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La stanza di Bran Stark era vuota, e anche quella di Rickon, mezzo giro di scala a chiocciola più sotto.

Theon maledì se stesso. Avrebbe dovuto mettere guardie anche davanti alle loro porte, ma aveva ritenuto più importante collocare uomini sui camminamenti delle mura a proteggere le porte della fortezza che non metterli a fare da balia asciutta a due ragazzini, uno dei quali storpio.

Dall’esterno, arrivarono i lamenti della gente del castello, strappata ai propri letti e trascinata nel cortile. “Gliela darò io una ragione per lamentarsi. Li ho trattati con gentilezza, e questo è il modo in cui mi ripagano.” Aveva addirittura fatto frustare a sangue i suoi due uomini che avevano stuprato la ragazzina dei canili, in modo da mostrare che sapeva essere giusto. “Ma continuano a incolparmi dello stupro, e anche di tutto il resto.” Gli sembrò una cosa ingiusta. Mikken si era ucciso da solo, con quella sua stupida bocca troppo larga. Lo stesso valeva per Benfred Tallhart. Quando a Chayle, il septon, doveva pur dare qualcuno al dio Abissale, no? I suoi uomini si aspettavano che lo facesse. «Non ho nulla contro di te» aveva detto al septon prima di farlo gettare nella cisterna. «Semplicemente, né tu né i tuoi dei avete più posto qui.» Gli altri avrebbero dovuto essergli grati per non aver scelto uno di loro, invece no. E adesso, quanti di loro stavano tramando contro di lui?

Urzen tornò, accompagnato da Lorren il Nero. «La Porta dei Cacciatori» disse Lorren. «È meglio che vieni a dare un’occhiata.»

La Porta dei Cacciatori era opportunamente situata vicino ai canili e alle cucine. Si apriva direttamente sui campi e sui boschi, consentendo ai cavalieri di andare e venire senza dover passare attraverso la città dell’inverno. Per questo i cacciatori la preferivano.

«Chi montava la guardia?» chiese Theon.

«Drennan e Squint.»

Drennan era uno di quelli che avevano stuprato Palla, la ragazzina dei canili. «Se si sono fatti scappare i due ragazzi, questa volta la pagheranno con ben più di qualche frustata, lo giuro.»

«Non ce n’è bisogno» ribatté seccamente Lorren il Nero.

No, proprio nessun bisogno. Squint galleggiava nel fossato a faccia in giù, trascinandosi dietro le sue viscere come un groviglio di lividi serpenti. Drennan si trovava nell’angusto locale che conteneva gli ingranaggi del ponte levatoio. Era mezzo nudo, con la gola aperta da un orecchio all’altro. Indossava ancora una tunica sbrindellata, che nascondeva a stento i segni delle frustate che aveva sulla schiena, ma si era tolto gli stivali e aveva le brache calate alle caviglie. C’era del formaggio su un piccolo tavolo vicino alla porta, con accanto una caraffa di vino. E due coppe.

Theon ne sollevò una, annusò i residui del vino: «Squint era sul camminamento, no?».

«Sì» confermò Lorren.

Theon gettò la coppa nel caminetto: «Da come la vedo io, Drennan si stava tirando giù i calzoni per piantarlo dentro alla donna che invece lo ha piantato dentro a lui. Direi che lo ha sgozzato usando il suo coltello da formaggio. Qualcuno vada a prendere una picca. Ripescate l’altro coglione dal fossato.»

L’altro coglione era in condizioni molto peggiori di Drennan. Quando Lorren lo trascinò fuori dall’acqua, videro che aveva un braccio pressoché sradicato all’altezza del gomito. Gli mancava anche metà del collo. Al posto della sua virilità, c’era una specie di cratere purpureo. Durante il recupero, l’uncino della picca gli maciullò ancora di più le viscere. Il tanfo era repellente.

«I meta-lupi» rilevò Theon. «Tutti e due.»

Disgustato, tornò al ponte levatoio. Grande Inverno era circondata da due massicce cinte di mura, con un ampio fossato tra l’una e l’altra. Il muro esterno raggiungeva un’altezza di venticinque metri, quello interno superava i quaranta metri. Data la scarsità di uomini, Theon era stato costretto ad abbandonare le difese esterne, piazzando le sue sentinelle sulla sommità del muro interno. Non aveva osato correre il rischio di averli dalla parte sbagliata del fossato, qualora il castello si fosse ribellato.

