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— Quella era la messa funebre in onore di mio padre — mormorò Ouanda.

— E del mio — disse Novinha. Gli altri sapevano che stava parlando di Pipo, e non dell’ormai da lungo tempo scomparso Os Venerado, Gusto.

Ma Ender si sentiva escluso da quella conversazione. Non aveva conosciuto i due xenologi, e non poteva partecipare dei ricordi e del lutto dei suoi compagni. Si sentiva stranamente, morbosamente attratto dagli alberi della boscaglia. Ognuno di loro era stato un maiale un tempo, una creatura vivente fatta di carne e di emozioni. I maiali potevano parlare con loro, cantare, comunicare, capire in qualche modo ciò che dicevano. A lui era impossibile. Per lui quegli alberi non erano gente, non avrebbero mai potuto essere gente. Se avesse affondato il coltello nel corpo di Human non sarebbe stato un delitto agli occhi dei maiali, ma con quel gesto gli avrebbe strappato l’unica vita che lui poteva capire e riconoscere come vita. Come maiale Human era un vero raman, un compagno. Come albero, dal punto di vista di Ender, non sarebbe stato nulla di troppo diverso da una pietra. Una pietra tombale.

E ancora una volta, pensò, mi si chiede di uccidere. Anche se m’ero ripromesso di non farlo mai più.

D’un tratto si sentì prendere sottobraccio. Era Novinha, che stringendoglisi al fianco ebbe un sorriso timido. — Lascia che mi appoggi a te — gli disse. — Con questo buio sono cieca come una talpa.

— lo ho un’ottima visione notturna — si offrì volonterosamente di aiutarla Olhado, alle loro spalle.

— E se tu tenessi chiusa la bocca? — sussurrò Ela, tirandolo indietro. — Mamma vuole camminare con lui, sciocco!

Ma Novinha e Ender avevano udito chiaramente il mormorio della ragazza, e si scambiarono un’occhiata, ridendone in silenzio fra loro. Novinha aderì alla sua spalla, mentre proseguivano fra i cespugli. — Credo che avrai il cuore di fare quella cosa — gli disse sottovoce, in modo che soltanto lui potesse sentire.

— Abbastanza empio e freddo? — borbottò lui, cercando di fingere un tono sarcastico. Ma la sua voce suonò triste e amara.

— Abbastanza pietoso — disse Novinha, — da conficcare il ferro rovente nella ferita se questo è l’unico modo di cauterizzarla.

E poiché sapeva cosa fossero le ferite dell’anima, quelle che aveva invano tentato di cauterizzare da sola, Ender non le poté negare il diritto di parlare così. Le credette, e quelle parole gli diedero la forza di pensare con più distacco al sanguinoso lavoro che lo attendeva.

Con quell’idea a tormentarlo non avrebbe mai creduto che sarebbe riuscito a dormire. Ma quando una mano di Novinha lo scosse gentilmente e la sua voce gli mormorò qualcosa all’orecchio, riaprì gli occhi. S’accorse d’essere all’aperto, disteso sull’erba capim, con la nuca poggiata in grembo a Novinha. Era ancora buio.

— Stanno arrivando — disse lei sottovoce.

Ender si alzò a sedere. Quand’era ragazzo riusciva a svegliarsi del tutto all’istante, ma a quei tempi era sotto la disciplina militare. Ora gli occorsero alcuni secondi per orientarsi. Ela e Ouanda erano sveglie e piuttosto infreddolite; Olhado dormiva; Quim si stava stiracchiando disteso lì accanto. L’albero in cui Rooter viveva la sua terza vita si alzava a pochi metri da lì. E a poca distanza, al di là del recinto, alcune luci indicavano la presenza delle case di Milagre, mentre la cattedrale e il monastero erano ombre scure alla sommità della collinetta più alta.

Nella direzione opposta c’era la foresta, e dalla nera parete d’alberi stavano scendendo Human, Mandachuva, Freccia, Orcio, Mangia-Foglie, Calendar, Verme, Bark-Dancer e parecchi altri i cui nomi neppure Ouanda conosceva. — Quelli non li ho mai visti — disse la ragazza. — Devono provenire da altre case dei maschi.

