«Non ha detto nemmeno di non prenderne.»»
Jon abbandonò la presa ai capelli della ragazza. Lei strisciò indietro, allontanandosi da loro.
«È una donna guerriera» Stonesnake indicò l’ascia dal manico lungo a terra, vicino alle pellicce. «Era quella che cercava di prendere quando l’hai bloccata. Tu dalle solo l’occasione, e te la pianta in mezzo agli occhi.»
«Non le darò l’occasione» Jon diede un calcio all’ascia, mandandola a perdersi nel buio. «Ce l’hai un nome?»
«Ygritte» si passò la mano sulla gola, ritirandola coperta di sangue. Fissò l’umidità purpurea.
Jon rinfoderò il pugnale, poi andò a svellere Lungo artiglio dal corpo dell’uomo che aveva ucciso. «Sei mia prigioniera, Ygritte.»
«Io il mio nome te l’ho detto.»
«Mi chiamo Jon Snow.»
«Un nome malvagio» Ygritte strinse gli occhi.
«Un nome bastardo» rispose lui. «Mio padre era lord Eddard Stark di Grande Inverno.»
La ragazza lo osservò con aria guardinga.
Stonesnake sghignazzò acidamente: «Sono i prigionieri quelli che devono parlare, ricordi, Snow?». Affondò un lungo ramo tra le fiamme. «Non che lei ti dirà niente comunque. Mi hanno detto che i bruti preferiscono ingoiarsi la lingua piuttosto che rispondere a una domanda.»
Il ranger veterano attese che l’estremità del ramo bruciasse, poi fece due passi verso l’orlo della voragine e lo lanciò nel vuoto. Il legno infuocato vorticò verso il basso fino a essere inghiottito dal buio.
«Dovreste bruciare quelli che avete ucciso» disse Ygritte.
«Ci vuole un fuoco più grosso per bruciarli. E i fuochi grossi fanno più luce.» Stonesnake si girò a scrutare l’orizzonte oscuro, alla ricerca di altre tracce di fuoco. «Ci sono altri bruti da queste parti, vero?»
«Bruciali» ripeté la ragazza con ostinazione. «Se no finisce che quelle spade le dovete usare di nuovo.»
Jon ricordò Othor, il morto che camminava, e le sue gelide mani nere. «Forse è meglio fare come dice lei.»
«Ci sono anche altri modi.»
Stonesnake mise un ginocchio a terra accanto all’uomo che aveva ucciso. Gli tolse la cappa, gli stivali, il cinturone, il gilè. Poi si issò il cadavere di traverso su una spalla e lo portò fino all’abisso. Con un grugnito, lo gettò nel vuoto. Qualche momento dopo, da molto più in basso, arrivò un forte tonfo. Stonesnake spogliò anche il secondo cadavere, e lo prese per le braccia. Jon lo aiutò sollevando i piedi. Insieme, lo scaraventarono nell’oscurità della notte.
Ygritte si limitò a osservare in silenzio. Era più vecchia di quanto Jon avesse pensato all’inizio. Forse vent’anni, ma di bassa statura per la sua età, con le gambe arcuate, il viso rotondo, le mani piccole, il naso tozzo. I suoi capelli rossi arruffati andavano in tutte le direzioni. Appariva grassoccia, così accucciata, ma forse erano i vari strati di pelli, cuoio e lana. Sotto tutta quella roba, avrebbe potuto essere magrolina quanto Arya.
«Vi hanno mandato quassù a sorvegliarci?» le chiese Jon.
«Non solo voi. Anche altri.»
Stonesnake si riscaldò le mani sulle fiamme: «Chi aspetta oltre il passo Skirling?».
«Il popolo libero.»
«Quanti sono?»
«Centinaia e migliaia. Più di quanti tu ne hai mai visti, corvo» Ygritte sorrise. Aveva denti storti, ma bianchissimi.
“Non lo sa quanti.” «Perché siete venuti quassù?» le domandò Jon.
Ygritte non rispose.
«Che cosa c’è negli Artigli del Gelo che il vostro re vuole? Non potere restare qui, non c’è cibo.»
Lei evitò di guardarlo.
«Intendete marciare sulla Barriera? Quando?»
Ygritte fissò il fuoco, come se nemmeno lo avesse udito.
«Sai niente di mio zio, Benjen Stark?»
Nessuna risposta.
«Se sputa fuori la lingua» rise Stonesnake «non dirmi che non ti avevo avvertito.»
