«Principe Theon!»
L’urlo improvviso lo scosse dalle sue fantasie. Kromm stava attraversando di corsa il cortile.
«Gli uomini del Nord!…»
Theon si sentì sopraffare da un senso di disperazione: «È l’attacco?».
Maestro Luwin gli afferrò il braccio: «C’è ancora tempo. Innalza il vessillo di pace…».
«Stanno combattendo» disse Kromm con urgenza. «Sono arrivati altri uomini, a centinaia. All’inizio, sembrava che si unissero a quelli già qui. Ma adesso li attaccano!»
«È Asha?» Che alla fine sua sorella fosse davvero venuta a salvarlo?
Kromm scosse il capo: «No, questi sono uomini del Nord, ti dico. Con un uomo insanguinato sullo stendardo».
“L’uomo scuoiato di Forte Terrore.” Prima che venisse catturato, Reek apparteneva al Bastardo di Bolton, Theon lo ricordava. Era difficile credere che un essere di quel genere potesse spingere i Bolton a cambiare le loro alleanze, ma non sembrava esistere altra possibile spiegazione.
«Voglio vedere» decise Theon.
Maestro Luwin gli andò dietro. Quando arrivarono sulle fortificazioni, uomini morti e cavalli morenti erano disseminati su tutta la piazza del mercato appena fuori delle porte della fortezza. Non c’erano linee di battaglia distinguibili, ma solo un vortice caotico di vessilli e di lame. Grida e urla s’incrociavano nella fredda aria autunnale. Ser Rodrik sembrava avere la supremazia numerica, ma gli uomini di Forte Terrore erano meglio condotti, e avevano preso gli altri di sorpresa. Theon li osservò che caricacano, invertivano la marcia e caricavano di nuovo, riducendo a pezzi gli avversari ogni volta che questi cercavano di riorganizzarsi tra le case della città dell’inverno. Theon udì lo schianto delle asce contro gli scudi di quercia sovrastare il nitrire disperato dei cavalli mutilati. La locanda era in fiamme.
Lorren il Nero apparve accanto a lui, rimanendo in silenzio per parecchio tempo. Il sole era basso sull’orizzonte, immergendo campi e case in una sfumatura purpurea. Un esile, frantumato grido di dolore si dilatò fino alle mura della fortezza, un corno da guerra echeggiò da qualche parte tra le case che bruciavano. Theon osservò un uomo ferito che si trascinava, lasciandosi dietro una scia di sangue nell’estremo tentativo di raggiungere il pozzo al centro della piazza del mercato. Morì prima di arrivarci. Indossava un gilè di cuoio e un mezzo elmo di forma conica, ma nessun emblema distinguibile. Nulla che indicasse per chi avesse combattuto.
I corvi calarono attraverso la polvere bluastra del crepuscolo, insieme al baluginare delle prime stelle.
«I dothraki credono che le stelle siano gli spiriti dei caduti valorosi» disse Theon. Era stato maestro Luwin a insegnarglielo, molto tempo prima.
«Dothraki?»
«I nomadi a cavallo al di là del mare Stretto.»
«Ah, loro.» La faccia di Lorren il Nero si contrasse sotto la barba fitta. «I selvaggi credono a qualsiasi stupidaggine.»
Con l’avanzare delle tenebre e il dilagare del fumo degli incendi, divenne difficile capire che cosa stesse accadendo là fuori. Il clangore dell’acciaio finì con lo svanire nel nulla. Le grida di battaglia e l’ululato dei corni da guerra furono sostituiti dai tetri gemiti di molte agonie. Alla fine, una colonna di uomini a cavallo emerse dalle volute di fumo. Alla loro testa c’era un cavaliere con l’armatura scura. Portava un elmo rosso opaco, dalle sue spalle pendeva un mantello rosa pallido: i colori di Forte Terrore. Tirò le redini proprio davanti alla porta principale di Grande Inverno, uno dei suoi uomini gridò che queste venissero aperte.
«Siete amici o nemici?» gridò in risposta Lorren il Nero.
«Quale nemico vi porterebbe doni così graziosi?»
L’uomo con l’elmo rosso fece un cenno con la mano guantata d’acciaio. Tre cadaveri vennero scaricati davanti alle porte. Una torcia fu spostata su di essi, in modo che i difensori sulle mura potessero vedere le facce dei morti.
