«E tu non sai quanto io sono veloce.»
«Ci tieni proprio a prenderle, Arry?» Il Toro sfoderò la spada lunga che era appartenuta a Praed. «Questo è acciaio da poco, ma è una vera spada.»
Arya sguainò Ago: «Questo invece è ottimo acciaio, per cui la mia spada è più vera della tua».
Il Toro scosse il capo: «Prometti di non piangere se ti ferisco?».
«Lo prometto se lo prometti anche tu.» Arya si mise di tre quarti, assumendo la posizione dei danzatori dell’acqua. Il Toro non si mosse. Il suo sguardo era fisso su qualcosa alle spalle di lei.
«Che succede?»
«Cappe dorate.» La faccia del ragazzo si era tramutata in una maschera di tensione.
“No, non può essere…” Arya guardò alle proprie spalle: avanzavano lungo la strada del Re, sei cavalieri con i mantelli dorati e le cotte di maglia di ferro nero della Guardia cittadina di Approdo del Re. Uno era un ufficiale e indossava una corazza smaltata di nero con quattro dischi d’oro. Vennero a fermarsi di fronte alla locanda. “Guarda con gli occhi” sembrò sussurrarle la voce di Syrio. E i suoi occhi videro le tracce di schiuma biancastra sotto le selle: quegli uomini avevano cavalcato a lungo e di gran lena. Quieta come acqua stagnante, prese il Toro per un braccio e lo trascinò dietro un’alta siepe fiorita.
«Ma che fai?» Il Toro non capiva. «Lasciami andare.»
«Silenzioso come un’ombra» sussurrò Arya, costringendolo ad accovacciarsi.
Alcuni dei membri della carovana stavano ancora facendo la fila davanti al capanno dei bagni, aspettando il loro turno.
«Ehi, voi!» gridò loro una delle cappe dorate. «Siete voi che state andando a unirvi ai Guardiani della notte?»
«Può darsi» rispose cautamente qualcuno.
«Preferiremmo entrare nella Guardia cittadina» disse il vecchio Reysen. «Ci hanno detto che fa freddo sulla Barriera.»
L’ufficiale delle cappe dorate smontò di sella: «Abbiamo l’ordine di scovare un certo ragazzo…».
«Davvero?» Yoren emerse dalla locanda, accarezzandosi la barba nera sudicia. «E chi è che lo vuole, questo ragazzo?»
Anche le altre cappe dorate smontarono, rimanendo accanto ai loro cavalli.
«Ma perché ci nascondiamo?» bisbigliò il Toro.
«È me che vogliono» sussurrò Arya in risposta. L’orecchio di lui profumava di sapone. «Ora sta’ zitto.»
«La regina lo vuole, vecchio. E comunque questo non ti riguarda.» L’ufficiale estrasse dalla cintola una pergamena arrotolata. «Ecco l’ordinanza con il sigillo di sua maestà.»
Dietro il cespuglio, il Toro scosse perplesso il capo: «Per quale ragione la regina vorrebbe te, Arry?».
Lei gli diede un pugno contro la spalla: «Zitto!».
Yoren sfiorò il nastro della pergamena, trattenuto dalla cera del sigillo reale. «Ma quant’è carino questo.» Sputò. «Il fatto è che il ragazzo è nei Guardiani della notte, ormai. E quello che ha fatto in città, non significa più una merda di niente.»
«Alla regina non interessano le tue opinioni, vecchio» ribatté l’ufficiale. «E nemmeno a me. Consegnami il ragazzo.»
Arya pensò di scappare, ma sapeva che, contro i cavalli delle cappe dorate, non avrebbe fatto molta strada in sella al suo asino. E poi era talmente stanca di fuggire. Era fuggita quando ser Meryn era venuto a prenderla, e di nuovo quando avevano tagliato la testa a suo padre. Se fosse stata una vera danzatrice dell’acqua, sarebbe andata là fuori e li avrebbe uccisi tutti, e non sarebbe mai più fuggita di fronte a nessuno.
«Tu non porti via nessuno» s’impuntò Yoren. «C’è una legge per queste cose.»
L’ufficiale sfoderò una spada corta. «Eccola qui, la tua legge».
«Quella non è una legge.» Yoren fissò la lama. «È solo una spada. Guarda caso, ne ho una anch’io.»
«Vecchio idiota» sghignazzò l’ufficiale. «Ho cinque uomini con me.»
Yoren sputò. «Guarda caso, io ne ho trenta di uomini con me.»
L’ufficiale rise di nuovo.
