Выбрать главу

«Da Meereen sono stato venduto a Qohor, e da là a Pentos, all’uomo grasso con il puzzo dolce nei capelli. È luì che manda Belwas il Forte attraverso il mare, e il vecchio Barbabianca a servirlo.»

“L’uomo grasso con il puzzo dolce nei capelli…”

«Illyrio?» chiese Daenerys. «È magistro Illyrio che vi manda?»

«È così, Maestà» confermò il vecchio Barbabianca. «Il magistro invoca la tua gentile indulgenza per aver mandato noi in sua vece, ma non è più in grado di stare in sella come faceva nella sua gioventù, e i viaggi per mare alterano la sua digestione.» Aveva cominciato a parlare nel valyriano delle Città Libere, ma a quel punto passò alla lingua comune. «Sono dolente di averti causato allarme. A dire il vero, non eravamo sicuri. Ci aspettavamo qualcuno più… più…»

«Regale?» Dany rise. Non c’erano draghi con lei, e il suo abbigliamento non era certo quello di una regina. «Tu parli anche la lingua comune, Arstan. Sei del Continente Occidentale?»

«Sì. Sono nato nelle Terre Basse di Dorne, Maestà. Da ragazzo, servii come scudiero alla corte di lord Swann» sollevò il suo bastone come una lancia cui manca il vessillo. «Ora servo come scudiero di Belwas.»

«Un po’ vecchio per questo, non trovi?» ser Jorah si era spostato a fianco di Dany, tenendo il piatto di bronzo goffamente sottobraccio. L’urto contro il duro cranio di Belwas lo aveva notevolmente ammaccato.

«Non poi così vecchio, lord Mormont»

«Conosci anche me?»

«Ti ho visto combattere, una volta o due. A Lannisport per poco non fosti disarcionato dallo Sterminatore di re. E anche a Pyke. Tu non rammenti, lord Mormont?»

«La tua è una faccia nota» ser Jorah corrugò la fronte. «Ma c’erano centinaia di persone a Lannisport e migliaia a Pyke. E poi non sono un lord. L’isola dell’Orso mi è stata portata via. Sono però un cavaliere.»

«Un cavaliere della Guardia della regina» Dany lo prese per un braccio. «Mio buon amico e valido consigliere.» Scrutò il volto di Arstan. C’era una grande dignità in lui, e una quieta forza che le piacque. «Alzati, Arstan Barbabianca. E tu sii il benvenuto, Belwas il Forte. Ser Jorah lo conoscete. Ko Aggo e ko Jhogo sono sangue del mio sangue. Hanno attraversato con me la desolazione rossa e hanno visto nascere i miei draghi.»

«Ragazzi del Cavallo» Belwas ebbe un sogghigno sdentato. «Belwas ha ucciso molti Ragazzi del Cavallo, nelle fosse da combattimento. Loro tintinnano quando muoiono.»

«Non ho mai ucciso un grasso uomo marrone» l’arakh di Aggo gli volò in mano. «Belwas sarà il primo.»

«Rinfodera il tuo acciaio, sangue del mio sangue» disse Dany. «Quest’uomo viene per servirmi. Belwas, tu porterai rispetto alla mia gente. Altrimenti, lascerai il mio servizio ben prima di quanto ti aspetteresti, e con più cicatrici di quelle che hai.»

Il sorriso sdentato svanì dall’ampia faccia del gigante marrone, sostituito da un corruccio di confusione. Non accadeva spesso che qualcuno minacciasse Belwas il Forte, men che meno una ragazzina di un terzo della sua stazza.

Dany gli sorrise, addolcendo parte del rimprovero. «Ora, dimmi: che cosa vuole da me magistro Illyrio, per avervi mandato fino a qui da Pentos?»

«Vuole i draghi» replicò Belwas senza tante cerimonie. «E la ragazza che li fa. Vuole te.»

«Belwas dice il vero, Maestà» s’inserì Arstan. «Ci è stato detto di trovarti e di riportati a Pentos. I Sette Regni hanno bisogno di te. Robert l’Usurpatore è morto, e il reame sanguina. Quando abbiamo salpato da Pentos, c’erano quattro re sul territorio, ma nessuna giustizia.»

Daenerys sentì la gioia nascerle nel cuore, una gioia che tenne ben lontano dalla sua espressione: «Ho tre draghi» disse. «E più di cento persone nel mio khalasar, con tutti i loro averi e i loro cavalli.»

