Lei annuì, irritata dal proprio balbettio infantile.
— Non posso promettere una cosa del genere — disse Ender. — Il mio lavoro è di rivelare, anzi.
Lei si volse di scatto a Miro. — Lo vedi?
Il giovane non nascose la sua paura. — Lei non può far questo! Chiuderanno il recinto. Non ci lasceranno più uscire!
— E voi, sareste capaci di stravolgere il vostro metodo di lavoro? — osservò Ender.
Ouanda lo fissò, sprezzante. — Pensa che la xenologia non sia altro che questo? Un’occupazione? Là in quei boschi esiste un’altra specie intelligente. Ramans, non varelse, e l’umanità deve conoscerli.
Ender non rispose, ma il suo sguardo non si staccò dal volto di lei.
— È come per La Regina dell’Alveare e l’Egemone - disse Miro. — I maiali sono come gli Scorpioni. Soltanto più piccoli, più deboli, più primitivi. Noi dobbiamo studiarli, certo, ma questo non è abbastanza. Lei può studiare degli animali e non fare una piega se uno di loro casca morto o viene divorato, ma questi sono… sono come noi. Non possiamo limitarci a studiare il modo in cui muoiono di fame, a osservare una guerra che li stermina. Noi li conosciamo, noi…
— Voi li amate — disse Ender.
— Sì! — lo sfidò Ouanda, rabbiosamente.
— Ma se li lasciaste, se non foste più qui, non per questo scomparirebbero, no?
— No — disse Miro.
— Te l’ho detto che sarebbe stato come ricevere qui un membro del Comitato — disse Ouanda.
Ender la ignorò. — Quali sarebbero le conseguenze per loro, se voi due li lasciaste?
— Sarebbe come… — Miro si sforzò di trovare le parole, — come se lei potesse tornare indietro, ai tempi della vecchia Terra, prima di Ender lo Xenocida, prima dei viaggi spaziali, e dicesse loro: ecco, potrete viaggiare fra le stelle, potrete vivere su altri mondi. E mostrasse loro un migliaio di piccoli miracoli: luci che si accendono con un interruttore, il metallo, l’agricoltura, o anche cose semplici come vasi per tenerci l’acqua. Loro la osserverebbero, saprebbero chi è lei, s’accorgerebbero di poter fare le stesse cose, capirebbero di poter diventare come lei, e poi… si aspetta forse che direbbero: portate via questa roba, non fatecela vedere, lasciateci vivere la nostra spiacevole, ristretta, selvaggia esistenza, e che l’evoluzione faccia il suo corso naturale? No. Direbbero: dateci, insegnateci, aiutateci.
— I vostri ordini sono di rispondere: non posso. E di voltar loro le spalle.
— È troppo tardi! — esclamò Miro. — Ma non capisce? Loro hanno già visto questi miracoli! Ci hanno visti arrivare in volo. Hanno visto delle creature alte e forti, con utensili magici e oggetti che mai avevano sognato. È troppo tardi per dir loro addio e andarcene. Ora sanno che queste cose sono realizzabili. E più a lungo restiamo, più cercheranno di imparare; e più cose impareranno, più noi vedremo quanto questo li aiuta. E se lei ha una briciola di compassione, se lei capisce che sono… che sono…
— Umani?
— Ramans, comunque. Sono nostri figli. Lo capisce questo?
Ender sorrise. — E quale uomo, se suo figlio gli domanda un pezzo di pane, gli getterebbe una pietra?
Ouanda annuì. — Sì, è così. Le leggi della Federazione dicono che noi dobbiamo gettargli una pietra. Anche se abbiamo pane da sprecare.
Ender si alzò. — Bene. Mettiamoci in cammino.
Ouanda s’irrigidì. — Lei non ha promesso che…
— Avete letto La Regina dell’Alveare e l’Egemone?
— Io sì — rispose Miro.
— Riesci a concepire che una persona, dopo aver scelto di fare di se stesso un Araldo dei Defunti, possa volere qualcosa di male per questi Piccoli, questi pequeninos?
