“Dammi uno dei tuoi draghi, vorrai dire.” «Io non ti sposerò, Xaro.»
Questa risposta aveva raggelato la sua espressione: «E allora va’».
«Ma dove?»
«Molto lontano da qui.»
Ebbene, forse era davvero tempo che lei lo facesse. La gente del suo khalasar aveva apprezzato la possibilità di riaversi dalla terribile prova affrontata nella desolazione rossa. Ma ora che erano di nuovo grassi e ben pasciuti, stavano cominciando a diventare inquieti. I dothraki non erano avvezzi a fermarsi a lungo nello stesso posto. Erano un popolo di guerrieri e le città non facevano per loro. Forse, sedotta dagli agi e dalle bellezze, lei stessa era rimasta troppo a lungo a Qarth. Era una città che prometteva sempre più di quanto desse, le sembrava. E dopo che la Casa degli Eterni era crollata in un vortice di fiamme e fumo, Dany non era più la benvenuta. Dalla sera alla mattina, gli abitanti di Qarth si erano ricordati che i draghi erano pericolosi. Avevano smesso di farle regali. La confraternita della Tormalina ora chiedeva apertamente la sua espulsione, e l’Antico Ordine degli Speziali voleva addirittura che lei fosse messa a morte. Perfino Xaro era ormai a corto di argomenti per convincere i Tredici a dissociarsi dal coro ostile.
“Ma dove andrò?” Ser Jorah proponeva di inoltrarsi ancora più a est, allontanandosi dai suoi nemici nei Sette Regni. I cavalieri di sangue avrebbero preferito fare ritorno al mare d’erba, anche se questo significava affrontare di nuovo la desolazione rossa. Daenerys stessa aveva accarezzato l’idea di soggiornare a Vaes Tolorro, la città delle ossa, fino a quando i suoi draghi non fossero diventati grandi e forti. Ma il suo cuore era pieno di dubbi. Ognuna di queste alternative le sembrava in qualche modo sbagliata… E anche quando avesse deciso dove andare, la domanda del come arrivarci rimaneva priva di risposta.
Xaro Xhoan Daxos non intendeva aiutarla, di questo lei era consapevole. A dispetto di tutte le sue profferte di devozione, anche lui perseguiva i suoi scopi, non troppo diversamente da Pyat Pree. La notte in cui lui, alla fine, era arrivato a chiederle di lasciare la sua magione, Dany aveva implorato un ultimo favore.
«Un esercito, non è vero?» aveva detto Xaro. «Una pentola d’oro? O forse una galea?»
Dany era arrossita. Odiava implorare. «Una nave, sì.»
Gli occhi di Xaro avevano brillato come i gioielli che portava al naso: «Io sono un mercante, khaleesi. Quindi, forse dovremmo smettere di parlare di elargizioni e cominciare a discutere di baratto. In cambio di uno dei tuoi draghi, potrai avere le dieci migliori navi della mia flotta. Basta un’unica, dolce tua parola. Non dovrai fare altro».
«No.»
«Ahimè» si era accasciato Xaro. «Non era quella la parola che intendevo.»
«Chiederesti a una madre di vendere uno dei propri figli?»
«E perché no? La madre può sempre farne un altro. Inoltre, accade ogni giorno che le madri vendano i propri figli.»
«Non la Madre dei draghi.»
«Nemmeno per venti navi?»
«Nemmeno per cento navi.»
«Non ne ho cento» la bocca di Xaro si era incurvata all’ingiù. «Tu però hai tre draghi. Dammene uno, in cambio di tutte le mie gentilezze. Ne avrai ancora due, e anche trenta navi.»
Trenta navi le avrebbero consentito di far sbarcare un piccolo esercito d’invasione sulle sponde del Continente Occidentale. “Un piccolo esercito che io però non ho.” «Quante navi possiedi, Xaro?»
«Ottantatré, senza contare il mio scafo da diporto.»
«E i tuoi colleghi dei Tredici?»
«Tra tutti, forse un migliaio.»
«E gli Speziali e la confraternita della Tormalina?»
«Le loro squallide flotte non contano.»
«Fa lo stesso» aveva insistito Daenerys. «Dimmi quante sono.»
«Milleduecento, milletrecento per gli Speziali. Non più di ottocento per la confraternita.»
