Questo vuol dire che non potrete neppure menzionare un maiale il cui nome sia derivato da contaminazione culturale. «Orcio» svelerebbe che abbiamo insegnato loro i rudimenti dell’arte del vasaio. «Calendar» e «Reaper» (Mietitore) sarebbero ancor più ovvi. E neppure Dio stesso potrebbe salvarci se sentissero nominare Arrow (Freccia).
Novinha s’era attardata nella Stazione Biologista malgrado che il lavoro programmato per quel giorno fosse finito da oltre un’ora. Le pianticelle di patata clonate avevano attecchito nella soluzione nutriente; adesso era solo questione di seguirne giornalmente lo sviluppo per vedere se le sue alterazioni genetiche avrebbero prodotto piante più robuste e con radici capaci di assimilare meglio il terreno locale.
Se non ho più niente da fare, perché non me ne vado a casa? A quella domanda non aveva una risposta valida. I suoi figli avevano bisogno di lei, questo era innegabile; non faceva certo loro un favore uscendo di casa la mattina presto per rientrare solo dopo che i più piccoli erano già a letto. E tuttavia, pur sapendo che avrebbe dovuto andare, ecco che continuava a sedere lì e a guardare il laboratorio, senza vedere niente, senza fare niente, senza vivere.
Pensava a tornare a casa e non riusciva a immaginare perché quella prospettiva non la rallegrava affatto. Eppure, ricordò a se stessa, Marcão è morto. È morto tre settimane fa. Mai troppo presto. Lui ha fatto tutto quello di cui avevo bisogno, e io ho fatto tutto quello che lui voleva, ma ogni nostra ragione per stare insieme era già morta quattro anni prima che luì finalmente scomparisse. Anni in cui non abbiamo mai condiviso un momento d’amore, anche se non ho mai pensato di lasciarlo. Il divorzio, qui, sarebbe stato impossibile, ma avrei potuto dare un taglio alla coabitazione. Metter fine alle botte. Aveva ancora un labbro gonfio e dolorante, dall’ultima volta che lui s’era sfogato a picchiarla. Che amabile ricordo m’hai lasciato in faccia, Cão, povero cane d’un marito!
Mentre ci pensava, nel labbro le saettò una fitta di sofferenza. Annuì, soddisfatta. È esattamente quello che merito, e quando sarò guarita mi dispiacerà.
Si alzò e fece qualche passo, senza zoppicare minimamente malgrado che il dolore all’anca le togliesse ogni forza dalla gamba destra. E non mi curo, non cerco neppure di curarmi. Anche questo è proprio quel che mi spetta.
Uscì e chiuse la porta dietro di sé. Appena se ne fu andata, il computer spense tutte le luci salvo quelle che nutrivano le diverse piante in fase fotosintetica forzata. Lei amava le sue pianticelle, i suoi animaletti vegetali, con un’intensità che a volte la sorprendeva. Crescete, gridava loro giorno e notte, crescete e prosperate. E si disperava per quelle che avvizzivano e cedevano soltanto quando era chiaro che non avevano nessun futuro. Anche adesso, mentre s’allontanava dalla Stazione, sentiva la loro musica subliminale, le grida delle microscopiche cellule che crescevano e si scindevano e si ristrutturavano in schemi sempre più elaborati. Stava andando dalla luce verso la tenebra, dalla vita verso la morte, e la sofferenza emotiva che era in lei peggiorava in perfetta sincronia con lo stato delle sue articolazioni infiammate.
Avvicinandosi a casa sua lungo il versante della collina poté vedere la luce che usciva dalle finestre e illuminava debolmente il tratto erboso oltre la strada. La camera di Quara e di Grego era al buio; non avrebbe dovuto affrontare quelle due insopportabili accuse: il silenzio di Quara e gii improvvisi odiosi misfatti di Grego. Ma la luce quella sera era accesa anche nell’atrio, e perfino in camera sua. Stava accadendo qualcosa fuori dell’ordinario, e a lei non piacevano le cose fuori dell’ordinario.
