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Adesso Human stava aprendo il printout all’ultima pagina. Miro s’accorse che dal momento in cui aveva aperto l’involto tutti i maiali gli si erano radunati silenziosamente attorno. La danza per sbattere il burro era finita. Human toccò le ultime parole dello stampato. — L’Araldo dei Defunti — mormorò.

— Sì. L’ho incontrato ieri sera.

— Questo è il vero Araldo. È stato Rooter a dirlo. — Miro li aveva informati che c’erano moltissimi Araldi, e che l’autore della Regina dell’Alveare e dell’Egemone era sicuramente morto. Evidentemente i maiali non riuscivano a liberarsi della speranza che quello appena giunto lì fosse il primo, quello che aveva scritto il santo libro.

— Io credo che sia un bravo Araldo — disse Miro. — È stato gentile con la mia famiglia, e penso che meriti fiducia.

— Quando verrà a parlare con noi?

— Non gliel’ho ancora chiesto. Non è una cosa che io possa dire così su due piedi. Occorre tempo.

Human rovesciò la testa all’indietro e ululò. È la mia morte? pensò Miro.

No. Gli altri toccarono Human con gentilezza, poi lo aiutarono a riavvolgere il rotolo e a portarlo via. Miro si alzò per andarsene. Nessuno dei maiali lo guardò allontanarsi; pur senza ostentare d’ignorarlo tutti si misero a fare qualcosa d’altro. Per loro avrebbe potuto essere invisibile.

Ouanda lo raggiunse appena prima che sbucasse dai confini della foresta, dove il sottobosco ancora li riparava da eventuali osservatori all’interno di Milagre, se pure qualcuno s’era mai preoccupato di guardare da quella parte. — Miro! — lo chiamò a bassa voce. Lui si volse giusto in tempo per trovarsela fra le braccia, e con un tale impeto che dovette fare un passo indietro per non cadere. — Stai tentando di ammazzarmi? — chiese, o almeno cominciò a chiedere, perché la bocca di lei già cercava la sua e questo rendeva difficoltoso parlare. Lui rinunciò a farfugliare e le restituì il bacio, a lungo e con passione. Poi la ragazza si scostò bruscamente.

— Stai… chiedendo troppo — disse, arrossendo.

— Succede, quando una ragazza mi aggredisce nel bosco per baciarmi.

— Le tue mani sono troppo audaci, ma dovranno aspettare ancora un bel pezzo! — Ouanda lo prese per la cintura e lo attrasse a sé, dandogli ancora un bacetto. — Mancano sempre due anni per poterci sposare senza il consenso di tua madre.

Miro non cercò neppure di discutere. I sermoni dei preti sulla condotta delle coppiette prima del matrimonio lo irritavano, ma capiva bene quanto fosse importante, o inevitabile, aderire a certe regole moralistiche in una comunità ristretta come Milagre. Città di maggiori dimensioni avrebbero assorbito senza batter ciglio ogni ragionevole deviazione dalla pubblica morale, ma Milagre era troppo piccola. Ciò che Ouanda evitava di fare per religiosità, Miro evitava per raziocinio, e malgrado l’abbondanza di occasioni non s’erano mai spinti al di là di un bacio. Ma se il giovane avesse pensato per un momento che qualcosa poteva impedire loro di sposarsi, la verginità di Ouanda avrebbe corso un grave e immediato pericolo.

— Questo Araldo — disse Ouanda. — Tu sai come la penso sul fatto che sia stato chiamato qui.

— Adesso sta parlando la tua religiosità, non il tuo imparziale raziocinio. — Cercò di baciarla, ma lei abbassò il viso all’ultimo momento e la sua bocca le trovò invece il naso. Miro glielo baciò ardentemente, finché lei rise e lo spinse via.

— Oggi sei stato offensivo oltreché poco scientifico, Miro — disse, asciugandosi il naso con una manica. — Abbiamo gettato alle ortiche ogni seria metodologia di studio, decidendo di aiutarli a innalzare il loro tenore di vita. Ci vorranno dieci o vent’anni prima che i satelliti comincino a individuarne gli inevitabili risultati. Per allora forse saremo riusciti a ottenere delle modifiche permanenti. Ma non abbiamo nessuna possibilità se uno straniero ficca il naso nei nostri progetti. Lui li metterà in piazza.

