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La corrente aveva afferrato Davos. Lo stava facendo ruotare e ruotare insieme al relitto cui era aggrappato. Scalciò con tutte le sue forze per evitare una placca di altofuoco galleggiante. “I miei figli!…” Ma era impossibile, del tutto impossibile pensare di ritrovarli in mezzo a quel caos ruggente. Alle sue spalle, un’altra chiatta piena di altofuoco andò in eruzione. L’intero fiume delle Rapide nere parve ribollire nel suo stesso letto e l’aria si saturò dell’odore di uomini e pezzi di nave che bruciavano.

“Vengo trascinato verso la baia…” Non sarebbe stato altrettanto terribile, là fuori. Davos era un valido nuotatore, sarebbe riuscito a toccare terra… Nella baia c’erano anche le galee di Salladhor Saan, ser Imry aveva dato loro ordine di tenersi lontano dall’estuario…

La corrente gli impresse un’ulteriore rotazione. Davos Seaworth vide che cosa lo aspettava a valle del demone di fuoco verde.

“La catena. Gli dei ci aiutino… Hanno sollevato la catena!…”

Nel punto in cui il fiume si allargava nella baia delle Acque nere, l’immane catena che andava a innestarsi nei due torrioni simmetrici era tesa allo spasimo ad appena un metro dalla superficie. Già una dozzina di galee erano andate a schiantarsi contro di essa. E la corrente del fiume, inesorabile, ne stava spingendo altre alla distruzione. Quasi tutte erano in fiamme, e il resto della flotta lo sarebbe stato presto. Al di là della barriera d’acciaio, Davos poté vedere gli scafi a strisce delle navi di Salladhor Saan, ma sapeva che non sarebbe mai riuscito a raggiungerli. Di fronte a lui, adesso, c’era una muraglia d’acciaio incandescente, di legno che bruciava, di immani fiamme verdi.

L’estuario del fiume delle Rapide nere si era trasformato nella bocca dell’inferno.

TYRION

Immobile come un drago di pietra, Tyrion Lannister era appollaiato in cima a uno dei merli. Oltre la Porta del Fango, oltre la desolazione di quello che un tempo erano stati i moli e il mercato del pesce, il fiume delle Rapide nere sembrava essere diventato un unico, immane rogo. Metà della flotta di Stannis era in fiamme, e anche la maggior parte di quella di Joffrey. Il bacio dell’altofuoco aveva ridotto orgogliose navi da battaglia in pire funerarie e trasformato uomini in torce viventi. L’aria era piena di fumo, frecce, urla.

A valle, gente del volgo e nobili capitani potevano vedere la torrida morte verde dell’altofuoco avanzare verso le loro zattere, chiatte, pontoni, spinta dalla corrente del fiume delle Rapide nere. Nel tentativo di virare, di allontanarsi da quella bolgia, i lunghi remi bianchi delle galee di Myr lampeggiarono come le gambe di un millepiedi impazzito, ma inutilmente. Il millepiedi non poteva nascondersi da nessuna parte.

Sotto le mura della città, nei punti in cui barili di pece incendiata erano andati a schiantarsi, ruggiva almeno una dozzina di grossi incendi. A confronto dell’olocausto di giada scatenato dall’altofuoco, le loro cortine arancioni apparivano poco più che candele in una grande casa avvolta dalle fiamme. Le basse nubi riflettevano la colorazione del fiume che bruciava, ammantando il cielo di cangianti sfumature verdi, dotate di un fascino ipnotico e sinistro. “Quale terribile bellezza. Come fuoco di drago.” Tyrion si chiese se anche Aegon il Conquistatore avesse provato le stesse sensazioni sorvolando il Campo di Fuoco in groppa all’immenso drago Balerion, il Terrore nero.