“Devono essere stati almeno in due, se non di più” rimuginò. “Mentre la donna faceva il servizio a Drennan, gli altri liberavano i lupi.”

Theon si fece portare una torcia e precedette Urzen e Lorren su per la scalinata che conduceva al camminamento. Mosse la fiamma ad arco davanti a sé, cercando… là, quello. Era sull’interno della fortificazione, nell’apertura tra due merli.

«Sangue» riconobbe Theon. «Ripulito alla meglio. Per cui, la donna ha sgozzato Drennan e ha abbassato il ponte. Squint sente lo sferragliare delle catene, viene a vedere e qui si ferma. Hanno gettato il cadavere nel fossato in modo che non fosse trovato da un’altra sentinella.»

«Le altre torrette di guardia non sono lontane» Urzen guardò lungo le mura. «Vedo le torce…»

«Le torce, certo, ma non le guardie» disse Theon con rabbia. «Grande Inverno ha molte torrette e non pochi uomini.»

«Quattro dei nostri alla porta principale» intervenne Lorren il Nero. «Altri cinque sui camminamenti, oltre a Squint.»

Urzen scosse il capo: «Se solo avesse suonato il corno…».

“Idioti. Sono circondato da idioti.” «Prova a immaginarti di essere quassù, Urzen. È buio, fa freddo. Fai la guardia da ore, non vuoi altro che il turno finisca. Poi senti un rumore, vieni avanti verso la porta, e di colpo vedi… Occhi! Occhi verdi, scintillanti come oro fuso nella luce della torcia. Due ombre ti arrivano addosso, più rapide di quanto tu possa immaginare. Hai appena la fugace visione di zanne. Cerchi di abbassare la picca, niente da fare. Le ombre ti balzano addosso e ti aprono il ventre, squarciando cuoio e borchie come se fossero stracci.» Diede a Urzen uno spintone. «E adesso sei a terra, sulla schiena, con le budella che ti escono. Con le zanne che ti affondano nella gola. Per cui, omino di ferro, dimmi a che punto di tutto questo…» Theon afferrò il collo scarno dell’uomo, strinse in una morsa, sorridendo «… tu ti metti a suonare il tuo corno del cazzo?»

Diede a Urzen un altro spintone, molto più brutale del primo, mandandolo a sbattere la schiena contro uno dei merli. Urzen non disse nulla, massaggiandosi il collo dove Theon aveva stretto.

“Avrei dovuto far abbattere quelle due belve il giorno stesso in cui abbiamo preso il castello” Theon era inferocito con se stesso. “Avrei dovuto ucciderli… Lo sapevo quanto sono pericolosi.”

«Dobbiamo andargli dietro» disse Lorren il Nero.

«Non con il buio» Theon non aveva nessuna intenzione di inseguire dei meta-lupi nella foresta, in piena notte. I cacciatori potevano fin troppo facilmente diventare le prede. «Aspetteremo la luce del giorno. Prima di allora, è meglio che vada a fare due chiacchiere con i miei leali sudditi.»

Giù nel cortile, la folla spaventata formata da uomini, donne e bambini era stata spinta contro il muro. Molti di loro non avevano neppure avuto il tempo di vestirsi, erano avvolti in coperte di lana o si stringevano addosso mantelli e vestaglie. Li sorvegliavano una dozzina di uomini di ferro, con la torcia in una mano, e l’arma nell’altra. Il vento freddo soffiava a raffiche, e la luce tremolante delle torce danzava sul metallo scuro degli elmi, sulle barbe fitte, sugli occhi privi di sorriso.

Theon camminò avanti e indietro lungo la fila dei prigionieri, studiando le loro facce. Avevano tutti un’aria colpevole.

«Quanti ne mancano?»

«Sei.» Reek arrivò alle sue spalle. Il putrido servo del Bastardo di Bolton adesso sapeva di sapone, i suoi lunghi capelli ondeggiavano al vento. «I due Stark, il ragazzo delle paludi e la sorella, lo scemo delle stalle e la donna dei bruti.»