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«Ma perché lui?» Arya non capiva.

«E perché dovrebbe volere te?» la rimbeccò il Toro con rabbia. «Non sei altro che un topo di fogna.»

«Ah, sì? E tu non sei altro che un ragazzo bastardo!» O forse stava solo facendo finta di essere un ragazzo bastardo. «Qual è il tuo vero nome?»

«Gendry» rispose il Toro esitando, come se non ne fosse certo nemmeno lui.

«Non so perché vi vogliono, ne l’uno né l’altro» si intromise Yoren. «Ma in ogni caso non vi avranno. Mettetevi in sella ai due cavalli. Al primo mantello dorato che spunta fuori, date di speroni e cercate di raggiungere la Barriera come se aveste un drago alle calcagna. Il resto di noi, per loro non vale uno sputo.»

«Tutti tranne te» fece notare Arya. «Quell’uomo ha detto di volere anche la tua, di testa.»

«Lo ha detto, certo» ribatté Yoren. «Be’, se riesce a staccarmela dalle spalle, può anche tenersela.»

JON

«Sam?» La voce di Jon, poco più di un sussurro, si fece strada nell’aria satura dell’odore della carta, della polvere, del tempo. Tutt’attorno a lui, alte scaffalature di legno s’innalzavano a perdersi nella penombra. Erano cariche di volumi dalle pesanti rilegature di cuoio e di antiche pergamene arrotolate. Da una lanterna nascosta chissà dove, filtrava un debole alone di luce giallastra. Jon spense il mozzicone di candela che teneva in mano: non voleva rischiare aggirandosi con una fiamma non protetta in mezzo a tutta quella carta vecchia e secca. Continuò a seguire il riverbero della luce, scivolando lungo stretti corridoi, sotto oscuri soffitti a volta. Era interamente vestito di nero, un’ombra tra le ombre. I capelli, anch’essi neri, incorniciavano un volto allungato e due occhi grigi. Le mani erano coperte da guanti di fustagno nero, la destra perché ustionata, la sinistra perché si sarebbe sentito uno stupido a portare un unico guanto.

Samwell Tarly sedeva curvo a un tavolo sistemato in una nicchia nella parete di pietra. Il chiarore proveniva da una lanterna appesa sopra di lui. Nell’udire il suono dei passi di Jon, alzò il capo.

«Sei stato qui tutta la notte?»

«Sul serio?» Sam parve stupito.

«Non hai rotto il digiuno insieme a noi, e nel tuo letto non ha dormito nessuno.»

Rast aveva suggerito che Sam potesse aver disertato, ma a questo Jon non aveva creduto nemmeno per un istante. Ci voleva coraggio per disertare, e di coraggio Sam ne aveva poco.

«È già mattina? Qui dentro, è impossibile saperlo.»

«Sam, sei proprio un amabile sciocco.» Jon sorrise. «Quando dormirai sul duro, freddo terreno, ti mancherà quel pagliericcio, te lo garantisco.»

Sam sbadigliò. «Maestro Aemon mi ha mandato a cercare le mappe per il lord comandante. Non avrei mai pensato… Jon, quanti libri! Ne hai mai visti tanti tutti insieme? Ce ne sono migliaia!»

«Ce ne sono oltre cento nella biblioteca di Grande Inverno» Jon fece scorrere lo sguardo sugli antichi tomi. «Le hai trovate, le mappe?»

«Certo.» La mano di Sam, dalle dita tozze come salsicciotti, scivolò sul piano del tavolo, indicando la massa di testi e il gruppo di rotoli davanti a sé. «Per lo meno una dozzina.» Dispiegò una pergamena quadrata. «La pittura si è sbiadita, ma si riesce ancora a vedere dove il cartografo ha indicato i siti dei villaggi dei bruti. E poi c’è anche quest’altro libro… dov’è finito? Lo stavo leggendo appena un momento fa…» Spostò alcune pergamene, rivelando un polveroso tomo rilegato in cuoio ormai a brandelli. «Eccolo, è questo» disse in tono reverente. «È la cronaca di un viaggio dalla Torre delle ombre fino alla Punta Lorn, sulla Costa Congelata. Fu scritta da un ranger di nome Redwyn. Non c’è data, ma si parla di Dorren Stark come del re del Nord, per cui deve risalire a prima della Conquista. Jon, combatterono contro i giganti! Redwyn arrivò addirittura a fare commerci con i figli della foresta, è tutto in queste pagine.» Con incredibile delicatezza, come sempre, girò le pagine con la punta del dito. «Ha anche tracciato delle mappe, vedi?…»

«Forse, Sam, anche tu potresti scrivere una cronaca della nostra spedizione.»

