Выбрать главу

«È colpa del fumo» mentì lei. «Sembra quasi che metà della foresta del re stia bruciando.»

«Lord Stannis usa il fumo per costringere allo scoperto i selvaggi del Folletto.» Parlando, Dontos barcollava. Era costretto a tenersi appoggiato al tronco di un castagno. Una chiazza di vino aveva scolorito le pezze rosse e gialle del suo costume da giullare. «I barbari delle montagne della Luna uccidono i suoi esploratori e razziano le sue carovane. Anche loro hanno appiccato incendi. Il Folletto ha detto alla regina che Stannis farà meglio a insegnare ai suoi cavalli a mangiare cenere, perché non troverà un solo filo d’erba. L’ho sentito io che glielo diceva. Adesso che sono un giullare, sento cose che da cavaliere nemmeno mi sarei immaginato di sapere. Parlano come se non fossi neppure là, e…» si protese verso di lei, alitandole in faccia il suo fiato puzzolente di vino. «Il Ragno tessitore paga in oro ogni più piccola informazione. Credo che Ragazzo di luna sia da anni uno dei suoi.»

“È ubriaco di nuovo, il mio povero Florian, per chiamarlo come fa lui stesso. Eppure non ho altri che lui.” «È vero che lord Stannis ha bruciato la foresta del re a Capo Tempesta?»

Dontos annuì: «Ha dato fuoco agli alberi ammucchiati in una grande pira come offerta al suo nuovo dio, il Signore della Luce, la sacerdotessa rossa che lo ha spinto a farlo. Dicono che adesso è lei a dominarlo, corpo e anima. Stannis ha anche giurato di bruciare il Grande Tempio di Baelor, se riuscirà a prendere la città».

«Faccia pure.» Quando Sansa aveva visto per la prima volta il Grande Tempio di Baelor, con le sue pareti di marmo e le sue sette torri di cristallo, aveva pensato che fosse la cosa più splendida al mondo. Ma questo era stato prima che Joffrey facesse decapitare suo padre sui gradini del luogo sacro. «Io voglio che venga ridotto in cenere.»

«Zitta, piccola, gli dei ti udiranno.»

«E perché dovrebbero? Non ascoltano mai le mie preghiere.»

«Sì, invece. Mi hanno mandato da te, non è forse così?»

Sansa staccò piccoli pezzi di corteccia da un albero. Sentiva la testa vuota, come se avesse la febbre. «Ti hanno mandato da me, ma tu che cosa hai fatto? Hai promesso di portarmi a casa, però sono ancora qui.»

Dontos le diede alcuni amichevoli colpetti sul braccio: «Ho parlato con un uomo che conosco, un buon amico mio… e anche amico tuo, mia lady. Avrà una nave veloce per portarci in salvo, al momento giusto».

«Il momento giusto è adesso» insiste Sansa. «Prima che abbiano inizio i combattimenti. Loro si sono dimenticati di me. Io so che potremmo scappare, se solo ci provassimo.»

«Piccola, piccola mia» Dontos scosse il capo. «Scappare dal castello? Sì, potremmo riuscirci, ma le porte della città adesso sono sorvegliate più che mai, e il Folletto ha addirittura bloccato qualsiasi accesso al fiume.»

Era vero. Sansa non aveva mai visto il fiume delle Rapide nere tanto sinistramente vuoto. Tutti i traghetti erano stati ritirati sulla sponda settentrionale. Quanto alle galee mercantili, o erano fuggite o erano state requisite dal Folletto per essere trasformate in scafi da guerra. Le uniche navi in vista erano le galee da battaglia del re. Si spostavano a remi avanti e indietro, senza sosta, tenendosi nelle acque profonde al centro del fiume, scambiando nugoli di frecce con gli arcieri di Stannis sulla riva sud.

Quanto a lord Stannis, lui era ancora in marcia. Ma due notti prima, con la luna nera, le sue avanguardie avevano fatto la loro comparsa. Approdo del Re si era risvegliata alla vista delle loro tende e dei loro stendardi. Cinquemila uomini, aveva sentito dire Sansa, quasi quanti gli uomini delle cappe dorate della Guardia cittadina. Innalzavano le mele verdi o rosse dei Fossoway, la tartaruga degli Estermont, la volpe circondata di fiori dei Florent. Al comando c’era ser Guyard Morrigen, un celebre cavaliere del Sud che adesso gli uomini chiamavano Guyard il Verde. Sul suo vessillo svettava un corvo in volo, con le ali nere aperte contro un cielo verde tempesta. Ma tra tutti, quelli che più preoccupavano la città erano i vessilli giallo pallido. Lunghe code frastagliate si agitavano su di essi come tentacoli di fuoco, e al posto dell’emblema di lord Baratheon, avevano il segno di un dio: il cuore incendiato del Signore della Luce.

