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Sansa era orripilata: «Ma queste sono donne, disarmate, di nobili natali».

«Il loro stato nobiliare offre loro una certa protezione» convenne la regina. «Ma non quanto pensi tu. Ognuna di loro vale un buon riscatto, ma dopo la follia della battaglia, quello che i soldati sembrano volere è la carne più delle monete. Per quanto, uno scudo d’oro è sempre meglio di niente. Ma nelle strade, le donne non saranno trattate con pari grazia. Lo stesso vale per le nostre servette. Una creatura graziosa come la nuova cameriera di lady Tanda potrebbe avere una notte molto movimentata, e non pensare che le inferme, le vecchie e le brutte verranno risparmiate. La giusta dose di vino può fare apparire una lavandaia cieca o una fetida ragazza di porcile attraente quanto te, piccola mia.»

«Me?»

«Prova, Sansa… fa’ almeno lo sforzo di non squittire come un topo. Sei una donna adesso, ricordi? E anche la promessa sposa del mio primogenito.» La regina bevve un altro sorso di vino. «Ci fosse qualsiasi altro uomo fuori dalle porte di Approdo del Re, potrei sperare di sedurlo. Ma è con Stannis Baratheon che abbiamo a che fare. Mi sarebbe più facile sedurre il suo cavallo.» Notò l’espressione sul viso di Sansa e rise. «Ti ho forse sconvolto, mia lady?» Si protese verso di lei. «Piccola stupida. Le lacrime non sono l’unica arma di una donna. Tra le gambe ne hai un’altra, e ti suggerisco di imparare a usarla in fretta. Scoprirai che gli uomini usano le loro spade con estrema facilità… tutte e due le spade.»

Un nuovo ingresso dei due Kettleblack evitò a Sansa di rispondere. Ser Osmund e i suoi due fratelli erano diventati grandi favoriti a corte. Erano sempre pronti al sorriso e alla battuta, sempre in ottimi rapporti con tutti, dagli stallieri ai cacciatori, dagli scudieri ai cavalieri; ma era con le servette che intrattenevano i rapporti migliori, si chiacchierava. Di recente, ser Osmund aveva preso il posto di Sandor Clegane a fianco di Joffrey e, vicino al pozzo, Sansa aveva udito le donne dire che era forte quanto il Mastino, ma più giovane e più rapido. Se così era, Sansa non aveva potuto fare a meno di domandarsi perché, prima dell’investitura di ser Osmund alla Guardia reale, lei non avesse mai sentito parlare di questi Kettleblack.

Tutto sorrisi, Osney mise un ginocchio al suolo al cospetto della regina: «Le chiatte cariche di altofuoco sono esplose, Maestà. Le Rapide nere sono in fiamme. Stanno bruciando cento navi, forse di più».

«E mio figlio?»

«È alla Porta del Fango insieme al Primo Cavaliere e alla Guardia reale, Maestà. Ha parlato con gli arcieri sulle fortificazioni, e ha dato loro alcuni suggerimenti per il tiro con la balestra. Sono tutti d’accordo: è un ragazzo molto coraggioso.»

«Farà meglio a rimanere un ragazzo molto vivo.» Cersei si voltò verso Osfryd, l’altro fratello, più alto, più serio, dai neri baffi spioventi. «Sì?»

Sui fluenti capelli scuri, Osfryd indossava un mezzo elmo. La sua espressione era tetra. «Maestà» disse a bassa voce. «Le guardie hanno preso uno stalliere e due serve che cercavano di scappare dalla porta laterale del castello con tre cavalli del re.»

«I primi traditori di questa notte» disse la regina. «Non saranno gli ultimi, temo. Che se ne occupi ser Ilyn. Poi infilzate le loro teste su delle picche e mettetele fuori dalle stalle come monito.»

I due Kettleblack se ne andarono. La regina tornò a rivolgersi a Sansa.

«Un’altra lezione che farai bene a imparare, dovessi avere la buona sorte di sedere a fianco del mio ragazzo. A essere pietosa in una notte come questa ti ritroverai con traditori che spuntano fuori dappertutto come funghi dopo una notte di pioggia. C’è un solo modo per fare sì che quelli intorno a te ti siano fedeli: devono temere molto più te dei tuoi nemici.»

