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— No — disse Ender.

Lei strinse le palpebre, fissandolo con aria di sfida. — Ha intenzione di rapirlo, allora? Per portarlo dove? E per quale ragione?

— Forse lei non afferra la situazione — disse Ender. — Lui mi ha assalito. Lei non mi ha offerto la minima garanzia che non lo farà di nuovo. E non sembra affatto intenzionata a prendere misure disciplinari, nel caso che io lo rimetta giù.

Come aveva sperato, gli occhi di lei si accesero di furia. — E lei chi crede d’essere? Qui è a casa nostra, non a casa sua!

— Non sono arrivato qui per sbaglio — puntualizzò Ender. — Dal praça a qui è stata una bella camminata, e Olhado andava a passo svelto. Anzi, gradirei mettermi a sedere.

Lei gli accennò col capo verso una sedia. Grego si contorceva nel tentativo di divincolarsi dalla presa di Ender. Lui lo sollevò al punto che la loro testa fu allo stesso livello. — Sai, Grego, se tu ti liberassi finiresti a testa in giù sul pavimento. Se ci fosse un tappeto avresti qualche probabilità di non svenire per il colpo. Ma non c’è. E il tonfo che farebbe il tuo cranio sulle mattonelle si sentirebbe anche da fuori.

— Veramente, non capisce ancora molto bene lo stark — lo informò la ragazza.

Ender sapeva che Grego lo capiva più che a sufficienza. Con la coda dell’occhio colse un movimento. Olhado era rientrato, fermandosi sulla porta della cucina, e al suo fianco c’era Quara. Ender rivolse loro un sorrisetto, avviandosi alla sedia che gli era stata indicata. Nel muoversi scaraventò Grego in alto, lasciandogli per qualche istante le mani e i piedi, e il bambino roteò nell’aria con un strillo di spavento. Lui fu svelto a riprenderlo al volo e sedette, con calma, immobilizzandogli di nuovo le braccia. Grego scalciò nel tentativo di colpirlo con i calcagni, ma la mossa fallì e pochi secondi dopo era di nuovo imprigionato e senza più possibilità di nuocere.

— È un sollievo potersi sedere — sospirò Ender. — Molto obbligato per la vostra simpatica accoglienza. Il mio nome è Ender Wiggin. Ho già conosciuto Olhado e Quara. E ovviamente Grego e io siamo grandi amici.

La ragazza si strofinò le mani sul grembiule come se stesse per offrirgli la destra da stringere, ma non lo fece. — Io sono Ela Ribeira. Ela è il diminutivo di Elanora.

— Piacere di conoscerla. Mi spiace di aver interrotto le sue faccende. Suppongo che avrà da preparare la cena, adesso.

— Sì, ho molto da fare. Preferirei che tornasse domani.

— Oh, si occupi pure delle sue cose. Io aspetterò qui.

Un altro ragazzo, più anziano di Olhado ma di due o tre anni inferiore di Ela, fece la sua comparsa nell’atrio. — Non ha sentito quel che ha detto mia sorella? Lei non è gradito in casa nostra!

— Siete davvero molto gentili — disse Ender. — Ma io sono qui per vedere vostra madre, e aspetterò finché non sarà tornata dal lavoro.

Il sentir menzionare la loro madre li azzitti.

— Almeno, presumo che sia al lavoro. Se fosse qui, mi attenderei che questi eccitanti avvenimenti l’avrebbero fatta comparire di corsa.

Olhado ebbe un breve sorriso a quell’osservazione, ma il fratello più anziano si rabbuiò, e sul volto di Ela si dipinse un’espressione di disagio. — Perché vuole parlare con lei? — chiese la ragazza.

— In realtà desideravo conoscervi tutti. — Elargì un sorrisetto al più anziano dei maschi. — Tu devi essere Estevão Rei Ribeira. Chiamato Estevão da Santo Stefano Martire, colui che vide Gesù seduto alla destra di Dio.

— Che vuol saperne di queste cose un ateo come lei?

— Si dice che San Paolo sopportò le percosse e poi rubò i mantelli degli uomini che l’avevano bastonato. È ovvio che non era un credente a quell’epoca. Anzi penso che fosse ritenuto forse il più terribile nemico della Chiesa. Tuttavia in seguito volle redimersi, no? È in questo modo che ti suggerisco di pensare a me: non come un nemico di Dio, ma come un apostolo che non è ancora stato fermato sulla Via di Damasco. — Ender sorrise.

