«Nessuno ti ha mai fatto del male.»
«E nessuno farà del male a tua figlia Beth, a meno che tu…»
«Vipera!» Ser Rodrik non lo lasciò neanche finire, la sua faccia era paonazza dietro i baffi candidi. «Ti ho dato la possibilità di salvare i tuoi uomini e di morire con un ultimo residuo di onore, Voltagabbana. Ma avrei dovuto sapere che era chiedere troppo a un assassino di bambini.» La sua mano si spostò sull’elsa della spada. «Dovrei farti a pezzi, qui, ora. In modo da mettere fine ai tuoi inganni e alle tue menzogne, per tutti gli dei.»
Theon non aveva paura di affrontare quel vecchio, ma con gli arcieri appostati tutto intorno e i cavalieri in attesa sarebbe stata una questione ben diversa. Nel momento in cui si fosse passati dalle parole alle spade, avrebbe avuto scarse possibilità di rientrare nel castello. «Fallo, ser» intimò Theon. «Onora il tuo giuramento, uccidimi… e guarderai la tua piccola Beth penzolare da quella corda.»
Le nocche di ser Rodrik erano livide, ma dopo un momento la sua mano si allontanò dall’elsa della spada: «Ho veramente vissuto troppo a lungo».
«Su questo, non sono in disaccordo, ser. Ora accetterai le mie condizioni?»
«Ho dei doveri verso lady Catelyn e la Casa Stark.»
«E che mi dici della tua casa? Beth è l’ultima del tuo sangue.»
Il vecchio cavaliere raddrizzò il busto: «Mi offro al posto di mia figlia. Rilasciala, e prendi me come ostaggio. Il castellano di Grande Inverno vale certamente più di una bambina».
«Non per me.» “Gesto coraggioso, il tuo, vecchio. Ma non sono stupido come credi.” «E nemmeno per lord Manderly o per Leobald Tallhart, scommetto.» “La tua balorda pellaccia non vale più niente per nessuno.” «No, terrò la ragazzina, invece. E la terrò al sicuro… Basta che tu faccia come ti ho ordinato. La sua vita è nelle tue mani.»
«Dei misericordiosi, Theon, come puoi fare questo? Tu sai che io devo attaccare! Ho giurato…»
«Se questo esercito sarà ancora sotto le mie mura prima che il sole tramonti, tua figlia Beth verrà impiccata» dichiarò Theon. «Un altro ostaggio la seguirà nella tomba alle prime luci dell’alba di domani, e poi un altro al tramonto. Fino a quando tu non te ne sarai andato, ogni alba e ogni tramonto segnerà la morte di qualcuno. E ti assicuro, non sono certo gli ostaggi che mi mancano.»
Non attese una risposta. Fece voltare Sorriso e si diresse di nuovo verso il castello. Partì lentamente, ma il pensiero di avere quegli arcieri alle spalle lo spinse ben presto a un rapido trotto. Dalle picche sulle mura, le piccole teste nere di catrame, macellate dai corvi, rimasero a fissarlo a ogni passo. Esattamente nel mezzo, c’era la piccola Beth Cassel, in lacrime, con il cappio al collo. Theon diede di speroni e lanciò Sorriso al galoppo. Gli zoccoli pestarono ritmicamente sulle assi del ponte levatoio, simili a un rullo di tamburi.
Nel cortile, smontò di sella e passò le redini a Wex. «Questo dovrebbe farli stare buoni» disse a Lorren il Nero. «Lo sapremo al tramonto. Fino a qual momento, porta via la ragazza dalle mura e tienila al sicuro da qualche parte.» Sotto gli strati di lana, cuoio e metallo, Theon era in un bagno di sudore. «Mi serve una coppa di vino. No. Anzi meglio un intero barile.»
Nella stanza da letto di Ned Stark era stato acceso il fuoco. Theon sedette vicino alle fiamme e si versò una coppa di rosso corposo preso dalle cantine del castello. Un vino greve quanto il suo umore. “Attaccheranno” pensò cupamente. “Ser Rodrik vuole bene a sua figlia, ma rimane il castellano di Grande Inverno, e più di qualsiasi altra cosa, rimane un cavaliere.” Fosse stato Theon ad avere un cappio al collo, e suo padre al comando dell’esercito assediante, lord Balon avrebbe già fatto suonare i corni di guerra lanciando l’attacco, non c’era dubbio. Theon poteva ringraziare gli dei se ser Rodrik non era un uomo di ferro. Gli uomini delle terre verdi erano fatti di una pasta più molle, ma Theon non era del tutto certo che sarebbe stata molle quanto gli serviva.
