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Alayaya, figlia di Chataya, si chinò a baciarlo. Le sue labbra gli lasciarono sulla fronte una traccia di sangue. “Cersei ha preso la ragazza sbagliata. E un bacio insanguinato è ben più di quanto mi meriti. È colpa mia se l’hanno fatta soffrire.”

Quel sangue lo marchiava ancora quando Tyrion tornò a rivolgersi alla regina. «Non mi sei mai piaciuta, Cersei ma rimani pur sempre mia sorella, per questo non ti ho mai fatto del male. Ora le cose sono cambiate, tu hai posto una fine, perché io ti farò del male, Cersei. Non so ancora quando, né come, ma dammi solo un po’ di tempo. Verrà il giorno in cui sarai convinta di essere al sicuro, di essere felice, ma di colpo la tua gioia si tramuterà in cenere. E allora saprai che il debito sarà stato pagato.»

In guerra, gli aveva detto una volta suo padre, la battaglia finisce nel momento in cui uno degli eserciti va in pezzi e si dà alla fuga. Non ha nessuna importanza se quell’esercito è numeroso quanto lo era un momento prima, se è ancora altrettanto armato e corazzato. Una volta che fuggono davanti a te, non riprenderanno a combattere. La stessa cosa valse per Cersei Lannister. «Vattene!» Fu tutto quello che riuscì a dire. «Togliti dalla mia vista!»

«Buonanotte, allora» Tyrion fece un mezzo inchino. «E sogni d’oro.»

Rientrò alla Torre del Primo Cavaliere sentendo migliaia di piedi corazzati che gli marciavano dentro il cranio. “Avrei dovuto aspettarmelo fino dalla prima volta che mi sono intrufolato nel finto armadio del bordello di Chataya.” Ma forse non aveva voluto vedere. Quando ebbe finito la salita dei gradini di pietra, le sue gambette arcuate erano tutte doloranti. Mandò Podrick a prendergli una caraffa di vino e si trascinò in camera da letto.

C’era Shae ad aspettarlo, seduta con le gambe incrociate sul letto a baldacchino. Era tutta nuda… tranne la catena d’oro di Primo Cavaliere drappeggiata attorno al collo e ai seni prorompenti. Una catena d’oro formata da una serie di mani d’oro che si stringevano l’una all’altra.

Tyrion non si era aspettato di vederla: «Che cosa ci fai qui?».

«Avevo voglia di mani sulle mie tettine» ridendo, Shae accarezzò la catena. «Ma queste d’oro sono troppo fredde.»

Per un momento, Tyrion non seppe che cosa rispondere. Come faceva a spiegarle che un’altra donna era stata picchiata a sangue al posto suo? E che sarebbe anche morta al suo posto se le tetre incertezze della battaglia avessero spazzato via Joffrey? Con il palmo della mano rimosse dalla fronte il sangue di Alayaya.

«Lady Lollys…» cominciò.

«… dorme» tagliò corto Shae. «Dorme sempre, quella specie di mucca. Dorme e mangia. Certe volte dorme addirittura mentre mangia. Il cibo cade sotto le coperte e finisce che lei ci si rotola dentro e che tocca a me pulire.» Fece un’espressione disgustata. «In fondo, tutto quello che hanno fatto è stato scoparla.»

«Sua madre dice che è malata.»

«Ha un bimbo nella pancia, niente di più.»

«Come hai fatto a entrare?» Tyrion girò lo sguardo nella stanza. Ogni cosa era più o meno come lui l’aveva lasciata. «Mostrami la porta nascosta.»

Lei scrollò le spalle: «Lord Varys mi ha fatto mettere un cappuccio. Non ho visto nulla, tranne che… a un certo punto ho dato uno sguardo al pavimento da sotto il cappuccio. Era tutto a piastrelle piccole, hai presente quelle che fanno un disegno?».

«Un mosaico?»

Shae annuì: «Erano rosse e nere. Credo che il disegno era un drago. Per il resto, era tutto buio. Poi siamo andati giù per una scala e abbiamo camminato a lungo, finché mi è girata la testa. Ci siamo fermati e lui ha aperto una porta di ferro, l’ho sfiorata passando. Dall’altra parte c’era il drago. Poi siamo andati su per un’altra scala, e in cima c’era un tunnel. Lì ho dovuto chinare la testa. E credo che lord Varys è strisciato per passare».