L’atteggiamento ansioso di Ouanda si rilassò visibilmente, ma non così la sua ostilità. — Lei è sottile, senhor Andrew, Araldo dei Defunti, lei è molto abile. A lui ha parlato della Regina dell’Alveare, e a me ha ricordato un passo del Vangelo.
— Io parlo a ciascuno nella lingua che può comprendere — disse Ender. — Questo non è essere sottili. È essere chiari.
— Così lei farà quello che vuole.
— Finché non ne verrà un danno per i maiali.
Ouanda sbuffò. — Secondo il suo giudizio, la sua logica.
— La mia logica è l’unica di cui dispongo. — Le volse le spalle e uscì dall’ombra che l’albero allungava al suolo, incamminandosi verso la boscaglia che lo attendeva alla sommità dell’altura. I due giovani lo seguirono, accelerando il passo per raggiungerlo.
— Bisogna che gliene parli — disse Miro. — I maiali hanno chiesto di lei. Sono convinti che lei sia lo stesso Araldo che scrisse La Regina dell’Alveare e l’Egemone.
— Lo hanno letto?
— L’hanno subito incorporato nella loro religione, a dire il vero. Trattano come fosse sacra la copia che gli abbiamo dato. E adesso affermano che la Regina stessa gli sta parlando.
Ender lo guardò. — E cosa gli dice? — chiese.
— Che lei è il primo Araldo, e che ha portato la Regina con sé. E che la manderà a vivere con loro, e che insegnerà loro tutto sui metalli e… è davvero una faccenda pazzesca. Ma la cosa peggiore è che da lei si aspettano tutte queste cose impossibili.
Avrebbe potuto essere un semplice sogno da parte loro, come Miro ovviamente credeva, ma Ender sapeva che dal suo bozzolo la Regina aveva parlato a qualcuno. - In che modo, secondo loro, la Regina dell’Alveare gli parla?
Ouanda l’aveva affiancato sull’altro lato. — Non parla a loro, soltanto a Rooter. E Rooter parla alla tribù. È tutto parte del loro sistema di totem. Noi non abbiamo mai messo in dubbio la cosa, e agiamo come se ci credessimo.
— Quant’è gentile da parte vostra — disse Ender.
— È una pratica antropologica standard — puntualizzò Miro.
— Siete talmente indaffarati a fingere di credere loro, che non c’è una sola probabilità al mondo che possiate imparare qualcosa da loro.
Per qualche momento i rami bassi ostacolarono i due giovani, cosicché Ender entrò nella foresta da solo. Dovettero correre per raggiungerlo. — Noi abbiamo dedicato la vita a imparare da loro! — disse Miro.
Ender si fermò. — Non da loro. — Erano sotto i primi alberi, e il gioco d’ombre proiettato dalle foglie rendeva i loro volti quasi illeggibili. Ma lui sapeva cos’avrebbe letto sulle facce degli altri due. Rabbia, disprezzo, risentimento: come osava quello straniero ignorante discutere le loro capacità professionali? Ecco come osava: — Voi siete impreganti fino al midollo della vostra supremazia culturale. Vi degnate di studiare le Domande del Giorno per dare informazioni e aiuto a quei poveri piccoli maiali, ma non avete una probabilità al mondo di accorgervi quando loro hanno qualcosa da insegnare a voi.
— Qualcosa di che genere? — saltò su Ouanda. — Forse il modo di uccidere un benefattore, di torturarlo a morte dopo avergli visto salvare la vita delle loro femmine e dei loro piccoli?
— Allora perché tollerate questo? Perché siete qui ad aiutarli, dopo ciò che hanno fatto?
Miro si spostò, scivolando fra Ouanda e lui. Per proteggerla, pensò Ender. O forse per trattenerla dal rivelare le sue debolezze. - Noi siamo dei professionisti. Possiamo capire che differenze culturali, ancora non ben chiarite…
— Voi continuate a pensare che i maiali siano animali, e non li condannate per aver ucciso Pipo e Libo più di quanto non condannereste un cabras per aver mangiato il capim.