I venti incandescenti gli gonfiarono la cappa, colpendo la sua faccia nuda. Ma Tyrion non distolse lo sguardo. Le grida di giubilo delle cappe dorate sulle mura gli arrivavano come un remoto mormorio. Non c’era giubilo in lui. Questa era solamente una mezza vittoria. “Non sarà sufficiente.”

Un’altra delle chiatte che aveva riempito dei malefici frutti di re Aerys veniva avviluppata dal famelico fuoco verde. Una nuova fontana di giada fiammeggiante eruttò dal fiume, il lampo dell’esplosione fu talmente vivido da costringerlo a ripararsi gli occhi con la mano. Sibilanti, scricchiolanti colonne di fuoco alte venti, trenta metri danzavano sull’acqua. Per alcuni momenti, il loro rombo coprì le urla degli uomini bruciati vivi. Ce n’erano a centinaia dispersi nella corrente, che venivano consumati dalla furia dell’altofuoco, o scomparivano sotto la superficie, mentre alcuni morivano simultaneamente per l’acqua e per il fuoco.

“Le senti le loro urla, Stannis? Li vedi che bruciano? Questa non è solo opera mia, è anche tua!” Da qualche parte nella brulicante massa di guerrieri sulla sponda sud del fiume delle Rapide nere, anche Stannis stava osservando, Tyrion ne era certo. Così come sapeva che non era mai stato assetato di battaglia come suo fratello Robert. Stannis preferiva comandare dalla retroguardia, con le truppe di riserva, proprio come faceva lord Tywin Lannister. Molto probabilmente, in quel momento era in sella a un cavallo da guerra, con una scintillante armatura, e la corona sul capo. “Una corona di oro rosso, a sentire Varys, con le punte a forma di fiamme.”

«Le mie navi!» La voce di Joffrey suonò incrinata quando echeggiò sul camminamento delle mura. Il re era protetto dalle fortificazioni, circondato dalle sue guardie. «La mia Chiglia del re sta bruciando. E anche la Regina Cersei, e la Uomo leale. Guardate… Laggiù c’è la Fiore del mare.»

Con la sua spada nuova indicò le fiamme verdi che arrivavano a lambire lo scafo dorato della Fiore del mare, risalendo lungo i remi. Il suo capitano aveva virato a monte… ma non abbastanza in fretta da evitare l’altofuoco.

Per la Fiore del mare era finita, Tyrion non si faceva illusioni. “Non c’era altro modo. Se non avessimo mandato loro incontro le nostre navi, Stannis avrebbe fiutato la trappola.” Una freccia poteva essere indirizzata verso un bersaglio, così come una lancia, e perfino una pietra scagliata con una catapulta; l’altofuoco, invece, aveva una sua volontà propria. Una volta scatenato, sfuggiva a qualsiasi controllo umano. «Non si può fare altrimenti» aveva avvertito Joffrey. «La nostra flotta è comunque destinata al disastro.»

Tyrion era troppo basso di statura per riuscire a vedere oltre le fortificazioni, così aveva detto ai suoi di sollevarlo sulla cima di un merlo. Ma perfino da là le fiamme, il fumo e il caos della battaglia rendevano impossibile capire che cosa stava accadendo sotto il castello. Non aveva importanza: Tyrion aveva immaginato la scena mille volte nella sua mente. Bronn che frusta i buoi e li fa muovere nel momento stesso in cui l’ammiraglia di Stannis supera la Fortezza Rossa. La catena, mostruosamente pesante, che comincia a tendersi tra i due torrioni contenenti i grandi argani, in un concerto di scricchiolii e lamenti metallici. Nel momento in cui il primo scintillio del metallo diventa visibile sotto la superficie, l’intera flotta dell’usurpatore è senz’altro ben oltre il punto critico. Gli anelli di ferro che emergono l’uno dopo l’altro, grondando acqua scura, fino a quando l’immane catena non è tutta alla luce del sole. Re Stannis Baratheon aveva portato la sua flotta a remi nell’estuario del fiume delle Rapide nere, ma certo non l’avrebbe mai riportata fuori.