Aveva ragione, ma lo irritò che fosse stata lei a proporlo. “Non avrei mai dovuto presentarmi in questa sala” si accusò Theon con rabbia. “Avrei dovuto far venire lei da me.” Solo che adesso era troppo tardi.
Non ebbe altra scelta se non precedere Asha nel solarium che era stato di Ned Stark. Fu là, davanti alle ceneri di un fuoco ormai estinto, che cominciò a raccontare precipitosamente «Dagmer Mascella spaccata è stato sconfitto a Piazza di Thorren…»
«Lo so» disse Asha con calma. «Il vecchio castellano ha fatto breccia nelle sue barriere fortificate. Che cos’altro ti aspettavi? Questo ser Rodrik Cassel conosce perfettamente il terreno, mentre Mascella spaccata non lo conosceva affatto. Molti degli uomini del Nord erano a cavallo. Gli uomini di ferro non hanno la disciplina per reggere una carica di cavalleria pesante. Dagmer vive, e di tanto sii grato. Sta guidando i superstiti verso la Costa Pietrosa.»
“Sa ben più di quanto non sappia io” capì Theon. Il che lo fece infuriare ancora di più. «La vittoria ha dato a Leobald Tallhart il coraggio di uscire da dietro le mura per unirsi a ser Rodrik. Ho anche rapporti che dicono che lord Manderly di Porto Bianco ha mandato su per il fiume una dozzina di chiatte cariche di cavalieri, cavalli da battaglia e macchine da guerra. Oltre l’Ultimo Fiume, anche gli Umber si stanno preparando allo scontro. Alla prossima luna, ci sarà un intero esercito sotto le mie mura… e tu mi porti dieci uomini?»
«E sono anche troppi.»
«Io ti ho ordinato…»
«Nostro padre mi ha ordinato di prendere Deepwood Motte» sibilò Asha. «Non ha mai parlato di andare a salvare il mio fratellino.»
«All’inferno Deepwood Motte» ribatté Theon. «È una latrina di legno sulla sommità di una collina. Il cuore della terra è Grande Inverno, ma come credi che riuscirò a tenerla senza una guarnigione?»
«A questo avresti dovuto pensare prima di prenderla. Oh, è stata un’impresa abile, lo riconosco. Se solo tu avessi avuto il buon senso di radere il castello al suolo e di portare i due principini a Pyke come ostaggi, avresti vinto la guerra con un solo colpo di mano.»
«E ti sarebbe piaciuto, giusto? Vedere il mio trofeo ridotto a rovine e cenere.»
«Questo tuo trofeo sarà la tua catastrofe. Le piovre sorgono dal mare, Theon, o forse te ne sei dimenticato, con tutti gli anni che hai passato in mezzo ai lupi? La nostra forza sono le nostre navi lunghe. La mia latrina di legno si trova abbastanza vicina al mare da consentirmi di essere rifornita di vettovaglie e di uomini ogni volta che ne ho bisogno. Mentre Grande Inverno è centinaia di chilometri nell’entroterra, circondata da foreste, da colline, da fortini e castelli ostili. E non farti illusioni, Theon: adesso ogni uomo in quelle centinaia di chilometri è tuo nemico. È diventata una certezza nel momento in cui hai infilato quelle due teste sulle picche.» Asha scosse il capo. «Come hai potuto essere così cieco, così idiota? Due bambini!…»
«Mi avevano sfidato!» Theon le urlò in faccia. «E poi, sangue chiama sangue, due figli di Eddard Stark contro Rodìik e Maron Greyjoy.» La parole gli vennero fuori quasi senza pensare, ma Theon fu certo che suo padre avrebbe approvato. «Ho dato pace agli spiriti dei miei fratelli.»
«Dei nostri fratelli» ma il sorriso che aleggiava sulle labbra di Asha gli fece capire quanto lei non fosse per niente convinta di quel discorso sulla vendetta. «Te li sei portati dietro fino da Pyke, i loro spiriti, fratellino? E io che pensavo fosse solo nostro padre che loro continuavano a tormentare.»
«Quando mai una donna ha potuto capire il bisogno di vendetta di un uomo?» Se anche lord Balon non apprezzava il dono rappresentato da Grande Inverno, doveva approvare la volontà di Theon di vendicare i suoi fratelli!