Jon intendeva avere un tono incoraggiante, ma ottenne il risultato opposto. L’ultima cosa che Sam desiderava era che gli venisse ricordato ciò che li attendeva l’indomani. Frugò di nuovo tra le vecchie carte, questa volta a caso. «Ci sono anche altre mappe. Se avessi più tempo per continuare a cercare… È tutto così in disordine. Ma io sarei in grado di fare ordine. So che potrei, però ci vorrebbe tempo… ecco, in verità… ci vorrebbero anni.»

«Mormont vuole quelle mappe un po’ prima…» Jon prese uno dei rotoli e soffiò via lo spesso velo di polvere che lo ricopriva. Nell’aprirlo, un angolo della pergamena gli si spezzò tra le dita. «Guarda, questo si sta sbriciolando» esclamò corrugando la fronte nell’osservare le scritte tutte sbiadite.

«Fai piano…» Sam aggirò il tavolo e gli tolse la pergamena dalle mani, reggendola come se fosse un animale ferito. «I libri importanti venivano ricopiati di continuo, perché ce n’era sempre bisogno. I più vecchi sono stati ricopiati almeno una cinquantina di volte, credo.»

«Be’, non ritengo sia il caso di copiare questo: ventitré barili di merluzzo affumicato, diciotto anfore di olio di pesce, una cassa di sale…»

«Un inventario» riconobbe Sam «o forse un ordine di vendita.»

«A chi può importare quanto merluzzo affumicato si mangiava seicento anni fa?» domandò Jon.

«A me importa.» Con la massima cura, Sam tornò a riporre la pergamena nel contenitore dal quale Jon l’aveva prelevata. «S’imparano tantissime cose da documenti come quello, davvero. Sono in grado di dirti quanti uomini facevano parte dei Guardiani della notte a quel tempo, come vivevano, che cosa mangiavano…»

«Mangiavano come noi. E vivevano come noi.»

«Invece potresti avere delle sorprese, Jon. Questa cripta è un vero forziere di tesori.»

«Se lo dici tu.» Jon continuava a essere dubbioso. Un forziere conteneva oro, argento, gioielli, non polvere, ragni e cuoio marcio.

«Ne sono sicuro» mugugnò il ragazzo grasso. Aveva più anni di Jon e, secondo la legge, Samwell Tarly era un uomo fatto, ma era difficile pensare a lui se non come a un ragazzo. «Ho trovato schizzi dei volti scolpiti negli alberi, e in uno dei libri è descritto il linguaggio dei figli della foresta… Opere di cui nemmeno la Cittadella è in possesso, pergamene dell’antica Valyria, resoconti sulle stagioni scritti da maestri morti mille anni fa…»

«I libri saranno ancora qui quando torneremo, Sam.»

«“Se” torneremo.»

«Il Vecchio orso ha messo insieme duecento uomini esperti, tre quarti dei quali sono ranger. Qhorin il Monco porterà altri cento confratelli dalla Torre delle ombre. Sarai al sicuro come se fossi ancora al castello di tuo padre sulla collina del Corno.»

Samwell Tarly riuscì a sfoggiare un sorriso triste: «Non sono mai stato al sicuro nemmeno nel castello di mio padre».

“Gli dei giocano scherzi crudeli” Jon non ne aveva mai dubitato. Pyp e Toad, che smaniavano di far parte della grande spedizione, sarebbero rimasti al Castello Nero, invece Samwell Tarly, codardo per propria ammissione, grasso e timido come un cerbiatto, pessimo cavaliere e ancora peggiore spadaccino, era chiamato ad affrontare la foresta Stregata. Il Vecchio orso aveva deciso di portare due stie di corvi, in modo da poter inviare messaggi sui progressi della spedizione. Maestro Aemon era cieco e troppo avanti negli anni per cavalcare con loro, per cui sarebbe stato il suo attendente a sostituirlo. E l’attendente era Samwell Tarly.

«Abbiamo bisogno di te per i corvi, Sam. E qualcuno dovrà pure darmi una mano a tenere Grenn al posto suo, no?»