OUANDA: — Vestigia di capezzoli. Anche tu li hai.
MIRO: — Ieri ho visto Mangia-Foglie e Orcio. Erano a una dozzina di metri da me, e non ho potuto vedere bene, ma Orcio stava strofinando l’addome di Mangia-Foglie, e credo che quella protuberanza si fosse inturgidita.
OUANDA: — Non puoi affermare che c’è un’equivalenza fra una reazione umana e una reazione dei maiali.
MIRO: — Una cosa è certa: l’addome di Mangia-Foglie era bagnato. Luccicava al sole. E lui aveva l’aria di godersela.
OUANDA: — Allora sono pervertiti.
MIRO: — Perché non dovrebbero? Sono scapoli, no? E sono adulti, ma le loro cosiddette mogli non hanno introdotto nessuno di loro alle gioie della paternità.
OUANDA: — A me sembra che uno zenador troppo esuberante e affamato di sesso stia proiettando le proprie frustrazioni sui suoi soggetti di studio.
Nella radura tutto era silenzio. Miro capì subito che c’era qualcosa che non andava. I maiali non stavano facendo niente. Si limitavano a starsene seduti qua e là. E immobili, quasi senza respirare. Tenevano lo sguardo abbassato al suolo.
A eccezione di Human, che usciva in quel momento dalla boscaglia alle loro spalle. Lentamente e con andatura rigida il maiale girò loro attorno. Miro sentì che Ouanda gli si stringeva al fianco, ma non la guardò. Sapeva che la ragazza stava pensando la stessa cosa che pensava lui. È questo il loro modo di agire quando si preparano ad uccidere, com’è successo con Pipo e con Libo?
Human li guardò fissamente per alcuni minuti, finché quell’attesa e quella tensione divennero snervanti. Ma Miro e Ouanda mantennero l’autocontrollo; non aprirono bocca, non permisero neppure ai loro volti di perdere l’espressione rilassata e indifferente che da anni era la loro abituale maschera da lavoro. L’arte di non comunicare era la prima che avevano dovuto apprendere, prima che Libo gli permettesse di accompagnarlo lì. Finché la faccia non rivelava nulla dei loro scopi, finché il respiro non tradiva emozione davanti a certe cose, i maiali ne sarebbero rimasti all’oscuro. Come se questo servisse a qualcosa… Human era troppo perspicace nel tradurre le risposte evasive e le frasi vuote in constatazioni, deduzioni chiare, dichiarazioni di fatto. Anche la loro assoluta immobilità senza dubbio gli parlava ora di paura e di sconcerto, ma da questo non c’era via di fuga. Ogni cosa comunicava qualcosa.
— Voi ci avete mentito — disse Human.
Non rispondergli, disse Miro in silenzio, e Ouanda tacque come se lo avesse udito. Probabilmente anche lei stava cercando d’inviargli lo stesso messaggio.
— Rooter dice che l’Araldo dei Defunti vuole venire da noi.
Di nuovo quel loro modo psicotico di comportarsi. Ogni volta che avevano qualcosa di offensivo su cui recriminare, attribuivano la lamentela a qualche maiale morto come per farla cadere ancor più dall’alto. Senza dubbio in ciò era coinvolto un rituale religioso: andare davanti all’albero-totem, fargli la domanda del giorno, e poi sedersi lì a contemplare le foglie o la corteccia o qualcos’altro finché non prendeva forma proprio la risposta che si era pensato di ottenere.
— Non vi abbiamo mai detto il contrario — disse Miro. Sentì il respiro di Ouanda farsi leggermente più rapido.
— Avete detto che lui non voleva venire.
— Questo è vero — annuì Miro. — Non intendeva farlo. Deve ubbidire alla legge come chiunque altro. Se cercasse di oltrepassare il recinto senza permesso…
— Questa è una menzogna.
Miro tacque.
— È la legge — disse con calma Ouanda.
— La legge è già stata infranta altre volte — replicò Human. — Voi potreste portarlo qui, ma non lo fate. Tutto dipende dalla sua venuta qui. Rooter dice che la Regina dell’Alveare non potrà darci i suoi doni finché lui non verrà.
