Выбрать главу

I servi portarono via il cigno, appena toccato. Cersei fece cenno che venissero serviti i dolci: «Spero che le paste ai mirtilli ti piacciano».

«Mi piaccono tutti i generi di dolcezze.»

«Sì, lo so da parecchio tempo. Lo sai che cosa rende Varys tanto pericoloso?»

«Giochiamo agli indovinelli, adesso? No, non lo so.»

«È che non ha il cazzo.»

«Nemmeno tu ce l’hai.» “E ciò ti manda in bestia, vero o no, Cersei?”

«Forse però anch’io sono pericolosa. Mentre tu invece, tu sei un perfetto imbecille proprio come tutti i maschi. È con quel vermiciattolo appeso tra le gambe che pensi.»

Tyrion si leccò le briciole dalla punta delle dita. Il sorriso venuto ad aleggiare sulle labbra di sua sorella non gli piaceva affatto. «E in questo momento, quel vermiciartolo sta pensando che è ora di andare.»

«Qualcosa che non va, fratellino?» Cersei si protese in avanti, offrendogli la vista della convessità del suo seno. «All’improvviso, sembri congestionato.»

«Congestionato, dici?» Tyrion lanciò un’occhiata alla porta. Aveva forse udito dei rumori? Stava cominciando a pentirsi di essere venuto solo. «Non avevi mai dimostrato un simile interesse nei confronti del mio cazzo.»

«Non è tanto il tuo cazzo che m’interessa, quanto dove lo pianti dentro. A differenza di te, io non faccio conto sull’eunuco per tutto. Ho i miei metodi per scoprire certe cose… specialmente quelle che certa gente non vorrebbe che io sapessi.»

«Che cosa staresti cercando di dire?»

«Solo questo… ho in pugno la tua puttanella!»

Tyrion prese la coppa di vino, guadagnando qualche attimo per riordinare i pensieri: «E io che pensavo preferissi i maschi».

«Sei un tale nanerottolo ingenuo. E dimmi, l’hai già sposata, questa?» Nessuna risposta. Cersei gli rise in faccia. «Quanto sarà sollevato il nostro caro padre.»

Tyrion aveva l’impressione che un groviglio di anguille stesse contorcendosi nel suo stomaco. Come aveva fatto a sapere di Shae? Che Varys lo avesse tradito? O forse invece tutte le sue precauzioni erano andate in pezzi la notte in cui era andato direttamente da lei? «Perché dovrebbe importarti di chi scelgo per riscaldare il mio letto?»

«Un Lannister paga sempre i propri debiti» rispose la regina. «Tu complotti contro di me dal momento stesso in cui hai messo piede ad Approdo del Re. Hai venduto Myrcella ai dorniani, hai sequestrato Tommen e adesso stai cospirando per assassinare Joffrey. Lo vuoi morto… in modo da poter essere tu a dominare al posto di Tommen!»

“In effetti, non posso negare che non sia una prospettiva alquanto allettante.” «Questa è pura follia, Cersei, Stannis sarà qui tra pochi giorni. Tu hai bisogno di me.»

«Per che cosa? Per il tuo grandioso valore in battaglia, forse?»

«I mercenari di Bronn non combatteranno senza di me» mentì Tyrion.

«Oh, io invece credo che lo faranno. È il tuo oro che amano, non le tue astuzie da Folletto. Non temere però, non resteranno senza di te. Non posso certo dire di non aver pensato di farti tagliare la gola da un orecchio all’altro, ma se lo facessi, Jaime non me lo perdonerebbe mai.»

«E la puttana?» Tyrion non osò chiamarla per nome. “Se riesco a convincerla che Shae non significa nulla per me, forse…”

«Sarà trattata bene, fino a quando non accadrà nulla a mio figlio. Ma se Joff dovesse essere ucciso, se Tommen dovesse cadere nelle grinfie dei nostri nemici, la tua piccola pompinara morirà in un modo così atroce da sconfiggere persino la tua più ardita immaginazione.»

“Crede veramente che io intenda uccidere mio nipote.” «I ragazzi sono al sicuro» promise Tyrion con cautela. «Dei misericordiosi, Cersei, tu sei sangue del mio sangue! Che razza di uomo credi che io sia?»

«Un uomo piccolo e contorto.»

