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A est era apparso il primo, debole chiarore dell’alba. Ora, anche le campane della Fortezza Rossa stavano suonando, mescolandosi con il fiume di suoni che fluiva dalle sette torri di cristallo del Grande Tempio di Baelor. Anche quando re Robert era morto le campane avevano suonato a distesa, ma queste non erano dolorose note di morte. No, erano tonanti rintocchi di gioia. Anche la gente si era messa a gridare nelle strade, ed erano senz’altro delle ovazioni.

Fu ser Dontos a venire a portarle la notizia. Entrò barcollando dalla sua porta rimasta aperta, la strinse nelle sue braccia flaccide, la fece girare per la stanza berciando in modo talmente incoerente che Sansa non capì una sola parola di quello che disse. Era senza fiato e in preda alle vertigini quando lui finalmente la lasciò andare.

«Che cosa c’è?» Sansa si appoggiò a una delle colonne del letto. «Che cos’è successo? Parla!»

«È fatta! Fatta! Fatta! La città è salva. Lord Stannis è morto, lord Stannis è fuggito, nessuno lo sa, a nessuno importa. Il suo esercito è stato vinto, il pericolo è scampato. Distrutto, disperso o disertato, dicono. Oh, gli splendidi vessilli! I vessilli, Jonquil, i vessilli! Non hai del vino? Dobbiamo brindare a questa giornata. Sì, perché vuol dire che tu sei salva, capisci?»

«Dimmi che cosa è successo!» Sansa lo scosse per le spalle.

Ser Dontos rise, saltellando da un piede all’altro. Per poco, non cadde. «Sono venuti su dalle ceneri mentre il fiume bruciava. Il fiume, Stannis era affondato nel fiume fino al collo, e loro lo hanno preso alle spalle. Ah, se fossi ancora un cavaliere, se avessi potuto essere con loro! I suoi stessi uomini quasi non hanno combattuto, dicono. Alcuni sono fuggiti, altri hanno disertato, compiendo atto di sottomissione, inneggiando a lord Renly! Che cosa avrà pensato Stannis nell’udire una cosa simile? Me lo ha detto Osney Kettleblack, cui lo ha detto ser Osmund, ma adesso ser Balon è tornato, e anche i suoi uomini, e anche le cappe dorate. Siamo salvi, tesoro! Sono venuti su dalla strada delle rose e lungo la riva del nume, attraversando i campi che Stannis aveva incendiato, le ceneri che si levavano attorno ai loro stivali, facendo diventare le loro armature tutte grigie, ma… Oh! I vessilli devono essere stati splendenti comunque, la rosa dorata e il leone dorato e tutti gli altri, l’albero dei Marbrand e i Rowan, i cacciatori dei Tarly e l’uva dei Redwyne e la foglia di quercia di lady Oakheart! E tutti gli uomini dell’ovest, tutta la forza di Alto Giardino e di Castel Granito! Lord Tywin. in persona aveva l’ala destra, sulla sponda nord del fiume, con Randyll Tarly al comando del centro e Mace Tyrell sul fianco sinistro. Ma a vincere è stata l’avanguardia! Hanno sfondato Stannis come una lancia dentro una zucca, ognuno di loro urlava come un demone d’acciaio. E lo sai chi guidava l’avanguardia? Lo sai? Lo sai? Lo sai?…»

«Robb?» era troppo per una simile speranza, ma…

«Lord Renly! Lord Renly nella sua armatura verde, con le fiamme che brillavano nelle sue corna dorate! Lord Renly con la sua lunga picca in pugno! Dicono che abbia ucciso ser Guyard Morrigen in singolar tenzone, e anche un’altra dozzina di grandi cavalieri. Era Renly, Renly, Renly! Oh! Cara Sansa, i vessilli! Oh! Essere di nuovo un cavaliere!…»

DAENERYS

Stava facendo colazione con una coppa di zuppa di scampi freschi e kaki quando Irri le presentò un abito nella foggia di Qarth, una specie di nuvola di lino color avorio con ricami di semi di perla.

«Portala via» ordinò Daenerys. «I moli non sono un luogo adatto alle raffinatezze da signora.»

Visto che gli Uomini di Latte la consideravano una selvaggia, come tale si sarebbe vestita. Quando andò alle stalle, indossava stinti pantaloni di seta cruda e sandali di vimini intrecciato. Sotto il gilè dipinto dothraki, i suoi seni piccoli si muovevano liberamente. Alla cintura a medaglioni, era appesa una daga con la lama ricurva. Jhiqui le aveva acconciato i capelli secondo lo stile dothraki, sistemando una campanella d’argento alla fine dell’unica treccia.