«Lo ricorderò, Maestà» disse Sansa, anche se aveva sempre sentito che era l’amore la via più diretta per ottenere la lealtà della gente, non la paura. “Se mai sarò una regina, farò in modo che tutti mi amino.”

All’insalata di frutta, seguì uno sformato di polpa di chele di granchio. Poi venne arrosto di montone con lenticchie e carote, servito in forme di pane tagliate a metà e svuotate. Lollys mangiò troppo in fretta, si sentì male e si vomitò addosso. Vomitò anche addosso a sua sorella. Lord Gyles tossì e bevve, tossì, bevve, e alla fine perse i sensi.

«Gli dei devono essere stati folli a concedere la virilità a un essere simile.» La regina ebbe uno sguardo di disgusto nel vederlo accasciato con la faccia nella forma di pane grondante carne e sugo, la mano abbandonata in una pozza di vino. «E io devo essere stata altrettanto folle a chiedere il suo rilascio.»

Osfryd Kettleblack riapparve, con la cappa porpora svolazzante: «Maestà, c’è gente che si sta radunando nella piazza. Chiedono di rifugiarsi nel castello. Non è popolino, sono ricchi mercanti e altra gente del genere».

«Ordinategli di fare ritorno alle loro case» disse la regina. «Se rifiutano di andare, che i nostri balestrieri ne uccidano qualcuno. Nessuna sortita. Per nessuna ragione voglio che le porte della Fortezza Rossa siano aperte.»

«Come tu comandi» Osfryd fece un inchino e si dileguò.

Il viso della regina era duro, ostile: «Quanto vorrei prendere una spada e andare di persona a tagliare qualche testa». Stava cominciando a parlare in modo strascicato. «Quando eravamo bambini, Jaime e io eravamo talmente uguali che nemmeno nostro padre riusciva a distinguerci. Certe volte, per giocare, ci scambiavamo i vestiti e passavamo l’intera giornata facendo finta di essere l’altro. Ma anche così, quando a Jaime venne data la sua prima spada, per me non ci fu nessuna spada. E a me che cosa date? Ricordo di aver chiesto. Eravamo talmente uguali, che non riuscivo a capire come fosse possibile che venissimo trattati in modo tanto diverso. Jaime imparò a combattere con la spada, la lancia e la mazza ferrata. A me insegnarono a sorridere, a cantare e a compiacere. Lui divenne l’erede di Castel Granito, io fui venduta a un estraneo come una giumenta, in modo che il mio nuovo proprietario potesse montarmi ogni volta che ne aveva voglia… Per poi mettermi da parte all’apparire di una puledra più giovane. A Jaime il potere e la gloria, a me il parto e l’oltraggio.»

«Ma tu sei la regina dei Sette Regni» disse Sansa.

«Quando la parola passa alle spade, una regina è solo una donna.» La coppa di Cersei era vuota, il paggio si mosse per riempirgliela di nuovo, ma lei la rovesciò sul tavolo e scosse il capo. «Basta così. Devo essere lucida.»

L’ultima portata era formaggio di capra servito con mele al forno. L’aroma della cannella aveva riempito la sala quando Osney Kettleblack riapparve, mettendosi ancora una volta in ginocchio davanti a loro.

«Maestà» mormorò. «Stannis ha fatto sbarcare degli uomini sul campo dei tornei, e altri ancora stanno attraversando il fiume. La Porta del Fango è sotto attacco, e c’è un ariete contro la Porta del Re. Il Folletto è uscito per respingerli.»

«Questo li riempirà senz’altro di terrore» ribatté seccamente la regina. «Non avrà portato anche Joff, mi auguro.»

«No, Maestà, il re si trova con mio fratello alle Tre Puttane, a scaraventare Uomini Cervo nel fiume.»

«Con la Porta del Fango sotto attacco? Pura follia. Di’ a ser Osmund che voglio mio figlio lontano da là. È troppo pericoloso. Riportatelo immediatamente al castello.»

«Il Folletto dice…»