Olhado era seduto come al solito al terminale del soggiorno e ascoltava qualcosa in cuffia, ma aveva anche il jack dell’interfaccia collegato all’occhio destro. Evidentemente stava riesaminando vecchie immagini da lui trasferite nel computer, o forse vi registrava quelle che aveva visto negli ultimi giorni. Lei lo invidiò. Le sarebbe piaciuto trasferire da qualche altra parte le sue memorie visive, per rimpiazzarle con altre meno sgradevoli. Il cadavere di Pipo, quella era una scena di cui avrebbe voluto alleggerirsi, sostituendola con una tolta dai giorni gloriosi di loro tre insieme nella Stazione. E il corpo di Libo, quel corpo amato, tenuto insieme soltanto dal telo impermeabile in cui lo avevano avvolto. Quanto avrebbe desiderato conservare soltanto le altre impressioni delle sue membra, il tocco di quelle labbra, l’espressività delle sue mani sensibili. Ma i ricordi buoni erano i più deboli, sepolti troppo profondamente sotto altri che li avevano annientati. Io avevo rubato quei giorni, i giorni buoni. È per questo che mi sono stati strappati e sostituiti con quello che meritavo.
Olhado si volse a guardarla, con il jack che gli emergeva oscenamente dall’occhio. Lei non riuscì a reprimere un fremito, un impulso di vergogna. Mi dispiace, disse in silenzio. Se tu fossi figlio di un’altra madre, senza dubbio avresti ancora i tuoi occhi. Eri nato per essere il migliore, il più sano, il più completo dei miei figli, Lauro, ma naturalmente nulla di quello che esce da me può resistere intatto a lungo.
Era un pensiero che non aveva mai espresso in parole, ovviamente, proprio come Olhado non avrebbe osato accennarne. Si volse per andare in camera sua e scoprire perché c’era la luce accesa.
— Mamma — disse Olhado. S’era tolto la cuffia, e stava estraendosi il jack dall’occhio.
— Sì?
— Abbiamo una visita — disse lui. — L’Araldo.
Lei provò una sensazione di gelo. Non questa sera, gridò dentro di sé. Ma sapeva anche che non avrebbe voluto vederlo neppure l’indomani, né i giorni successivi, né mai.
— I suoi pantaloni sono di nuovo asciutti e se li sta cambiando, in camera tua. Spero che non ti importi.
Ela uscì dalla cucina. — Oh, sei tornata — disse. — Ho fatto qualche tazza di cafezinho, una anche per te.
— Io aspetterò fuori finché non se ne sarà andato — disse Novinha.
Ela e Olhado si scambiarono un’occhiata. Novinha capì subito che guardavano a lei come al problema che andava risolto, e che erano d’accordo con qualunque cosa l’Araldo fosse venuto a fare lì. Bene, ma io sono un problema che non può essere risolto da voi.
— Mamma — disse Olhado. — Lui non è come ha detto il vescovo. Lui è buono.
Novinha gli rispose con il suo sarcasmo più graffiante: — E da quando voi siete esperti in quello che è buono o cattivo?
Ela e Olhado tornarono a guardarsi fra loro. Lei intuì ciò che stavano pensando: come possiamo spiegarglielo? Come possiamo persuaderla? Be’, cari figlioli, non potete. Io sono tetragona alla persuasione altrui, come Libo ha dovuto scoprire ogni giorno della sua vita. Non ha mai avuto quel segreto da me. Non è morto per colpa mia.
Ma erano riusciti a modificare il suo primo impulso. Invece di uscire di casa andò a ritirarsi in cucina, passando accanto a Ela sulla soglia ma senza toccarla. Le sottili tazzine da caffè erano già deposte in circolo sul tavolo, con il bricco fumante al centro. Sedette e appoggiò le mani sul tavolo. Così l’Araldo era arrivato, e per prima cosa era venuto da lei. E poi cos’altro avrebbe fatto? È colpa mia se è qui, non è vero? Lui è ancora un’altra persona a cui ho distrutto la vita, dopo la vita dei miei figli, dopo la vita di Marcão, e quella di Libo, e quella di Pipo, e la mia.