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Di colpo, l’ombra bianca ondeggiò a sinistra andando a sbattere contro la murata. Il legno si spezzò e ser Mandon Moore scomparve con un urlo e un tonfo nell’acqua. Un momento dopo, i due relitti tornarono a cozzare, un urto talmente violento da far sussultare l’intera tolda. E adesso, qualcun altro era inginocchiato accanto a lui.

«Jaime?…» mormorò Tyrion, quasi soffocato dal sangue che gli dilagava in bocca. Chi altri avrebbe potuto venire a salvarlo se non suo fratello?

«Cerca di non muoverti, mio lord. Sei gravemente ferito.» “La voce di un ragazzo” pensò Tyrion. “Ma non ha senso.” Sembrava la voce di Podrick.

SANSA

Quando ser Lancel Lannister venne ad annunciare che la battaglia era perduta, la regina si limitò a rigirarsi la coppa vuota tra le dita.

«Riferisci a mio fratello, cavaliere.» La voce di Cersei Lannister era distante, come se tutto quello che stava accadendo fosse per lei di ben scarso interesse.

«Quasi certamente tuo fratello è morto.» La tunica di ser Lancel era intrisa del sangue che continuava a colargli da un braccio. Quando era apparso nella sala, al solo vederlo alcune ospiti avevano cominciato a urlare. «Probabilmente si trovava sul ponte formato dai relitti quando questo ha ceduto. Anche ser Mandon deve essere morto, e nessuno riesce a trovare il Mastino. Gli dei siano dannati, Cersei, perché hai fatto riportare Joffrey al castello? Le cappe dorate gettano via le lance e si danno alla fuga, a centinaia. Quando hanno visto il re che se ne andava, hanno perduto coraggio. Tutto il fiume delle Rapide nere è invaso da relitti, fuoco e cadaveri, eppure saremmo stati in grado di resistere se solo…»

Osney Kettleblack gli passò davanti: «Maestà, ora si combatte su entrambe le sponde. Sembra che alcuni cavalieri di Stannis si stanno dando battaglia gli uni contro gli altri, impossibile dire per certo, è tutta una confusione laggiù. Il Mastino è scomparso, nessuno sa dove. Ser Balon si è ritirato dentro le mura della città. La riva del fiume è in mano al nemico. Stanno di nuovo cercando di sfondare la Porta del Re. Ser Lancel ha ragione: i tuoi uomini disertano le mura e uccidono i loro ufficiali. Alla Porta di Ferro e alla Porta degli Dei folle inferocite lottano per uscire. Il Fondo delle Pulci è tutto un tumulto di ubriachi.»

“Dei misericordiosi” pensò Sansa. “Sta veramente accadendo. Joffrey ha perso la sua testa… e io con lui.” Andò con lo sguardo alla ricerca di ser Ilyn, ma la Giustiza del re non era in vista. “Posso percepirlo, però. È vicino e io non riuscirò a sfuggirgli; mi taglierà la testa.”

Stranamente calma, la regina si girò verso Osfryd Kettleblack: «Sollevate il ponte levatoio e sbarrate le porte. Che nessuno entri o esca dal Fortino di Maegor senza il mio permesso».

«E le donne che sono andate a pregare al tempio?»

«Hanno scelto di lasciare la mia protezione. Che vadano pure avanti a pregare, forse ci penseranno gli dei a difenderle. Dov’è mio figlio?»

«Al corpo di guardia. Voleva comandare i balestrieri. C’è una folla che urla sotto le mura, metà di loro sono cappe dorate venute con il re quando ha lasciato la Porta del Fango.»

«Portate Joffrey all’interno del Fortino di Maegor. Subito.»

«No!» ser Lancel era talmente inferocito da dimenticarsi di parlare a bassa voce. Parecchie teste si voltarono. «Sarà di nuovo come alla Porta del Fango. Lascia che rimanga dov’è… lui è il re

«È mio figlio.» Cersei Lannister si alzò in piedi. «E tu, caro cugino, dici di essere un Lannister. Per cui: da’ prova di esserlo. Osfryd, che cosa ci fai ancora qui? Subito vuole dire oggi.»

Osfryd Kettleblack uscì di corsa dalla sala, seguito dal fratello. Anche molti ospiti si precipitarono fuori. Alcune donne piangevano, altre pregavano. Altri ospiti, ancora, invece si limitarono a rimanere seduti ai loro posti, chiedendo che venisse portato altro vino.