— Forse lo farà, e forse no. Anch’io ero uno straniero una volta, lo sai.

— Strano, ma non straniero. Mai.

— Avresti dovuto vederlo ieri sera, Ouanda. Prima con Grego, e poi quando Quara si è svegliata piangendo…

— Bambini soli, infelici. Questo cosa prova?

— E con Ela. Che risate ci siamo fatte. E Ohlado, che si sentiva davvero parte di una famiglia.

— E Quim?

— Se non altro ha smesso di invocare che scacciassimo l’infedele.

— Mi fa piacere per la tua famiglia, Miro. Spero che possiate trarne giovamento durevole, davvero… posso vedere un cambiamento anche in te. Hai perso quella tristezza che sembravi portarti sempre sulle spalle. Ma non permettergli di venire qui.

Miro si mordicchiò un labbro per qualche istante, poi si avvicinò a passi svelti. Ouanda lo raggiunse di corsa e lo prese sottobraccio. Erano ormai all’aperto, ma fra loro e il cancello c’era l’albero di Rooter. — Non lasciarmi indietro a questo modo! — protestò orgogliosamente lei. — Non voglio che tu mi volti le spalle così!

— So che hai ragione — borbottò Miro, — ma non posso impedirmi di sentire quello che sento. Quando lui era in casa mia, mi è parso di… era come se con noi ci fosse Libo.

— Papà odiava tua madre, Miro… non sarebbe mai venuto da voi.

— Ho avuto la stessa sensazione. In casa nostra l’Araldo mi faceva lo stesso effetto di Libo quando eravamo insieme nella stazione. Capisci?

— Se capisco? Questo signore viene da voi, si comporta come tuo padre non avrebbe mai fatto, e tutti quanti vi mettete a fare le fusa come gattini!

Il disprezzo che le aveva fatto storcere la bocca era irritante. Miro provò l’impulso di schiaffeggiarla. Invece si spostò di lato e abbatté il pugno sul tronco dell’albero di Rooter. Piantato un quarto di secolo addietro, aveva già circa ottanta centimetri di diametro, e la corteccia rugosa e irregolare gli ferì la mano.

Ouanda si fermò alle sue spalle. — Mi spiace, Miro, non volevo…

— Volevi dirlo, invece. E hai detto una cosa stupida e egoista!

— Sì, d’accordo, ma io…

— Soltanto perché mio padre era una carogna, questo non significa che io sia diventato così idiota da sdilinquirmi per il primo sconosciuto che viene a darmi una pacca su una spalla!

Le mani di lei gli accarezzarono i capelli, le braccia, la schiena. — Lo so, lo so, lo so…

— È perché io so cosa sia un uomo di cuore… non solo un padre, un uomo buono. Ho conosciuto bene Libo, sì o no? E quando ti dico che questo Araldo, questo Andrew Wiggin, è come Libo, allora devi ascoltarmi, e non fare smorfie come se sentissi uggiolare un cão!

— Io ti ascolto. Voglio conoscerlo, Miro.

Il giovane sorprese se stesso: cominciò a piangere. E sapeva che anche questo era parte di ciò che poteva fare quell’Araldo, perfino quando non era presente. Era stato lui a sciogliere i nodi che gli avevano chiuso il cuore, e ora Miro non poteva impedirsi di lasciarne uscire tutto.

— Hai ragione anche tu — mormorò, con voce distorta dall’emozione. — Ho visto cosa riusciva a fare il suo tocco risanatore, e ho pensato: ah, se solo fosse stato lui mio padre! — Si volse a Ouanda, e non gli importò di mostrarle i suoi occhi gonfi e il volto rigato di lacrime. — Proprio quello che dicevo fra me ogni giorno, quando uscivo dalla Stazione Zenador per tornarmene a casa: se solo Libo fosse mio padre, se solo io fossi suo figlio!

Lei sorrise e lo abbracciò; i suoi capelli gli asciugarono le lacrime sul viso. — Ah, Miro, ma io sono felice che non fosse tuo padre. Perché allora sarei tua sorella, e non potrei mai sperare di averti per me.