Al di là del castello, Approdo del Re s’innalzava sulle sue colline, circondata dalla cinta delle mura. La riva del fiume era ridotta a una nera desolazione. I Lannister avevano distrutto qualsiasi cosa con il fuoco, asserragliandosi poi dietro la Porta del Fango. Resti semicarbonizzati di chiatte affondate costellavano i bassi fondali, sbarrando l’accesso ai lunghi moli di pietra. “Non ci sarà proprio nessuno sbarco qui.” Dietro la Porta del Fango, Davos individuò i cucchiai di tre mastodontiche catapulte. E in alto, sopra la collina di Visenya, i raggi del sole scintillavano sulle sette torri di cristallo del Grande Tempio di Baelor.
Davos non vide direttamente lo scontro tra le flotte, ma udì l’urto brutale di due galee che entravano in collisione. Non fu in grado di dire quali erano. Un attimo dopo echeggiò un secondo urto, seguito da un terzo. Sopra gli schianti del legno squarciato, gli arrivarono i tonfi cupi delle grandi catapulte di prora della Furia. La Cervo del mare andò allo speronamento, spaccando in due, letteralmente, una delle navi di Joffrey. Ma la Naso di cane stava bruciando e la Regina Alysanne era bloccata tra la Lady della seta e la Lady della vergogna; il suo equipaggio combatteva per contenere il doppio abbordaggio a tenaglia.
Direttamente a prora, Davos vide la Chiglia del re infilarsi tra la Fedele e la Scettro. La prima riuscì a sollevare i remi di babordo prima dell’impatto. Non così la Scettro. Il passaggio della Chiglia del re spezzò tutti i suoi remi di babordo come steli sotto la lama di una falce.
«Arcieri!» gridò Davos. «Incoccare!… Lanciare!»
Un nembo di frecce si dipanò ad arco sul fiume, grandmando sulla tolda della Chiglia del re. Davos osservò il capitano avversario crollare, trafitto in più punti. Cercò di ricordare il nome di quell’uomo…
A terra, i cucchiai delle gigantesche catapulte in agguato dietro la Porta del Fango si rizzarono: uno e poi due e poi tre. Qualcosa come cento pietre, ciascuna grossa quanto il cranio di un uomo, furono scagliate nel cielo giallastro. Alcune ricaddero nel fiume, sollevando alte colonne d’acqua, ma molte caddero sulle tolde, tramutando i vivi in orridi impasti di ossa frantumate e carni macellate. Sull’intera larghezza del fiume, Davos si rese conto che ormai tutta la prima linea era arrivata a contatto con il nemico. Rampini d’abbordaggio furono lanciati, arieti di speronamento sfondarono le chiglie, assaltatori sciamarono da un ponte all’altro, turbini di frecce sibilarono nel fumo della guerra. Molti uomini morirono… ma, fino a quel momento, nessuno dei suoi.
La Beta nera s’inoltrò ancora di più nel corso del fiume. Il suono ritmico del tamburo del caporematore rimbombava nelle orecchie di Davos, mentre il suo sguardo andava alla ricerca di una nave avversaria in cui conficcare l’ariete di speronamento. La Regina Alysanne continuava a essere assediata dalle due galee Lannister, le tre navi erano ormai un unico intrico di sartiame e funi d’abbordaggio.
«Velocità di collisione!» urlò Davos.
Il tamburo del caporematore raggiunse un ritmo febbrile. La Beta nera parve spiccare il volo, e l’acqua diventò bianca come il latte intorno alla prora. Allard aveva intuito la manovra: la sua Lady Marya venne a scivolare accanto al loro scafo. La prima linea dello scontro era frantumata in molti scontri simultanei. Le tre navi ammassate l’una sull’altra incombevano davanti alla Beta nera e alla Lady Marya, virando con surreale lentezza, le loro tolde ridotte a grovigli arrossati di uomini che si massacravano a colpi d’ascia e di spada. “Appena un altro po’” Davos Seaworth chiese aiuto al Guerriero. “Falla virare appena un altro po’. Mostrami tutta la fiancata… ”
E il Guerriero decise di ascoltarlo. La Beta nera e la Lady Marya speronarono la Lady della vergogna a pochi istanti l’una dall’altra. Gli arieti sfondarono a poppa e prua, un doppio impatto così brutale da scaraventare a mare gli uomini che erano sulla tolda della Lady della seta, due navi più oltre. Per poco, Davos non si staccò la lingua con un morso quando le sue arcate dentarie urtarono l’una contro l’altra. Sputò sangue. “La prossima volta, tieni chiusa la bocca, razza d’idiota.” Quarant’anni passati sul mare, eppure questa era la prima volta che speronava un’altra nave. I suoi arcieri stavano lanciando frecce a volontà.