Il ragazzo lo fissò, stringendo le labbra. — Lei non è San Paolo.

— Al contrario — disse lui. — Io sono l’apostolo dei maiali.

— Lei non li vedrà neppure. Miro non glielo permetterà.

— Forse lo farò, invece — disse una voce dalla porta. Gli altri si volsero, sorpresi. Miro era giovane, certo neppure ventenne, ma sul volto portava i segni di sofferenze e responsabilità che avevano poco in comune con la giovinezza. Ender notò il modo con cui i fratelli gli fecero spazio. Non fu come se si ritraessero da qualcuno di cui avevano timore; al contrario, parvero orientarsi su di lui quasi che la sua persona fosse il centro di gravità della stanza e tutto il resto dovesse muoversi in rapporto all’attrazione che emanava.

Miro attraversò il locale e si fermò di fronte a Ender. Ciò che guardava, però, era il suo piccolo prigioniero. — Lo lasci andare — disse. Nella voce aveva una nota gelida.

Ela gli poggiò una mano su un braccio. — Grego ha cercato di accoltellarlo, Miro. — La voce di lei, invece, suggeriva: calmati, va tutto bene, Grego non corre nessun pericolo e quest’uomo non è nostro nemico. Ender sentì tutto questo, e apparentemente anche Miro.

— Grego — disse il giovane, — ti avevo avvertito che un giorno o l’altro avresti trovato uno a cui non puoi far paura.

Nel vedere un alleato trasformarsi improvvisamente in un avversario, Grego cominciò a piangere. — Mi fa male! Mi sta ammazzando!

Miro guardò freddamente Ender. Ela poteva fidarsi dell’Araldo, ma lui no. Quello era uno sconosciuto.

— Gli sto facendo male — annuì Ender. Sapeva che il miglior modo per avere la fiducia altrui stava nel dire verità non richieste, e specialmente verità non troppo piacevoli. — Ogni volta che si contorce per liberarsi, in questa posa sente una fitta di dolore. E non ha ancora smesso di contorcersi.

Tenne gli occhi fissi in quelli di Miro, e il giovane intuì la sua muta richiesta. Dopo un’esitazione fece un passo indietro e scosse le spalle. — Be’, Greguinho, mi spiace ma non posso far niente per te.

— Lasci che lui lo tratti così? — sbottò Estevão.

Miro indicò il fratello a Ender, col pollice. — Ecco perché tutti lo chiamano Quim. — Il soprannome aveva la stessa pronuncia di king in stark. — Cominciò perché il suo secondo nome è Rei. E ora, poco ci manca che dia ordini usando il plurale maiestatis.

— Bastardo! — disse Quim, e lasciò la stanza a passi lunghi.

Gli altri s’erano però alquanto rilassati: Miro aveva deciso di accettare quel tipo, almeno temporaneamente; di conseguenza loro potevano abbassare la guardia. Olhado sedette sul pavimento; Quara tornò ad appollaiarsi sul suo lettuccio. Ela poggiò le spalle al muro. Miro avvicinò un’altra sedia e sedette di fronte a Ender.

— Perché è venuto a casa nostra? — gli chiese.

Dal tono particolare della domanda lui intuì che il giovane, come Ela, non aveva detto ad anima viva di aver convocato un Araldo. Dunque nessuno di loro sapeva che gli altri lo stavano aspettando. E nessuno, evidentemente, aveva previsto che sarebbe arrivato tanto presto.

— Per parlare con vostra madre — tornò a dire.

Il sollievo di Miro fu quasi palpabile, benché si stesse sforzando di non rivelarlo. — È alla Stazione — disse. — Lavora fino a tardi. In questo periodo cerca di produrre una varietà di patate che possano competere con le erbacce locali.

— Come l’amaranto?

Miro sogghignò. — Ne ha già sentito parlare? No, non vogliamo qualcosa che competa a quel modo. Ma qui la nostra dieta è limitata, e avere le patate sarebbe bello. Inoltre, dall’amaranto non si può fare fermentare un liquore decente. I minatori e i contadini hanno già costruito una leggenda intorno alla vodka.