«E che mi dici delle flotte di Asshai, di Braavos, delle isole dell’Estate, di Ibben, delle flotte di tutti gli altri popoli che navigano per il grande mare salato… Quante saranno tutte queste navi messe insieme?»
«Molte e molte di più» aveva risposto Xaro, chiaramente irritato. «Che importanza ha?»
«Sto cercando di stabilire un prezzo per uno degli unici tre draghi viventi al mondo» rispose Daenerys sorridendo amabilmente. «Direi che un terzo di tutte le navi esistenti al mondo siano un giusto prezzo, non trovi anche tu?»
Lacrime erano scivolate lungo le gote di Xaro, ruscellando su ambo i lati del suo naso tempestato di gioielli. «Non ti avevo forse avvertito di non entrare nel Palazzo di Polvere? Ed è proprio questo che temevo. I sussurri degli stregoni ti hanno resa folle quanto la moglie di Mallarawan. Un terzo delle navi al mondo? Pah! Dico io… Pah! Pah!»
Dopo quella discussione, Dany non lo aveva più rivisto. Un suo valletto le aveva recapitato alcuni messaggi, sempre più freddi. Lei doveva andarsene da casa sua. Xaro Xhoan Daxos aveva finito di nutrire lei e la sua gente. Domandò che gli fossero restituiti i regali, secondo lui accettati in malafede. Dany ebbe un’unica consolazione: per lo meno aveva avuto il buonsenso di non sposarlo.
“Gli stregoni hanno sussurrato di tre tradimenti… uno per il sangue, uno per l’oro e uno per l’amore.” Il primo traditore era certo Mirri Maz Duur, la quale aveva assassinato khal Drogo e il loro figlio mai nato per vendicare la distruzione del suo popolo. Che Pyat Pree e Xaro Xhoan Daxos potessero essere il secondo e il terzo traditore? Daenerys non lo credeva. Pyat non aveva agito per l’oro, e Xaro non l’aveva mai realmente amata.
Le strade si svuotarono sempre più quando attraversarono un quartiere occupato da tetri magazzini di pietra. Aggo la precedette e Jhogo si mise di retroguardia, mentre ser Jorah Mormont le cavalcava al fianco. Accompagnato dal tintinnio della campanella appesa alla treccia, il pensiero di Daenerys tornò nuovamente al Palazzo di Polvere, nello stesso modo insistente in cui la lingua torna allo spazio vuoto lasciato da un dente mancante. “Figlia di tre” l’avevano chiamata “figlia della morte, sterminatrice della menzogna, sposa del fuoco.” Così tanti tre. Tre fuochi, tre destrieri da cavalcare, tre tradimenti.
«Il drago ha tre teste» disse con un sospiro. «Tu sai che cosa ciò significhi, ser Jorah?»
«Maestà? L’emblema della Casa Targaryen è un drago con tre teste, rosso su sfondo nero.»
«Lo so, questo. Ma non esistono draghi con tre teste.»
«Le tre teste erano Aegon e le sue sorelle.»
«Visenya e Rhaenys» ricordò Dany. «Io sono una discendente di Aegon e Rhaenys attraverso loro figlio Aenys e loro nipote Jaehaerys.»
«Solo menzogne escono dalle labbra blu, non è forse questo che ti ha detto Xaro? Perché ti preoccupi di ciò che hanno bisbigliato gli stregoni? Tutto quello che volevano era risucchiarti la vita, lo sai.»
«Forse» disse Daenerys con riluttanza. «Eppure, le cose che ho visto…»
«Un uomo morto sulla prora di una nave, una rosa blu, un banchetto di sangue… Quale può essere il senso di queste cose, khaleesi? Il drago di un guitto, hai detto. E io ti chiedo, che cosa è un drago di un guitto?»
«Un drago di stoffa su pali di legno» spiegò Dany. «I guitti li usano nelle loro rappresentazioni, dando agli eroi qualcosa contro cui combattere.»
Ser Jorah corrugò la fronte.
Dany non poteva lasciar perdere: «“Suo è il canto del ghiaccio e del fuoco” ha detto mio fratello. Sono certa che fosse mio fratello. Ma non Viserys… Rhaegar. Aveva un’arpa con corde d’argento.»
«Il principe Rhaegar in effetti suonava un’arpa come quella.» Ser Jorah corrugò ancora di più la fronte, tanto che le sue folte sopracciglia si riunirono. «E tu lo hai visto?»