Tyrion fissò le tracce di vino sul fondo della coppa. “Che cosa farebbe Jaime al mio posto?” Con molta probabilità, l’avrebbe sgozzata sull’istante, questa troia, preoccupandosi dopo delle conseguenze. Tyrion però non aveva la spada d’oro di Jaime, né la tecnica per servirsene. Amava la temeraria furia di suo fratello, ma era il lord loro padre che doveva cercare di emulare. “Di pietra. Devo essere di pietra. Devo essere Castel Granito, duro, inamovibile. Se fallisco questa prova, avrò davvero un posto assicurato sul carro dei fenomeni viventi.”

«Per quanto ne so,» disse freddamente il Folletto «potresti già averla uccisa.»

«Ti piacerebbe vederla? Non credere che non ci abbia pensato.» Cersei si alzò e andò ad aprire una pesante porta di quercia. «Portate dentro la puttana di mio fratello.»

Osney e Osfryd, i fratelli del nuovo cavaliere ser Osmund Kettleblack, sembravano usciti dal medesimo stampo: stessa altezza, stesso nasone adunco, stessi capelli scuri, stesso sorriso crudele. Lei era schiacciata in mezzo a loro, con gli occhi sbarrati e lividi nel viso dalla pelle d’ebano. Il sangue le colava da un labbro spaccato, e c’erano i segni delle percosse sotto i suoi abiti strappati. Aveva le mani legate dietro la schiena, un bavaglio tra i denti per farla stare zitta.

«Avevi detto che non le sarebbe stato fatto del male.»

«Ha lottato.» A differenza dei suoi fratelli, Osney Kettleblack era accuratamente rasato. Sulle sue guance lisce, le tracce delle unghiate erano fin troppo visibili. «Questa ha gli artigli come una pantera-ombra.»

«I lividi guariscono» sentenziò Cersei in tono annoiato. «La puttana vivrà… finché Joffrey vivrà.»

Tyrion avrebbe voluto riderle in faccia. Sarebbe stato così piacevole, così incredibilmente liberatorio. Ma se lo avesse fatto avrebbe scoperto tutto il suo gioco. “Hai perduto, Cersei. E questi tuoi due scimmioni, sono degli idioti ancora più grossi di quanto Bronn mi avesse detto.” Gli sarebbe bastato dirle, quelle parole.

Invece non le disse, si limitò a guardare la ragazza in viso: «Ho la tua parola che la rilascerai a battaglia finita?».

«Solo se ho la tua parola che rilascerai Tommen.»

«E allora tienila» Tyrion si alzò dallo scranno. «Ma tienila al sicuro. Molto al sicuro. Se questi tuoi animali pensano di potersi divertire con lei… Bene, sorellina cara, lascia che richiami la tua attenzione sul fatto che una bilancia può pendere da una parte ma anche dall’altra.» Il Folletto parlò con calma, in tono distaccato. Fu la voce di suo padre che andò a cercare. E che trovò. «Qualsiasi cosa accadrà a lei, accadrà anche a Tommen. Il che include i pestaggi. E gli stupri.» “Mi considera un mostro, no? Tanto vale che io interpreti la parte del mostro fino in fondo.”

Cersei fu colta alla sprovvista: «Non oserai».

«Osare?» Tyrion si costrinse a sorridere, lentamente, freddamente. Un occhio verde, l’altro nero: entrambi che la deridevano. «Me ne occuperò di persona.»

La mano di Cersei scattò in direzione della sua faccia. Tyrion la intercettò a metà del gesto, le torse il polso fino a quando lei non emise uno strozzato grido di dolore. Osfryd si mosse per correre in suo aiuto.

«Un altro passo e le spezzo il braccio» intimò il Folletto. Osfryd s’inchiodò. «Ricordi quando ti dissi che non mi avresti mai più colpito, Cersei?» La scaraventò a terra con uno spintone e si voltò verso i Kettleblack. «Slegatela e toglietele il bavaglio.»

La corda attorno ai polsi della ragazza era stata stretta al punto da bloccarle la circolazione. Lei lasciò andare un gemito di dolore quando questa riprese. Delicatamente, Tyrion le massaggiò le dita fino a quando ebbero ripreso sensibilità.

«Cara,» le disse «devi essere coraggiosa. Mi dispiace che ti abbiano fatto del male.»

«So che mi libererai, mio signore.»

«Lo farò» le promise.