In caso contrario, se il vecchio avesse dato l’ordine di attacco, Grande Inverno sarebbe caduta, Theon non si faceva illusioni. I suoi diciassette uomini sarebbero forse riusciti a uccidere avversari tre, quattro, magari anche cinque volte il loro numero, ma alla fine sarebbero stati sopraffatti.
Theon rimase a fissare le fiamme al di sopra dell’orlo della sua coppa di vino, rimuginando sull’ingiustizia di quello che stava accadendo. «Ho cavalcato a fianco di Robb Stark nel bosco dei Sussurri» mugugnò a fior di labbra. Anche quella notte aveva avuto paura, ma non come adesso. Un conto era andare in battaglia circondato da amici, ben altro conto era morire solo e disprezzato. “Pietà” pensò miseramente.
Il vino non gli diede alcun conforto, così mandò Wex a prendergli l’arco e scese nel vecchio cortile interno. Rimase là, lanciando una freccia dopo l’altra contro i bersagli. Andò avanti fino a quando le spalle gli fecero male e le dita furono intorpidite e sanguinanti, fermandosi solo per andare a recuperare le frecce per un altro giro. “È con quest’arco che salvai la vita di Bran. Come vorrei poter salvare la mia.” Donne vennero al pozzo, ma non si fermarono. L’espressione che videro sul suo volto le scacciò in fretta.
Alle sue spalle si ergeva la Torre Spezzata, la sua cima frastagliata come la corona di un re, là dove un incendio, molto tempo prima, aveva fatto crollare i piani superiori. Il sole proseguì il suo cammino nel cielo, e l’ombra della torre si mosse con esso, allungandosi progressivamente, un braccio nero che pareva estendersi a ghermire Theon Greyjoy. Quando il sole fu ormai calato a lambire le mura, fu preda dell’ombra. “Se impicco la ragazza, gli uomini del Nord attaccheranno immediatamente” Theon scoccò un’ennesima freccia. “Se non la impicco, sapranno che le mie sono solo vuote minacce.” Incoccò di nuovo. “Non c’è via d’uscita, nessuna.”
«Se tu avessi cento arcieri abili quanto lo sei tu» disse una voce calma alle sue spalle. «Forse riusciresti anche a tenere il castello.»
Theon si girò. C’era maestro Luwin in piedi alle sue spalle. «Vattene» gli disse. «Ne ho abbastanza dei tuoi consigli.»
«E della vita? Anche di quella ne hai abbastanza, mio lord principe?»
«Una sola altra parola» Theon sollevò l’arco. «E questa te la pianto dritta nel cuore.»
«Non lo farai.»
Theon tese l’arco, arretrando l’impennaggio di piume d’oca grigie della freccia a contatto della guancia: «Sei pronto a scommetterci?».
«Sono io la tua ultima speranza, Theon.»
“Non ho alcuna speranza…” Eppure qualcosa lo spinse ad abbassare l’arco di un palmo: «Non intendo fuggire».
«Non sto affatto parlando di fuga. Mettiti in nero.»
«I Guardiani della notte?» Lentamente, Theon rilasciò la tensione dell’arco, puntando la freccia verso terra.
«Ser Rodrik Cassel ha servito la Casa Stark per tutta la sua vita. E la Casa Stark è sempre stata amica dei Guardiani della notte. Ser Rodrik non si opporrà. Apri le porte, abbassa le armi, accogli le sue condizioni e lui dovrà consentirti di entrare nella confraternita.»
“Un confratello dei Guardiani della notte…” Significava niente corona, niente figli, niente moglie… ma significava anche continuare a vivere, e con onore. Il fratello di Ned Stark, Benjen, aveva scelto il nero. E anche Jon Snow.
“Di abiti neri ne ho in abbondanza, basta che strappi via la piovra. Perfino il mio cavallo è nero. Potrei raggiungere un rango elevato, nella confraternita… capo dei ranger, forse addirittura lord comandante. Che se le tenga pure Asha le dannate isole di Ferro, sono cupe quanto lei. Se servissi al Forte Orientale, potrei comandare una mia nave, e c’è cacciagione in abbondanza oltre la Barriera. Quanto alle donne, quale donna dei bruti non vorrebbe un principe nel suo letto?” Un sorriso strisciò sulla sua faccia. “Un mantello nero non può essere giudicato. Varrei tanto quanto gli altri…”