“I meta-lupi sono andati a valle, tutto qui” Theon si aggrappò a quel pensiero. “La cagna rossa di Farlen ritroverà le tracce e noi gli saremo nuovamente addosso.”
Tornarono a ricongiungersi con il gruppo di Farlen. Ma a Theon bastò una sola occhiata all’espressione del mastro dei cani perché tutte le sue speranze andassero in briciole. «Queste bestiacce sono buone per una sola cosa: esca per orsi» ringhiò. «E quanto vorrei averlo, un dannato orso.»
«Non è colpa dei cani» Farlen s’inginocchiò tra uno dei mastini e la sua preziosa cagna rossa, una mano sul capo di entrambi. «L’acqua corrente non conserva le tracce, milord.»
«Da qualche parte, i lupi devono essere usciti dal torrente!»
«Senza dubbio. A monte o a valle. Se continuiamo, troveremo quel punto. Ma continuare da che parte?»
«Io non l’ho mai sentito che un lupo corre in un torrente per chilometri» intervenne Reek. «Un uomo, forse. Se sa che gli danno la caccia, forse. Ma un lupo?»
Ma Theon continuò a essere perplesso. Quelle belve non erano lupi comuni. “Scuoiarli subito, avrei dovuto!”
Quando si ricongiunsero con Gariss, Murch e Agger, fu lo stesso. I cacciatori avevano seguito il percorso a ritroso fino oltre metà strada con Grande Inverno. Risultato: niente di niente. Nessun segno di dove gli Stark si erano separati dai meta-lupi. I segugi di Farlen sembravano frustrati tanto quanto i loro padroni, annusavano cupamente gli alberi e le pietre, digrignavano rabbiosamente i denti gli uni con gli altri.
«Torniamo al torrente» Theon rifiutava di ammettere la sconfitta. «Ricominciamo a cercare. E questa volta, non ci fermiamo.»
«Non li troveremo» dichiarò all’improvviso il ragazzo Frey. «Non fino a quando con loro ci sono i mangiaranocchie. La gente del fango conosce tutti i trucchi. Non combattono in modo leale: si nascondono e usano frecce avvelenate. Tu non li vedi mai, ma loro ti vedono sempre. Quelli che entrano nelle paludi dell’Incollatura per inseguirli non tornano fuori più. Le loro case si muovono, perfino i castelli come la Torre delle Acque grigie.» Gettò un’occhiata nervosa alla vegetazione che li assediava da tutte le parti. «Potrebbero essere qui intorno anche adesso, ascoltando tutto quello che diciamo.»
Farlen si fece una risata, a commento di quell’ultima frase: «I miei cani possono sentirne l’odore. Gli saltano addosso prima ancora che tu scorreggi, ragazzino».
«I mangiaranocchie non hanno l’odore degli altri uomini» insisté Walder Frey. «Hanno addosso il puzzo delle paludi, come le rane e gli alberi e l’acqua schifosa. Invece dei peli, sotto le ascelle a loro cresce il muschio. E per vivere, possono mangiare fango e bere acqua di palude.»
Theon stava per dirgli dove poteva mettersele, tutte quelle cretinate che gli aveva raccontato la sua balia asciutta, quando intervenne maestro Luwin.
«Gli antichi testi dicono che gli uomini delle paludi erano prossimi ai figli della foresta, nelle ere remote in cui gli osservatori dell’oltre scesero in guerra nelle paludi dell’Incollatura. Può darsi che abbiano conoscenze segrete.»
E di colpo, la foresta parve molto più tenebrosa, come se una nube fosse passata davanti al sole. Un conto era un ragazzino che raccontava assurdità, tutt’altro conto erano le parole di un saggio maestro della Cittadella.
«I soli figli di cui m’importa in questo momento sono Bran e Rickon» affermò Theon. «Si torna al torrente. Adesso.»
Per un momento, dubitò che avrebbero obbedito. Alla fine, però, le vecchie abitudini presero il sopravvento. Lo seguirono, tetramente, ma lo seguirono. Il ragazzino Frey era spaurito come quei coniglietti che aveva fatto scappare prima. Theon mise uomini su entrambe le sponde e seguì la corrente. Cavalcarono per chilometri, lentamente, attentamente, smontando di sella per condurre i cavalli al passo nei punti in cui il terreno si faceva insidioso, lasciando che i segugi esca-per-orsi annusassero ogni cespuglio, ogni roccia. Dove un albero caduto aveva bloccato la corrente, i cacciatori furono costretti ad aggirare ampie pozze d’acqua verdastra. Ma lo stesso dovevano aver fatto i meta-lupi, se lo avevano fatto. Perché non trovarono niente, nessuna impronta, nessuna traccia. Le belve dovevano aver nuotato, a quanto pareva.