«Il vecchio castellano» riconobbe Lorren il Nero.
«Insieme a Leobald Tallhart e Cley Cerwyn» completò Theon.
Il lord ragazzino era stato colpito con una freccia a un occhio. A ser Rodrik mancava il braccio sinistro dal gomito in giù. Maestro Luwin si lasciò sfuggire un grido di sgomento, voltò le spalle alle fortificazioni e si accasciò.
«Quella gran scrofa di Manderly è stato troppo vigliacco per lasciare Porto Bianco» gridò di nuovo il cavaliere al di fuori delle mura. «Se no vi avremmo portato anche la sua, di carcassa.»
“Sono salvo” pensò Theon. Ma allora perché si sentiva così svuotato? Era la vittoria, il trionfo, la liberazione per cui aveva pregato. Guardò maestro Luwin. “Se penso a quanto sono stato vicino ad arrendermi…”
«Aprite le porte ai nostri amici» ordinò Theon Greyjoy. Quella notte sarebbe riuscito a dormire senza paura di quello che avrebbero portato i sogni. Forse.
Gli uomini di Forte Terrore superarono il fossato e i portali interni. Accompagnato da maestro Luwin e da Lorren il Nero, Theon scese a incontrarli nel cortile. Vessilli rosso pallido sventolavano alle estremità di poche lance, ma la maggior parte degli armati portavano asce da battaglia e spade lunghe, e scudi da battaglia mal ridotti per la furia dello scontro. Il cavaliere con l’elmo rosso smontò per primo.
«Quanti uomini hai perduto?» gli chiese Theon.
«Venti o trenta.»
La luce delle torce balenava sullo smalto scheggiato della celata. Sull’elmo e la corazza superiore erano dipinte la faccia e le spalle di un uomo scuoiato, lordo di sangue, con la bocca spalancata in un muto urlo di atroce sofferenza.
«Ser Rodrik aveva cinque volte i tuoi uomini.»
«È vero, ma credeva che fossimo amici. Un errore comune. Quando il vecchio idiota mi ha dato la mano, io mi sono preso metà del suo braccio. E poi gli ho mostrato la mia faccia» il condottiero di Forte Terrore afferrò l’elmo con entrambe le mani, lo tolse e se lo mise sul fianco.
«Reek…»
Theon lo riconobbe, pieno d’improvviso disagio. “Come ha fatto un servo a procurarsi un’armatura così ricca?”
«Reek?» L’uomo di Forte Terrore rise. «Quel lurido essere è morto.» Fece un passo avanti. «Colpa della ragazza. Se non fosse scappata così in fretta, il cavallo di Reek non si sarebbe azzoppato e forse saremmo riusciti a scappare. Quando ho visto gli altri avvicinarsi, gli ho dato il mio. Io avevo già finito con lei ed era il suo turno: a Reek piaceva farlo quando la carne era ancora calda. Sono stato costretto a trascinarlo via e a mettergli in mano i miei abiti… Stivali di pelle d’agnello e farsetto di velluto, cinturone con borchie d’argento, perfino la mia cappa d’ermellino. Va’ al galoppo a Forte Terrore, gli ho detto, porta tutti i rinforzi che puoi. Prendi anche questo anello che mi ha dato mio padre, così sapranno che sono stato io a mandarti. Reek sapeva che è meglio non farmi mai troppe domande. Quando gli uomini di Grande Inverno lo abbatterono con una freccia, io avevo fatto in tempo a indossare i suoi stracci. Forse mi avrebbero impiccato lo stesso, ma fu l’unica via d’uscita che vidi.» L’uomo dell’elmo rosso si passò il dorso della mano sulla bocca. «E adesso, caro principe, tu mi hai promesso una donna, se non erro. Non ti ho portato solo duecento uomini, te ne ho portati tre volte tanti. E non si tratta di ragazzini inesperti della campagna, questi sono la guarnigione di mio padre.»
Theon aveva dato la sua parola. E non era questo il momento di rinnegarla. “Diamogli la sua libbra di carne, e facciamo i conti con lui più tardi.”
«Harrag» chiamò. «Vai al canile, e porta qui Palla per…»