Miro represse un mugolio d’impazienza. La Regina dell’Alveare! Non aveva già detto una dozzina di volte ai maiali che gli Scorpioni erano stati completamente sterminati? E adesso questa regina morta stava parlando loro, come il morto Rooter. Trattare con i maiali sarebbe stato molto più agevole, se avessero smesso di prendere ordini dai morti.
— È la legge — ripeté Ouanda. — Se anche osassimo chiedergli di venire, lui potrebbe fare rapporto alle autorità e noi verremmo mandati via, senza poter più tornare da voi.
— Lui non vi farà rapporto. Vuole venire.
— Come lo sai?
— Lo ha detto Rooter.
C’erano momenti in cui a Miro veniva una voglia matta di abbattere l’albero-totem cresciuto sul luogo dell’eccidio di quel maiale. Magari questo li avrebbe fatti smettere con l’abitudine di citare Rooter. Ma probabilmente si sarebbero limitati a dare il nome di Rooter a un altro albero, e la cosa li avrebbe offesi. Non lasciargli mai capire che si dubita della loro religione: era una regola da libro di testo. Qualunque xenologo, perfino gli antropologi, la rispettavano.
— Domandateglielo — disse Human.
— A Rooter? — chiese Ouanda.
— Lui non parlerebbe a voi - precisò Human. Con disprezzo? — Domandate all’Araldo se vuol venire o no.
Miro attese che a rispondere fosse Ouanda. Lei sapeva già quel che lui avrebbe detto. Non ne avevano discusso una dozzina di volte negli ultimi due giorni? È un brav’uomo, diceva Miro. È un imbonitore di professione, diceva Ouanda. È stato abile con Grego e Quara, diceva Miro. Lo sono anche i molestatori di bambini, diceva Ouanda. Possiamo fidarcene, diceva Miro. Lui ci tradirà, diceva Ouanda. E lì era dove la discussione arrivava a un punto morto.
Ma i maiali stavano cambiando i termini dell’equazione. I maiali aggiungevano la loro spinta a quella di Miro. Quando chiedevano l’impossibile, di solito Miro aiutava Ouanda a farli desistere; ma questa non era una pretesa impossibile e lui non voleva deluderli, così non disse niente. Continua a far pressione, Human, perché stavolta tu hai ragione e Ouanda dovrà cedere.
Sentendosi in minoranza e conscia che Miro non l’avrebbe spalleggiata, lei avanzò una concessione: — Forse. A patto che lui non entri per più di un passo nella boscaglia.
— Portatelo qui — insisté Human.
— Non è possibile — disse lei. — Ma guardatevi! Indossate vesti. Mangiate pane. Fabbricate vasi.
Human sorrise. — Sì — disse. — Tutte queste cose. Portatelo qui.
— No — replicò Ouanda.
Miro s’irrigidì, trattenendosi a stento dal voltarsi a toccarla. Era un’altra delle cose che mai avevano fatto: un secco rifiuto a una richiesta. Fin’allora avevano adottato il «Non è possibile, perché…» oppure «Vorrei poterlo fare, ma…» evitando come la peste il rifiuto personale, il «No. Io non voglio».
Il sorriso di Human si spense. — Pipo ci ha detto che le vostre donne non decidono. Ci ha detto che uomini e donne decidono insieme. Perciò tu non puoi dire no, se non dice no anche lui. — Si volse a Miro. — Tu dici di no?
Miro non rispose. Sentì un gomito di Ouanda toccare il suo.
— Tu non dici niente - osservò Human. — Non dici né sì né no.
Di nuovo Miro non diede risposta.
Alcuni maiali nelle vicinanze si alzarono. Il giovane non seppe immaginare quali fossero le loro intenzioni, ma dopo il suo silenzio così provocante quel movimento gli parve pericoloso. Ouanda, che avrebbe saputo tener testa all’ostilità diretta a lei, nel veder minacciato Miro cedette. — Lui dice di sì — mormorò.
— Lui dice sì, ma per te sta zitto. Tu dici no, ma non stai zitta per lui - Con un dito Human si tirò fuori di bocca un groppo di muco denso e lo sbatté al suolo. — Tu non sei niente.