«Cersei» ser Lancel stava quasi implorando. «Se il castello cade, Joffrey sarà comunque ucciso, tu questo lo sai. Lascia che resti sulle mura della Fortezza Rossa. Lo terrò vicino a me, ti giuro che…»

«Togliti dai piedi!» Cersei lo schiaffeggiò sulla ferita. Il giovane cavaliere urlò di dolore e quasi svenne mentre la regina lasciava la sala. Nel farlo, nemmeno degnò Sansa di un’occhiata. “Mi ha dimenticato. Ser Ilyn mi ucciderà e lei neppure ci penserà.”

«Oh, dei» si lamentò una donna anziana. «Siamo perduti, la battaglia è perduta, la regina sta fuggendo.» Molti bambini erano in lacrime. “Fiutano la paura.” Sansa si ritrovò sola sulla piattaforma reale. E adesso? Rimanere là, oppure correre dietro alla regina e implorarla di risparmiarle la vita?

Non seppe mai che cosa la spinse ad alzarsi in piedi, ma si alzò: «Non abbiate paura» disse a tutti loro a voce alta. «La regina ha fatto alzare il ponte levatoio. E il Fortino di Maegor è il posto più sicuro della città. Mura spesse, il fossato asciutto, i rostri…»

«Ma che cos’è successo?» domandò una donna che lei conosceva di vista, la moglie di un nobile minore. «Che cosa le ha detto Osney? Il re è forse ferito? La città è caduta?»

«Parla!» gridò qualcun altro. Una donna volle sapere del padre, un’altra del figlio.

Sansa sollevò entrambe le mani, chiedendo silenzio: «Joffrey è rientrato al castello. Non è ferito. Stanno ancora combattendo, è tutto quello che so. Stanno combattendo valorosamente. La regina tornerà presto». L’ultima era una menzogna, ma doveva dire loro qualcosa per calmarli. Vide i giullari sotto il porticato. «Ragazzo di luna, facci divertire.»

Ragazzo di luna fece una piroetta, volteggiando sopra uno dei tavoli. Afferrò quattro coppe di vino e cominciò a farle vorticare in aria. Di tanto in tanto, una cadeva a rimbalzargli sul cranio. Nella sala echeggiò qualche risata nervosa. Sansa andò a inginocchiarsi accanto a ser Lancel. Dove la regina lo aveva colpito, la ferita si era riaperta, facendo sgorgare altro sangue.

«Follia» gorgogliò Lancel. «Per gli dei, il Folletto aveva ragione, aveva ragione…»

«Aiutatelo» comandò Sansa a due servi. Uno si limitò a guardarla, e poi scappò con la caraffa di vino e tutto. Anche altri servi scapparono, ma lei non poteva farci niente. Insieme, Sansa e il servitore rimasto riuscirono a rimettere in piedi il giovane cavaliere ferito. «Portalo da maestro Frenken.»

Lancel era uno di loro, eppure Sansa non riusciva proprio a volerlo morto. “Sono molle, sono debole, sono stupida, proprio come dice sempre Joffrey. Dovrei ucciderlo, non aiutarlo.”

Le torce stavano cominciando a fare meno luce, una o due si erano già spente. Nessuno si prese la briga di sostituirle. Cersei non tornò. Ser Dontos salì sulla piattaforma mentre gli occhi di tutti erano sull’altro giullare.

«Torna nelle tue stanze, mia dolce Jonquil» le bisbigliò. «Chiuditi dentro, sarai più al sicuro là. Verrò da te quando la battaglia sarà finita.»

“Qualcuno verrà a cercarmi” Sansa ne era certa. “Ma sarai tu… o ser Ilyn?” Per un folle momento, pensò di chiedere a ser Dontos di difenderla. Anche lui era stato un cavaliere, addestrato all’uso della spada, e aveva giurato di difendere i deboli. “No. Non ha il coraggio, né le capacità. Non otterrei altro risultato che farlo uccidere.”

Dovette ricorrere a tutte le proprie forze per allontanarsi senza fretta dalla Sala da Ballo della regina quando l’unica cosa che voleva fare era correre via. Ma quando raggiunse i gradini di pietra della torre, si mise veramente a correre, su e su per la scala a chiocciola, ritrovandosi senza fiato e con la testa che le girava. Una guardia la travolse sulle scale. Dal mantello porpora, in cui li aveva avvolti, caddero fuori un paio di candelabri d’argento e una coppa tempestata di pietre preziose. Gli oggetti rotolarono giù per i gradini in una cacofonia di echi metallici. L’uomo rincorse il suo bottino, senza prestare a Sansa la minima attenzione: aveva capito che non intendeva portargli via il bottino.