«Non importa» tuonò Belwas. «Li prendiamo tutti. L’uomo grasso assolda tre navi per la sua piccola regina dai capelli d’argento.»

«È così, Maestà» confermò Arstan Barbabianca. «Il grande cargo Saduleon è ormeggiato alla fine del molo, e le galee Sole d’estate e Scherzo di Joso sono ancorate oltre la linea frangiflutti.»

“Tre teste ha il drago” pensò Dany, la cui mente era piena di domande. «Dirò alla mia gente di prepararsi a partire immediatamente. Ma le navi che mi riporteranno a casa dovranno avere nomi diversi.»

«Come desideri» disse Arstan. «E quali sono i nomi che preferisci?»

«Vhagar, Meraxes… e Balerion» disse Daenerys Targaryen. «Fa’ dipingere questi nomi sugli scafi con lettere alte un metro, Arstan. Voglio che tutti gli uomini sappiano che i draghi stanno tornando.»

ARYA

Le teste mozzate erano state immerse nella pece, in modo da rallentarne la putrefazione. Ogni mattina, andando al pozzo a prendere acqua fresca per il bacile di Roose Bolton, Arya era costretta a passare sotto di esse. Erano rivolte verso l’esterno, per cui non vedeva le facce, ma le piaceva fare finta che una fosse quella di Joffrey. Cercò d’immaginarsi che aspetto avrebbe avuto il suo bel faccino tutto coperto di pece nera. “Se fossi un corvo, volerei giù a beccargli via quelle stupide labbra carnose.”

Alle teste mozzate raramente mancava compagnia. Corvi famelici sorvolavano il corpo di guardia, gracchiando incessanti, contendendosi ogni occhio, litigando gli uni contro gli altri e tornando a levarsi in volo quando una sentinella passava di ronda lungo le fortificazioni. Certe volte, anche i corvi messaggeri del maestro si univano a loro, planando dall’uccelliera sulle loro grandi ali nere. E quando loro arrivavano, i beccamorti si disperdevano, tornando solo dopo che gli uccelli più grossi se ne erano andati.

“Si ricorderanno di maestro Tothmure, i corvi messaggeri?” si chiese Arya. “Sono tristi, per lui? Quando gracchiano, si domanderanno come mai lui non risponde?” Forse, i morti riuscivano a comunicare con i corvi in qualche lingua ignota che i vivi non potevano capire.

Una delle teste sulle mura era quella di Tothmure, decapitato per aver inviato uccelli a Castel Granito e ad Approdo del Re la notte in cui la fortezza di Harrenhal era caduta. Lucan, il mastro armiere, era stato decapitato per aver forgiato lame per i Lannister e comare Harra per aver ordinato alla servitù di lady Whent di servire i nuovi padroni. Anche l’attendente era stato giustiziato, per aver consegnato a lord Tywin le chiavi della cripta del tesoro.

Il cuoco era stato risparmiato, ma solo, dicevano alcuni, perché aveva cucinato la zuppa di donnola. In compenso, gogne erano state inchiodate per Pia, la graziosa ragazza delle cucine, e per le altre donne che avevano concesso i loro favori agli armati dei Lannister. Denudate e rasate a zero, le femmine erano state lasciate nel cortile centrale, vicino alla fossa dell’orso, a disposizione di tutti gli uomini di lord Bolton.

Quella mattina, quando Arya andò al pozzo, tre armigeri Frey le stavano usando. Cercò di non guardare, ma le fu impossibile non udire le risate dei soldati. Una volta pieno, il secchio era molto pesante. Arya si voltò e cominciò a trasportarlo verso la Torre del Rogo del Re. Comare Amabel spuntata dal nulla l’afferrò brutalmente per un braccio. Metà dell’acqua nel secchio le si riversò sulle gambe.

«Lo hai fatto apposta!» gridò la megera.

«Che cosa vuoi?» Arya cercò di liberarsi dalla stretta. Era da quando avevano tagliato la testa ad Harra che Amabel era come impazzita.

«Vedi là?» sollevò il dito teso verso l’altra parte del cortile, indicando Pia legata alla gogna. «Quando quell’uomo del Nord cadrà, ci sarai tu al posto di Pia.»

«Lasciami andare!» di nuovo, Arya cercò di divincolarsi. Niente da fare, la vecchia la trattenne con forza ancora maggiore.