— E quale bene può mai fare a noi, eh?
— L’ha già fatto, mamma. Grego si è addormentato fra le sue braccia, e Quara gli ha parlato.
— Per la verità — aggiunse Miro, — gli ha detto che puzzava.
— Il che probabilmente era vero — precisò Ela, — dato che Greguinho gli aveva fatto la pipì addosso.
Fratello e sorella risero al ricordo di quella scena, e anche l’Araldo sorrise. Fu questo, più che tutto il resto, a scombussolare Novinha: simili manifestazioni di buon umore erano virtualmente assenti da quella casa fin dal giorno in cui Marcão l’aveva condotta lì, un anno dopo la morte di Pipo. Suo malgrado Novinha riandò ai momenti di gioia che pure c’erano stati: quando Miro era nato, quando s’era visto dare una sorellina, e quando balbettavano entrambi le prime parole complicate, e quando s’inseguivano per tutta la casa sulle gambette ancora incerte, o quando giocavano sull’erba del prato in vista del recinto e della foresta dei maiali al di là di esso… ed era stata la gioia di Novinha ad avvelenare il sangue di Marcão, a fargli odiare i due bambini, perché sapeva che nessuno dei due era suo. Al tempo della nascita di Quim la casa era già piena di foschi sentimenti, e il bambino non aveva mai imparato a ridere con i fratelli, neppure dove i genitori non potevano sentirli. Ascoltare la risata di Miro intrecciarsi a quella di Ela fu per lei come se una tenda nera fosse stata bruscamente aperta; d’improvviso la luce del sole entrava in un posto dove Novinha era abituata a vedere soltanto una perpetua penombra.
Come osava questo estraneo invadere la sua casa e spalancare le tende che lei aveva chiuso!
— Non posso permetterlo — disse. — Lei non ha il diritto d’intromettersi nella vita di mio marito.
Lui inarcò un sopracciglio. Novinha doveva conoscere il Codice Starways come chiunque altro, perciò sapeva perfettamente che lui aveva non solo il diritto, ma anche la protezione della legge, nel mettere insieme la vera storia di una persona deceduta.
— Marcão era un miserabile — insisté lei, — e dire la verità su di lui causerebbe soltanto inutile dolore.
— Lei non ha tutti i torti dicendo che la verità su di lui causerebbe dolore, ma questo non perché era un uomo miserabile — disse l’Araldo. — Se io dicessi soltanto ciò che tutti già sanno (che odiava i suoi figli, picchiava la moglie, e vagava ubriaco da un bar all’altro finché una guardia non lo rimandava a casa) allora non causerei dolore, no? L’effetto che produrrei sarebbe una soddisfazione generale, perché rassicurerei tutti sul fatto che la loro opinione di lui era corretta. Marcão era un rifiuto, e perciò loro erano dalla parte della ragione quando ne parlavano come di un rifiuto.
— E lei pensa che non lo fosse?
— Nessun essere umano, quando si comprendono le sue aspirazioni, è ingiustificabile. Nessuno ha una vita fatta di niente. Anche le persone più diaboliche, se si esplora la loro vita, hanno compiuto qualche piccolo atto generoso che, almeno un poco, redime i loro peccati.
— Se lei crede questo, allora è più giovane di quello che sembra — disse Novinha.
— Lo sono? — chiese l’Araldo. — Per me sono trascorse meno di due settimane da quando ho ricevuto la sua chiamata. Ho assunto qualche informazione. E anche se lei non lo ricorda, Novinha, io ricordo che da giovane lei era una fanciulla dolce, bella e sensibile. Aveva conosciuto la solitudine, ma poi incontrò Pipo e Libo, e loro la trovarono meritevole di affetto e di comprensione.
— Pipo era già morto, quando lei ne sentì parlare.
— Ma lui la aveva amata.
— Lei non sa niente, Araldo! Lei era a ventidue anni luce di distanza! E poi stavamo dicendo che Marcão, e non io, era un individuo privo di qualunque merito!
— Neppure lei crede questo, Novinha. Perché lei conosce quell’unico atto di gentilezza e di generosità che redime la vita di quel pover’uomo.