«Non ho vinto alcun duello» cercò di dire Daenerys all’ancella, quando la campanella emise un sommesso tintinnio.

«Hai bruciato i maegi nella loro casa di polvere e hai fatto sprofondare i loro spiriti negli inferi» ribatté Jhiqui.

“È stata una vittoria di Drogon, non mia” avrebbe voluto dirle Dany, invece tenne la bocca chiusa. La sua considerazione tra i dothraki avrebbe solo potuto accrescersi se nei suoi capelli avessero cominciato ad apparire le campanelle. I tintinnii si ripeterono quando lei montò in sella alla sua puledra argentea, e continuarono a ogni falcata, ma né ser Jorah né i suoi cavalieri di sangue fecero alcun commento. Per montare la guardia alla sua gente e ai suoi draghi, Dany aveva scelto Rakharo. Jhogo e Aggo sarebbero venuti con lei al porto.

Si lasciarono alle spalle i palazzi di marmo e i profumati giardini, e avanzarono nella parte più povera della città, dove case modeste costruite in mattoni rivolgevano alla strada i loro muri privi di finestre. C’erano pochi cavalli e cammelli in circolazione, e ancora meno palanchini. In compenso, le strade erano zeppe di bambini, mendicanti e cani macilenti del colore della sabbia. Uomini pallidi con indosso impolverate camicie di lino rimasero all’ombra di porte ad arco, guardandoli passare. “Sanno chi sono, e non provano amore per me.” Dany poteva dirlo dalle occhiate che le venivano lanciate.

Ser Jorah avrebbe preferito trasportarla in un palanchino, al sicuro dietro spesse tende, ma lei aveva rifiutato. Si era abbandonata troppe volte su cuscini di satin, portata avanti e indietro dai buoi. Stando in sella, Dany sentiva perlomeno che stava andando da qualche parte.

Scendere al porto non era stata una sua scelta. In realtà, stava nuovamente fuggendo. Sembrava che tutta la sua esistenza non fosse altro che un’unica, interminabile fuga. Era cominciata con l’evasione dal grembo di sua madre e da quel momento in poi non si era più fermata. Quante volte lei e Viserys si erano dileguati in piena notte, appena un passo avanti le lame assassine dell’Usurpatore? Si trattava di scegliere tra la fuga e la morte. Xaro aveva scoperto che Pyat Pree stava raccogliendo gli stregoni superstiti per creare un sortilegio contro di lei.

Quando lui glielo aveva riferito, Dany aveva riso. «Ma non sei stato forse tu a dirmi che gli stregoni non sono altro che vecchi soldati, che si vantano a vuoto di imprese dimenticate e di abilità ormai perdute?»

«Questo era prima» Xaro Xhoan Daxos era apparso a disagio. «Ma adesso? Corre voce che candele di vetro brucino nella casa di Urrathon il Vagabondo della notte, qualcosa che non accadeva da cento anni. Erba fantasma cresce nel Giardino di Gehane, tartarughe ombra sono state viste trasportare messaggi alle case prive di finestre sulla Strada degli Stregoni e tutti i ratti della città si stanno divorando le loro code. La moglie di Mathos Mallarawan, che una volta aveva deriso la tunica smangiata dalle tarme di uno stregone, è impazzita e non indossa più vestiti. Perfino sete appena lavate le danno l’impressione che migliaia d’insetti le striscino sulla pelle. E Sybassion il Cieco, il Mangiatore d’occhi, ora ha riacquistato la vista, o così spergiurano i suoi schiavi. C’è di che porsi delle domande» il principe mercante aveva sospirato. «Questi sono tempi strani per Qarth. E i tempi strani danneggiano il commercio. Mi addolora dirlo, ma forse sarebbe bene che tu lasciassi Qarth una volta per tutte.» Xaro le aveva accarezzato le dita con fare rassicurante. «Ma non è necessario che tu vada da sola. Hai visto cose oscure nel Palazzo di Polvere, Xaro però ha fatto sogni molto più luminosi. Ti ho vista felice sdraiata a letto, con il nostro bimbo al seno. Naviga con me per il mare di Giada, e facciamo sì che quel sogno si possa realizzare! Non è troppo tardi. Dammi un figlio, mio dolce canto di gioia!»