Un basso ruggito echeggiò tra le rocce. “Una pantera-ombra” Jon non ebbe alcun dubbio. Si alzò. Ci fu un secondo ruggito, più vicino. Jon sfoderò la spada e si girò, rimanendo in ascolto.
«Non ci daranno noia» era Ygritte. «È per i morti che sono venute. Sentono l’odore del sangue a otto chilometri di distanza. Staranno vicino a quei corpi fino a quando non avranno divorato ogni frustolo di carne, rosicchiato ogni osso fino al midollo.»
Jon poté udire i bramiti del pasto ferale rimbalzare contro il granito. Suoni che lo misero a disagio. Il calore del fuoco gli fece capire quanto fosse stremato, ma non osava dormire. Aveva una prigioniera, ed era compito suo sorvegliarla.
«Erano del tuo sangue?» le chiese a bassa voce. «I due che abbiamo ucciso, voglio dire?»
«Non più di quanto lo sei tu.»
«Io?» Jon corrugò la fronte. «Che cosa intendi dire?»
«Hai detto che sei il bastardo di Grande Inverno.»
«Sì è così.»
«Chi era tua madre?»
«Una donna. La maggior parte delle madri lo sono.» Questo glielo aveva detto qualcuno. Jon non ricordava né chi né quando.
Ygritte sorrise di nuovo, un lampo di denti bianchi: «E non ti ha mai cantato la canzone della rosa d’inverno?».
«Non l’ho mai conosciuta, mia madre. Né quella canzone.»
«Bael il Bardo l’ha composta» rispose Ygritte. «Era lui il re oltre la Barriera tanto tempo fa. Tutti quelli del popolo libero conoscono le sue canzoni, ma mi sa che voi al Sud non le cantate.»
«Grande Inverno non è al Sud» obiettò Jon.
«Sì che lo è. Tutto quello che sta sotto la Barriera è al Sud.»
In effetti, Jon non l’aveva mai vista a quel modo: «Immagino che tutto dipenda da che parte ti trovi».
«Si» concordò Ygritte. «È sempre così.»
«Dimmi, allora» la esortò Jon. Ci sarebbero volute ore prima che Qhorin arrivasse, e una storia sarebbe riuscito a tenerlo sveglio. «Voglio sentire questo tuo racconto.»
«Magari, però, non ti piace.»
«Lo sentirò lo stesso.»
«Prode corvo nero» lo prese in giro Ygritte. «Prima di essere re del popolo libero, Bael era un grande avventuriero.»
Stonesnake emise un grugnito: «Assassino, predone e stupratore, se è questo che vuoi dire».
«Tutto dipende da che parte ti trovi» ribatté Ygritte. «Lo Stark di Grande Inverno voleva la testa di Bael, ma non riusciva mai a prenderla, e il gusto di quel fallimento era troppo amaro. Un giorno, era così pieno di veleno che chiama Bael un codardo che ruba solo ai deboli. Quando quella cosa arriva alle sue orecchie, Bael giura di dare al lord una lezione. Così scala la Barriera, percorre la Strada del Re e una notte d’inverno entra a Grande Inverno con un’arpa in mano, e si fa chiamare Sygerrik di Skagos. Nell’antico linguaggio, quello che parlavano i Primi Uomini, e che i giganti parlano ancora, sygerrik vuol dire uno che inganna.
«Nord o sud, i cantastorie sono sempre i benvenuti, così Bael mangia alla tavola del lord di Stark, e suona l’arpa per il lord nel suo alto scranno fino a che metà della notte se n’è andata. Suona le antiche canzoni, e di nuove che ha fatto lui. E suona e canta così bene che quando ha finito il lord gli chiede di dirgli qual è la sua ricompensa. “Tutto quello che chiedo è un fiore” risponde Bael. “Il più bel fiore sbocciato nei giardini di Grande Inverno.”
«Ora, le rose d’inverno erano gli unici fiori a sbocciare, e non c’è fiore più raro e più prezioso. Per cui lo Stark manda qualcuno nei giardini vetrati e comanda che la più bella delle rose d’inverno deve essere colta come pagamento del cantastorie. E così viene fatto. Ma quando il nuovo mattino viene, il cantante è sparito… E anche la figlia vergine di lord Brandon è svanita. Sul letto vuoto c’è la pallida rosa blu che Bael ha lasciato sul cuscino dove riposava la sua testa.»
«E di quale Brandon staremmo parlando?» Jon non l’aveva mai sentita, una storia simile. «Brandon il Costruttore visse durante l’età degli Eroi, migliaia di anni prima di Bael. Poi c’erano Brandon l’Incendiario e suo padre, Brandon il Navigatore, ma…»