimista si agitò, ancora più a disagio. «… ecco, hmmm, certi incantesimi, certi segreti del nostro ordine, sono procedure molto delicate, molto complesse, ma necessarie perché la sostanza, hmmm, venga come deve essere…»
«Va bene, va bene, ho capito» Tyrion stava diventando sempre più impaziente. Ormai, ser Jacelyn Bywater doveva essere tornato ad Approdo del Re. E Mano di ferro non era esattamente il tipo d’uomo cui piacesse aspettare. «Sì, avete i vostri segreti. Splendido, fantastico. Veniamo al punto, Hallyne.»
«Il punto, giustamente. Ecco, hmmm, siffatti sortilegi sembrano aver avuto più successo del previsto» il Piromante ebbe un sorriso evanescente. «Mio lord Primo Cavaliere, tu non ritieni che ci sia qualche drago nelle immediate vicinanze, vero?»
«Drago? No, a meno che voi non ne abbiate trovato uno nascosto nella Fossa del Drago. Perché questa domanda?»
«Oh, chiedo venia, stavo semplicemente ricordando qualcosa che sua Saggezza Pollitor mi disse una volta, quando ero ancora uno degli accoliti. Gli avevo chiesto per quale ragione così tanti dei nostri incantesimi, ecco, hmmm, non risultavano efficaci quanto le antiche pergamene volevano farci credere. Lui rispose che la magia aveva cominciato a sparire dal mondo con la morte dell’ultimo dei draghi Targaryen.»