Novinha non capì l’oscuro terrore che stava avvertendo, ma doveva tappargli la bocca prima che lui gli desse un nome, anche se non aveva la mìnima idea di quale gentilezza di Marcão pensasse di aver scoperto. — Come si permette di chiamarmi Novinha! — esplose. — Nessuno mi ha più chiamata così da quattro anni!
Per tutta risposta lui alzò una mano e le sfiorò una guancia con la punta delle dita. Era un gesto timido, quasi da adolescente; ma le ricordò Libo, e questo fu più di quanto poteva sopportare. Gli scostò la mano con un colpo secco della sua, poi lo oltrepassò ed entrò in camera.
— Tu esci! — gridò a Miro. Il figlio si alzò subito e indietreggiò fino alla porta. Sulla faccia di lui Novinha lesse che, dopo tutto ciò che Miro aveva visto accadere in quella casa, c’era ancora qualcosa, la rabbia di lei, capace di sorprenderlo.
— Lei non avrà niente da me! — gridò all’Araldo.
— Non sono qui per avere qualcosa da lei — fu la sua calma risposta.
— E non voglio neppure niente di quel che lei ha da dare. Per me lei non ha alcun merito, lo capisce questo? È lei quello senza nessun merito e nessun valore! Lixo, ruina, estrago… vai fora da aqui! Não tens direito estar em minha casa! — Non hai diritto di stare in casa mia!
— Não eres estrago — mormorò lui, — eres solo fecundo, e vou piantar jardim aì. — Poi, prima che lei potesse replicare, chiuse la porta e si allontanò nel corridoio.
Ma lei non avrebbe mai saputo cosa replicargli, tanto le sue parole erano state oltraggiose. Lei l’aveva chiamato estrago, e lui aveva risposto come se Novinha avesse rivolto a se stessa l’accusa d’essere un terreno sterile. Lei aveva parlato con disprezzo, usando il familiare tu in modo insultante, invece di o senhor o dell’informale vóce. Era la grammatica con cui si parlava a un bambino, o a un cane. Eppure quando lui le aveva risposto con le stesse parole, con la stessa familiarità, era stato in modo del tutto diverso: «Tu sei un suolo fertile, ed io pianterò un giardino in te». Era una di quelle cose che un poeta potrebbe dire alla sua fidanzata, o un marito alla moglie, e quel tu era intimo, non arrogante. Ma come ha osato! sussurrò a se stessa, toccandosi la guancia dove lui l’aveva toccata. È mille volte più perverso di quel che qui immaginano sia un Araldo. Monsignor Peregrino aveva ragione. È pericoloso, l’infedele, l’anticristo. Lui cammina sfrontatamente in posti del mio cuore che tenevo come fossero terreno consacrato, dove a nessun altro era permesso entrare. E mette in piedi sui piccoli germogli che si aggrappano ancora alla vita in questo suolo disseccato. Come osa! Vorrei esser morta prima d’averlo conosciuto. Non c’è dubbio che mi farà in pezzi, prima d’aver finito quello per cui è venuto.
Vagamente cominciò ad accorgersi che qualcuno stava piangendo. Quara. Come c’era da aspettarsi, le sue grida l’avevano svegliata; non aveva mai avuto il sonno pesante. Andò alla porta e l’aprì, ma proprio mentre stava per uscire sentì che la bambina smetteva di piangere. La voce di un uomo le cantava gentilmente qualcosa, una specie di ninnananna in un’altra lingua. Tedesco, parve a Novinha, o nordico, o comunque un dialetto a lei sconosciuto. Ma conosceva la voce che stava cantando, e capì che Quara s’era subito tranquillizzata.
Novinha non era mai stata tanto spaventata, dal giorno in cui aveva saputo che Miro intendeva diventare zenador e seguire le stesse orme dei due uomini che i maiali avevano assassinato. Quest’uomo sta districando il groviglio delle nostre vite, per riordinarle, per riannodarle insieme; ma nel procedimento porterà alla luce i miei segreti. Se scoprirà com’è morto Pipo e lo dirà, com’è suo compito dire, anche Miro ne verrà a conoscenza e questo lo ucciderà. Io non farò più sacrifici ai maiali; sono Dei troppo crudeli da adorare.