«Questo branco?» domandò gridando un altro dei suoi, un bestione dal naso rotto, mostrando il suo acciaio. «Allora, chi vuol essere il primo?»
«Comincio io.» Tarber estrasse un forcone da una balla di fieno.
«No, io.» Cutjack, lo spaccapietre grassoccio, mise mano al martello che teneva nella tasca del grembiale di cuoio che aveva sempre indosso.
«Io.» Kurz si schierò con un coltellaccio da macellaio.
«Lui e anch’io.» Koss incoccò una freccia nell’arco da combattimento.
«Tutti quanti noi.» Il vecchio Reysen brandì il pesante bastone da pellegrino.
Dobber uscì dal capanno del bagno, completamente nudo, i vestiti raccolti in un fagotto. Rendendosi conto della situazione, lasciò cadere tutto quanto a terra, tranne la daga. «Si combatte?» domandò.
«Così pare!» Frittella avanzò a quattro zampe, mettendo mano a una grossa pietra. Arya non riusciva a credere ai suoi occhi. Lei odiava Frittella! Perché mai voleva rischiare la pelle per lei?
«Voi bambine mettete via pietre e bastoni se non volete essere sculacciate.» Il mantello dorato con il naso rotto continuava a pensare che la scena fosse molto divertente. «Non sapete nemmeno da che parte s’impugna una spada.»
«Io lo so!» Arya non avrebbe permesso che morissero per lei com’era morto Syrio. Si aprì la strada fra i cespugli e assunse la posizione d’attacco del danzatore dell’acqua.
Naso rotto grugnì. L’ufficiale la guardò dalla testa ai piedi. «Abbassa quella lama, ragazzina. Nessuno vuole farti del male.»
«Non sono una ragazzina!» Arya era inferocita. Ma che razza di idioti erano mai quelli? Avevano fatto tutta quella strada per catturarla, e adesso che lei gli si presentava davanti, loro le ridevano in faccia. «Sono io quello che volete!»
«No, è lui che vogliamo.» L’ufficiale indicò con la spada verso un punto alle spalle di Arya. Lui era il Toro, che era uscito allo scoperto andando a fermarsi vicino ad Arya, la spada da poco di Praed stretta in pugno.
Ma distogliere lo sguardo da Yoren, anche solo per un battito di ciglia, era stato un grosso errore.
«Nessuno dei due è quello che cerchi…» In un lampo, la punta della spada del confratello in nero si trovò puntata contro il pomo d’Adamo dell’ufficiale. «A meno che tu non voglia farmi vedere se il tuo pomo è già maturo. In caso ti servano altri argomenti per convincerti, ne ho altri dieci, quindici di confratelli armati nella locanda. Se fossi in te, io getterei quel temperino, metterei il culo su quel tuo somaro di cavallo e tornerei al galoppo in città.» Sputò con disprezzo, aumentando la pressione della lama. «Subito.»
Le dita dell’ufficiale si aprirono. La spada corta cadde nella polvere.
«Questa la teniamo noi» disse Yoren. «C’è sempre bisogno di buon acciaio sulla Barriera.»
«Come vuoi tu… per ora. In sella, uomini!» Le cappe dorate rinfoderarono le lame e montarono a cavallo. «Meglio che tu cerchi di arrivare molto in fretta a quella tua Barriera, vecchio. La prossima volta che t’incontro, credo che prenderò anche la tua testa insieme a quella del ragazzo bastardo.»
«Ci hanno provato in parecchi, e uomini più valorosi di te.» Yoren diede una pacca sulle natiche del cavallo con il piatto della spada, incitandolo a galoppare via nel buio della strada del Re. I suoi uomini lo seguirono.
Una volta che furono scomparsi, Frittella cominciò a sghignazzare, ma Yoren era più inferocito che mai.
«Idiota! Credi che sia finita qui? La prossima volta, quel fetente non farà salamelecchi e non mi darà nessuna maledetta pergamena. Tirate gli altri fuori dal bagno: dobbiamo andarcene di qui, e subito. Cavalcando tutta la notte, forse riusciamo a mettere un po’ di strada tra noi e loro.» Raccolse la spada corta che l’ufficiale aveva gettato a terra. «Chi la vuole, questa?»
«Io!» si offrì all’istante Frittella.
«Non metterti a usarla contro Arry.» Yoren diede la spada al ragazzo, porgendogliela dalla parte dell’elsa, poi si voltò e si diresse verso Arya, ma fu al Toro che parlò: «La regina ti vuole proprio mettere le mani addosso, figliolo».