«Rematori!» comandò. «Arretrare!»
Quando i remi ruotarono in direzione opposta l’ariete riemerse dal ventre della Lady della vergogna. Un momento dopo, il fiume delle Rapide nere dilagò nello squarcio. La galea Lannister andò in pezzi, scaraventando in acqua dozzine di uomini. Alcuni dei vivi nuotarono, alcuni dei morti galleggiarono, quelli in maglia di ferro e con l’armatura, vivi o morti che fossero, affondarono. Davos cercò d’ignorare le grida di chi veniva trascinato sotto.
Un lampo verde avvampò, appena ai margini del suo campo visivo, a prora e a tribordo. Fiamme color smeraldo, simili a serpenti famelici, si contorsero sibilando sulla poppa della Regina Alysanne. Poi venne il grido maledetto.
«Altofuoco! Altofuoco!…»
L’espressione di Davos si contrasse. Un conto erano gli otri pieni di olio incendiato, tutt’altro conto erano le ampolle di altofuoco. Una sostanza maligna, pressoché inestinguibile. Cerchi di spegnerla con una cappa, la cappa s’incendia. Ne spazzi via un frammento con il palmo della mano, e ti ritrovi la mano divorata da fiamme verdi. «Piscia sull’altofuoco» diceva un vecchio adagio degli uomini di mare «e il cazzo ti va a fuoco.» In effetti, ser Imry aveva avvertito capitani ed equipaggi di aspettarsi una passata della vile sostanza degli alchimisti. Per fortuna, di piromanti veri ne rimanevano pochi. “Lo esauriranno in fretta” aveva assicurato ser Imry.
Davos diede i comandi: un ordine di remi spinse, l’altro fece resistenza e la galea ruotò su se stessa. Anche la Lady Marya di Allard era riuscita a sganciarsi. Ottimo. L’incendio stava divampando sulla Regina Alysanne con feroce, inconcepibile rapidità. Uomini si contorcevano nella stretta delle fiamme verdi, gettandosi in mare, urlando in modo orribile. Sulle mura di Approdo del Re, gli sputafuoco continuavano a riversare morte. Le tre enormi catapulte posizionate dietro la Porta del Fango non cessavano di scaricare grandinate di massi. Una roccia grande quanto un bue venne a schiantarsi tra la Beta nera e la Lady Marya, l’impatto fece rollare entrambi gli scafi, inzuppando tutti gli uomini sulle loro tolde. Un altro masso, di poco più piccolo, centrò in pieno la Balda risata. La galea dei Velaryon esplose come un giocattolo lasciato cadere dalla cima di una torre, disseminando uragani di schegge grosse quanto il braccio di un uomo.
Oltre il fumo della guerra, oltre il contorcersi verdastro dell’altofuoco, Davos ebbe la fugace visione di una schiera di piccole imbarcazioni che dalla riva sud arrancavano attraverso il fiume. La flottiglia era un’accozzaglia confusa di pescherecci, chiatte, pontoni, barchette a vela e a remi, scafi talmente malridotti da tenersi a galla a stento. Puzzava di disperazione. Era assurdo che una simile armata demente fosse in grado di volgere a loro favore le sorti della battaglia, quelle carrette si sarebbero trovate in mezzo e basta. Le linee dello scontro erano ormai attorcigliate senza speranza, Davos non ne dubitava più. Alla sua sinistra, la Lord Steffon, la Jenna degli stracci e la Spada veloce erano riuscite a forzare il blocco e ora procedevano a monte. L’ala di babordo, però, era ancora assediata dal nemico e il centro era andato in pezzi sotto i massi lanciati dalle tre grandi catapulte. Alcuni capitani avevano già invertito la rotta, altri stavano virando verso sud, qualsiasi cosa pur di sfuggire a quel furore distruttivo. La Furia aveva fatto ruotare la catapulta di prua per bombardare a sua volta la città, ma non aveva una gittata sufficiente: i barili di pece andavano a infrangersi cóntro le mura. La Scettro aveva perduto la maggior parte dei suoi remi, la Fedele era stata speronata e ora stava affondando.