«Quando anche Stannis sarà arrivato, il suo esercito sarà dieci volte più numeroso di quello di Joffrey, lo dicono tutti.»

«Non importa quanto è numeroso il suo esercito, piccola» Dontos le diede una piccola pacca sulla spalla. «Basta che rimanga dall’altra parte del fiume. Senza navi, Stannis non può attraversarlo.»

«Ma ha navi. Più di Joffrey.»

«È una lunga rotta da Capo Tempesta. La sua flotta sarà costretta ad aggirare l’Uncino di Massey, superare lo stretto e infine entrare nell’estuario delle Rapide nere. Forse gli dei manderanno loro una tempesta che li spazzerà via dai mari.» Dontos azzardò un sorriso speranzoso. «Non è facile per te, lo so. Ma devi essere paziente, piccola mia. Quando il mio amico sarà rientrato in città, avremo la nostra nave. Abbi fede nel tuo Florian, e cerca di non avere paura.»

Sansa affondò le dita nel palmo della mano. Sentiva la paura che le artigliava il ventre, era sempre peggio ogni giorno che passava. Incubi di quando la principessa Myrcella era salpata per Dorne continuavano a turbare le sue notti. Sogni oscuri, strangolanti, dai quali si svegliava di soprassalto nel cuore della notte, con il fiato mozzo. Udiva gente che urlava contro di lei, grida prive di parole intellegibili, come quelle degli animali. La circondavano da tutti i lati, gettandole rifiuti addosso, cercando di trascinarla giù dal cavallo. Avrebbero fatto ben di peggio se il Mastino non fosse intervenuto, aprendosi la strada fino a lei a colpi di spada. La folla aveva fatto a pezzi l’Alto Sacerdote, aveva sfondato il cranio a ser Aron Santagar a colpi di pietra. “Cerca di non avere paura!”

L’intera città aveva paura, Sansa poteva vederlo dalle mura del castello. Il popolino si nascondeva dietro imposte chiuse e porte sbarrate, come se queste potessero realmente metterli al sicuro. L’ultima volta che Approdo del Re era caduta, alla fine della dinastìa Targaryen, i soldati dei Lannister avevano saccheggiato e stuprato a piacimento, passando centinaia di persone a fii di spada a dispetto del fatto che la capitale avesse aperto loro le porte. Questa volta, il Folletto era deciso a combattere. E la città sapeva di non potersi aspettare nessuna clemenza.

«Se fossi ancora un cavaliere» continuò a berciare Dontos «dovrei indossare un’armatura e andare sulle mura insieme agli altri. Forse dovrei baciare i piedi di re Joffrey e ringraziarlo con tutto il cuore.»

«Se tu lo ringraziassi per averti trasformato in un giullare ti farebbe nuovamente cavaliere» disse Sansa in tono sferzante.

Dontos ridacchiò: «La mia Jonquil è una ragazza astuta, non è vero?».

«Joffrey e sua madre dicono che sono stupida.»

«E tu lasciali dire. Sei più al sicuro così, cara. La regina Cersei e il Folletto e lord Varys e tutti quelli come loro non fanno altro che sorvegliarsi gli uni con gli altri come falchi predatori, pagano questo o quell’altro per spiarsi a vicenda… Mentre nessuno dà troppo peso alla figlia di lady Tanda, o sbaglio?» Dontos si portò una mano alla bocca, soffocando un rutto. «Che gli dei possano preservarti, mia piccola Jonquil.» Gli stavano venendo le lacrime agli occhi, per effetto del vino. «E adesso da’ un bacetto al tuo Florian. Per buona fortuna.»

Barcollando, Dontos avanzò verso di lei. Sansa evitò le sue labbra umide protese in avanti, e lo baciò in fretta sulla guancia ispida. Gli augurò la buonanotte e si dileguò. Dovette fare ricorso a tutte le sue forze per non piangere. Aveva pianto troppo, negli ultimi tempi. Era poco signorile, lo sapeva, ma non le riusciva di controllarsi. Le lacrime scorrevano e basta, spesso per un nonnulla, e non c’era nulla che lei potesse fare per fermarle.

Il ponte levatoio che conduceva al Fortino di Maegor non era sorvegliato. Il Folletto aveva spostato la maggior parte delle cappe dorate sulle mura della città. Quanto ai cavalieri bianchi della Guardia reale, avevano doveri più importanti che starle addosso. Sansa poteva andare da qualsiasi parte volesse, a patto che non cercasse di lasciare il castello. Solo che non c’era nessuna parte dove volesse andare.