Asha ebbe una risata gorgogliante: «Questo ser Rodrik potrebbe avere lo stesso virile bisogno, ci hai pensato? Qualsiasi cosa tu sia diventato, Theon, rimani pur sempre sangue del mio sangue. Nel nome della madre che ci ha dato la vita, ti chiedo di tornare con me a Deepwood Motte. Da’ fuoco a Grande Inverno e ritirati… finché sei ancora in tempo».
«No.» Theon si aggiustò la corona. «Ho preso questo castello e intendo tenerlo.»
Sua sorella rimase a fissarlo per un lungo momento. «E allora tienitelo pure… per il resto della tua vita.» Asha sospirò. «Io dico che è follia, ma che potrà mai saperne di queste cose una timida fanciulla?» Sulla soglia, gli fece un sorriso di scherno. «A proposito, quella è la corona più brutta che abbia mai visto. Te la sei fatta tu?»
Se ne andò, lasciandolo furibondo.
Asha Greyjoy rimase a Grande Inverno solo il tempo necessario per nutrire e abbeverare i cavalli. Proprio come aveva minacciato, metà dei suoi uomini vennero via con lei. Uscirono da quella stessa Porta dei Cacciatori che Bran e Rickon avevano usato per scappare.
Theon li osservò andarsene dalla sommità delle mura. Dopo che sua sorella fu svanita nelle brume della foresta del lupo, la domanda, inevitabilmente, affiorò: perché non l’aveva ascoltata e non era andato via con lei?
«Andata, sì?»
C’era Reek alle sue spalle. Theon non l’aveva udito avvicinarsi. Né aveva percepito il suo lezzo. Era l’ultima persona che avrebbe voluto vedere. Gli metteva freddo l’idea che quell’individuo continuasse a respirare considerando quanto sapeva. “Dopo che lui aveva sistemato gli altri, avrei dovuto ucciderlo.” Ma la cosa lo rendeva nervoso. Inaspettatamente, Reek sapeva leggere e scrivere e astuto com’era poteva aver nascosto da qualche parte un documento che rivelava ciò che loro avevano fatto.
«Milord principe, chiedo perdono per dirlo, ma non è giusto che lei ti abbandoni. E dieci uomini, quelli non sono nemmeno lontanamente abbastanza.»
«Sono ben consapevole di questo» rispose Theon. “Così come lo era Asha.”
«Forse posso aiutarti» continuò Reek. «Dammi un cavallo e un sacco di monete, e io ti trovo uomini bravi.»
Gli occhi di Theon si strinsero: «Quanti?».
«Cento, magari. Duecento. Forse di più.» Sorrise, occhi pallidi che mandavano lampi. «Io qua nel Nord ci sono nato. Ne conosco tanti, di uomini, e tanti uomini conoscono Reek.»
Duecento uomini non erano certo un esercito, ma non gliene servivano migliaia per tenere una fortezza poderosa come Grande Inverno. Bastava che fossero in grado d’imparare da quale parte s’impugna una lancia, e potevano cambiare le cose.
«Tu fa’ quello che dici di poter fare» disse Theon. «E scoprirai che non sono affatto un ingrato.»
«Bene, milord, è da quando ero con lord Ramsay che non vedo una donna» rispose Reek. «Ho messo gli occhi su Palla, e so che è già stata presa…»
Theon si era spinto troppo oltre con Reek per tornare indietro adesso: «Duecento uomini e lei è tua. Un solo uomo in meno, e puoi tornartene a fottere scrofe».
Reek si dileguò prima del tramonto, portando con sé una bisaccia d’argento degli Stark e le ultime speranze di Theon Greyjoy. “Questo pezzo di sterco non lo rivedrò mai più” rimuginò acidamente Theon. “È pressoché certo.” Ma era un rischio che doveva correre.
Quella notte, ebbe un ennesimo incubo.
Sognò il banchetto che Ned Stark aveva dato in onore di re Robert in occasione della sua visita a Grande Inverno. Fuori, i venti freddi soffiavano sempre più forti, ma la Sala Grande era piena di musica e di risate. Al principio, c’erano vino e carne arrostita, Theon faceva battute e occhieggiava le servette e si divertiva… fino a quando notò che la sala stava diventando sempre più buia. La musica non sembrava allegra come prima. Udì delle stecche, strani silenzi, note che parevano come sanguinare nell’aria. Di colpo, il vino che aveva in bocca divenne amaro. E quando alzò lo sguardo, stava banchettando con i morti.