Tyrion fece un giro esplorativo per la stanza. Uno dei pannelli alle pareti sembrava allentato. Lui si issò sulle punte dei piedi e lo spinse. Il pannello ruotò lentamente, strisciando contro il muro retrostante. Quando fu girato completamente in giù, cadde fuori un mozzicone di candela. Nient’altro. Le tende non sembravano essere state spostate. «Milord non vuole venire a letto con me?»

«Un momento solo.»

Tyrion aprì l’armadio, scostò gli abiti appesi, premette contro il pannello di fondo. Ciò che funzionava in un bordello poteva funzionare nello stesso modo anche in un castello… No, il legno era solido, immobile. La sua attenzione fu attratta da una delle pietre vicino al sedile sul davanzale della finestra. Ma tutto il suo spingere, tutto il suo premere non portò a niente. Non poté fare altro che tornare a letto, frustrato e irritato.

Shae slacciò la stringa delle sue brache e gli passò le braccia intorno al collo. «Le spalle le hai dure come la roccia» bisbigliò. «Fa’ presto… ho voglia di sentirti dentro di me.»

L’attimo stesso in cui le gambe di lei si strinsero attorno alla sua vita, Tyrion Lannister sentì la sua virilità abbandonarlo. Quando sentì il membro diventare molle, Shae glielo prese in bocca e si diede da fare. Neppure quello ebbe alcun risultato.

Dopo qualche momento, Tyrion la fermò.

«Ma che cosa c’è?» Sembrava esserci tutta la delicata innocenza del mondo dipinta sui lineamenti del giovane viso di Shae.

“Innocenza? Idiota: è una puttana! Cersei ha ragione, pensi con il cazzo. Idiota. Idiota!”

«Cerca di dormire, tesoro» le disse, accarezzandole i capelli.

Ma, anche molto tempo dopo che Shae aveva accolto il suo consiglio, Tyrion continuò a giacere completamente sveglio, con una mano appoggiata su uno dei suoi piccoli seni, ascoltando il suo respiro.

CATELYN

La Sala Grande di Delta delle Acque era un luogo solitario per la cena di due persone solamente. Le pareti erano avvolte da ombre profonde; una delle torce si era spenta, lasciandone solo tre. Catelyn fissò il fondo del proprio calice. Il vino le era sembrato avere un gusto aspro, sgradevole. Brienne sedeva di fronte a lei. Tra loro, l’alto scranno di lord Hoster Tully era vuoto come il resto della sala. Perfino i servi erano assenti, Catelyn aveva dato loro il permesso di partecipare alle celebrazioni per la vittoria su lord Tywin.

Le mura della fortezza erano spesse, ma si riuscivano comunque a udire le grida di giubilo provenienti dal cortile. Ser Desmond aveva fatto portare dalle cantine venti botti ben colme. Il popolino dei fiumi stava festeggiando l’imminente ritorno di Edmure e la conquista del Crag da parte di Robb con una cacofonia di suoni di corno e con fiumi di birra.

“Non posso biasimarli” pensò Catelyn. “Loro non sanno. E se anche sapessero, perché dovrebbe importargliene? Non hanno mai conosciuto i miei figli. Non hanno mai guardato Bran che dava la scalata alle torri e sentiva il cuore in gola, con orgoglio e terrore talmente mescolati l’uno nell’altro da divenire un’unica cosa. Non hanno mai udito la sua risata. Né hanno mai guardato Rickon tentare così fieramente di emulare i suoi fratelli più grandi. ”

Spostò lo sguardo sulla cena davanti a lei: trota avvolta in pancetta affumicata, insalata di rape verdi, finocchio rosso e rucola, piselli e cipolle e pane abbrustolito. Brienne mangiava in modo metodico, come se la cena fosse un altro dovere marziale da assolvere.

“Sono diventata una donna acida” si disse Catelyn. “Non provo più alcuna gioia nel desco, i canti e le risate sono diventate cose estranee, da prendere con diffidenza. Sono una creatura di dolore, di polvere e di ricordi amari. Là dove un tempo c’era il mio cuore, adesso c’è soltanto uno spazio vuoto.”

Trovò intollerabili i suoni che l’altra donna faceva mangiando. «Brienne, non me la sento di avere compagnia. Unisciti anche tu ai festeggiamenti, se credi. Bevi un corno di birra, fatti un ballo sulle note dell’arpa di Rymund.»