“Quando li avremo presi, nuoteranno fino ad avere la nausea. Le consegnerò entrambe al dio Abissale, quelle bestiacce malefiche.”
Al calare delle ombre della sera, Theon Greyjoy seppe di essere stato battuto. O gli uomini delle paludi conoscevano veramente la magia dei figli della foresta, oppure Osha aveva usato chissà quale trucco dei bruti. Theon li costrinse a continuare anche nel crepuscolo. Ma quando l’ultima luce del giorno fu svanita, Joseth finalmente trovò il coraggio: «Mio lord, è inutile. Finiremo con l’azzoppare un cavallo, e romperci una gamba».
«Joseth parla giustamente» concordò maestro Luwin. «Brancolare nella foresta alla luce delle torce non porterà a nulla.»
Theon sentiva in bocca il sapore acre della bile. Nel suo stomaco si agitava un groviglio di serpenti che si contorcevano e si addentavano l’un con l’altro. Se fosse tornato a Grande Inverno a mani vuote, tanto valeva che si vestisse come il giullare di corte, berretto a sonagli e tutto: sarebbe diventato lo zimbello di tutto il Nord. “E quando mio padre lo verrà a sapere, e Asha…”
«Mio lord principe» Reek spronò il cavallo, portandosi accanto a lui. «Forse gli Stark di qua non ci sono mai passati. Al loro posto sarei andato a nord e a est, magari, dagli Umber. Loro sono bravi uomini Stark. Ma le loro terre stanno lontano. I ragazzi si sono nascosti da qualche parte più vicino. E io forse so dove.»
Theon lo guardò con sospetto: «Parla».
«Tu lo conosci quel vecchio mulino, che sta tutto solo sul fiume Acorn? Ci siamo fermati quando mi trascinavano a Grande Inverno con i ceppi. La moglie del mugnaio ci ha venduto la biada per i cavalli mentre quel vecchio cavaliere faceva da chioccia ai suoi marmocchi. Forse gli Stark si nascondono là.»
Theon conosceva quel mulino. Aveva anche scopato la moglie del mugnaio, una volta o due. Non c’era niente di speciale né nel mulino né nella donna. «Perché proprio là? Ci sono almeno una dozzina di altri villaggi e fortini anche più vicino.»
«Perché, dici?» un lampo di divertimento passò negli occhi glauchi di Reek. «Questo non lo so. Ma loro sono là, me lo sento.»
Theon stava cominciando ad avere la nausea di quelle sue risposte oblique. “Le sue labbra sembrano due vermi che scopano.” «Ma che cosa stai dicendo? Se c’è qualcosa che non mi hai detto…»
«Mio lord principe?» Reek smontò da cavallo, facendo cenno a Theon di fare altrettanto. Quando entrambi furono a terra, Reek aprì la sacca che aveva portato con sé da Grande Inverno. «Da’ un’occhiata qua.»
Stava diventando difficile vedere. Theon infilò una mano nella sacca, frugò tra morbide pellicce e lana grezza. La sua mano incontrò una punta acuminata, le dita si chiusero attorno a un oggetto duro, freddo. Estrasse dalla sacca un fermaglio a forma di testa di lupo, d’argento e lacca nera. Di colpo, Theon Greyjoy capì. Serrò il pugno intorno al fermaglio.
«Gelmarr» ordinò, chiedendosi di chi potesse realmente fidarsi. “Di nessuno.” «Aggar, Nasorosso. Con me e Reek. Il resto di voi può fare ritorno a Grande Inverno con i cani. Non mi servite più. Adesso so dove Bran e Rickon si nascondono.»
«Principe Theon» intervenne di nuovo maestro Luwin. «Ricordi la tua promessa, non è vero? Clemenza, hai detto.»
«La clemenza andava bene questa mattina» ribatte Theon. “Meglio essere temuti che derisi.” «Prima che mi facessero infuriare.»