Un’altra riunione? si chiese stancamente Ender. Ma la sola cosa che importa davvero qui è il trattato. Human sarà riuscito a comunicare alle mogli il nuovo modo di concepire il mondo?

Human aveva fra le braccia un fagotto. Ricoperto di foglie. Senza dir nulla lo depose a terra davanti a Ender e lo svolse con cura. Era un rotolo di carta, il printout uscito da un computer.

— La Regina dell’Alveare e l’Egemone - spiegò Ouanda a bassa voce. — La copia che Miro gli ha dato.

— L’accordo — annunciò Human.

Solo in quel momento loro si accorsero che il printout era arrotolato al contrario, con la parte non stampata all’esterno. E su di essa, alla luce di uno stick illuminante, videro file di lettere scritte a mano. Erano grandi, e in uno stampatello piuttosto goffo. Ouanda era sbalordita. — Non abbiamo mai parlato loro dell’inchiostro — ansimò, — e non gli abbiamo mai insegnato a scrivere!

— Calendar ha imparato a fare le lettere — disse Human, — scrivendole con uno stecco nella polvere. E Verme ha fatto l’inchiostro, con sterco di cabras e macios tritati. È così che voi fate i trattati, no?

— Sì — disse Ender.

— Se non lo scrivessimo sulla carta, potremmo non ricordarlo nello stesso modo.

— Questo è vero — annuì Ender. — Avete fatto bene a metterlo per iscritto.

— Abbiamo fatto alcuni cambiamenti. Li hanno voluti le mogli, e io ho pensato che tu li avresti accettati. — Human batté un dito sulla carta. — Voi umani potrete fare un accordo con altre tribù di Piccoli, ma non un accordo diverso da questo. E non potrete insegnare loro cose che non avete insegnato a noi. Sei d’accordo?

— Naturalmente — disse Ender.

— Questo era il punto più facile. Ora, cosa succederà se non saremo d’accordo sulle regole? Ad esempio, se litigassimo su dove finisce la vostra terra e comincia la nostra? Così Urlatrice ha detto: che la Regina dell’Alveare sia il giudice fra gli umani e i Piccoli. Che gli umani siano giudici fra i Piccoli e la Regina. Che i Piccoli siano giudici fra la Regina e gli umani.

Ender dovette chiedersi fino a che punto quel principio sarebbe stato applicabile. Lui era quasi l’unico uomo vivente a ricordare quanto terrore avevano sparso gli Scorpioni tremila anni addietro. I loro corpi di insetto avevano popolato gli incubi dell’umanità dalla preistoria. Con che animo la gente di Milagre li avrebbe accettati come giudici?

Così, è difficile. Ma non più difficile dell’impegno che abbiamo chiesto ai maiali. - Sì — disse. — Possiamo accettare anche questo. È una buona idea.

— Passiamo al prossimo cambiamento — disse Human, e rivolse a Ender un sogghigno. L’effetto fu grottesco, perché le facce dei maiali non erano fatte per imitare le espressioni umane. — È per questo che c’è voluto del tempo. Tutte queste modifiche.

Ender gli restituì il sogghigno.

— Se una tribù di Piccoli non firma il trattato con gli umani, e se attacca le tribù che hanno firmato, noi siamo liberi di andare in guerra contro di essa.

— Cosa intendi per «attacco»? — volle sapere Ender. Se con quel termine definivano una semplice offesa, una clausola simile avrebbe ridotto a nulla la proibizione di combattere.

— Attacco — disse Human, — è quando loro vengono nella nostra terra e uccidono i fratelli o le mogli. Non c’è attacco quando si limitano a dire che esiste uno stato di guerra, oppure vengono a discutere i patti per cominciare una guerra. Ma attacco è se arrivano e combattono senza aver prima discusso un patto. Poiché noi ci siamo impegnati a non cominciare mai una guerra, l’attacco di un’altra tribù è il solo modo in cui una guerra potrebbe succedere. Sapevo che lo avresti chiesto.