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Poi Human sollevò una mano debole e tremante, e toccò il volto dell’Araldo. Inalò aria, ebbe un grugnito rauco, e infine riuscì a dire: — Vedi, Araldo? Io morirei, pur di salire sul muro che ci separa dalle stelle.

In tutti gli anni dacché Miro li conosceva, e anche in quelli precedenti, i maiali non avevano mai parlato dei viaggi spaziali né fatto una sola domanda sull’argomento. Tuttavia adesso capiva che ognuna delle loro domande era orientata alla scoperta del segreto del volo interstellare. Gli xenologi non l’avevano neppure sospettato, poiché sapevano (di nuovo «sapevano» senza averlo domandato neppure a se stessi) che i maiali avevano un livello culturale così basso che non sarebbero bastati loro mille anni per giungere al punto in cui una razza può cominciare a sognare i viaggi spaziali. Ma le loro richieste di informazioni sui metalli, sui motori, sui veicoli che non toccavano il terreno, tutto ciò era il loro modo d’indagare verso il segreto del volo fra le stelle.

Faticosamente, afferrandosi alle mani dell’Araldo, Human si tirò in piedi. Miro si trovò a pensare che da quando aveva iniziato a frequentare i inaiali non uno di loro l’aveva preso per mano. Questo lo seccò alquanto, perché si rese conto d’essere geloso.

Human s’era ripreso con stupefacente rapidità, e quando gli altri maiali se ne furono accertati tornarono a sedersi attorno all’Araldo. Non si prendevano a gomitate, ma tutti volevano avvicinarsi il più possibile.

— Rooter dice che la Regina dell’Alveare sa come costruire le astronavi — disse Freccia.

— Rooter dice che la Regina dell’Alveare ci insegnerà tutto — aggiunse Orcio. — Metalli, fuoco fatto con la roccia, case fatte di acqua nera, tutto quanto.

L’Araldo alzò le mani per metter fine al loro vociare. — Se voi foste assetati ed io avessi l’acqua, tutti verreste a chiedermi di bere. Ma che accadrebbe se io sapessi che l’acqua è velenosa?

— Non c’è veleno nelle astronavi che volano sulle stelle — disse Human.

— Ci sono molti sentieri per arrivare alle stelle — disse l’Araldo. — Alcuni sono migliori di altri. Io vi darò tutto ciò che potrò, ma non quello che vi distruggerebbe.

— La Regina dell’Alveare lo ha promesso! — disse Human.

— E così faccio io.

Human si piegò in avanti, afferrò l’Araldo per i capelli e gli orecchi e lo attrasse più vicino. Miro non aveva mai visto un atto di violenza così chiaro; era ciò che temeva da sempre, la decisione di uccidere…

— Se noi siamo ramans — gridò Human in faccia all’Araldo, — allora sta a noi decidere, non a voi! E se siamo varelse, allora tanto vale che tu ci ammazzi tutti fin d’ora, così come hai ammazzato tutte le sorelle della Regina dell’Alveare!

Miro era sbigottito. Una cosa era che i maiali credessero d’avere lì l’autore del libro; ma come potevano esser giunti all’inverosimile conclusione che lui fosse in qualche modo colpevole delle Xenocidio? Chi mai gli aveva suggerito l’idea di paragonarlo al mostruoso Ender?

Eppure l’Araldo dei Defunti se ne stava seduto senza fare un gesto, con gli occhi chiusi e le lacrime che gli scivolavano giù per le guance, quasi che l’accusa di Human avesse per lui la forza della verità.

Human si volse a Miro. — Cos’è quest’acqua? — sussurrò. Con un dito toccò le lacrime dell’Araldo.

— È il modo in cui noi mostriamo dolore, oppure sollievo dalla sofferenza — rispose il giovane.

Mandachuva si alzò di scatto e gridò; un ululato stridulo che Miro non aveva mai udito, simile al gemito snervante di un animale in agonia.

— Questo è il modo in cui mostriamo dolore noi — sussurrò Human.

— Ahyy-yaw! Ahyy-yaw! - gridò ancora Mandachuva. — Io ho già visto quest’acqua! Negli occhi di Pipo e di Libo io ho visto quest’acqua!

I maiali diedero segni d’incredulità. Poi, uno dopo l’altro e infine tutti insieme, unirono la loro voce a quel coro agghiacciante. Miro era eccitato e terrorizzato nello stesso tempo. Non aveva la minima idea di quel che stava accadendo, ma i maiali mostravano emozioni di un genere che per quarantasette anni avevano nascosto agli xenologi.

— Credi che stiano soffrendo per papà? — mormorò Ouanda. Anche gli occhi di lei brillavano d’eccitazione, ma stava sudando freddo per la paura.

Miro lo disse nello stesso istante in cui gli venne da pensarlo: — Fino a questo momento non sapevano che Pipo e Libo, quando li hanno uccisi, stavano piangendo.

Il giovane non riuscì a capire quali pensieri attraversassero la mente di Ouanda, ma subito dopo la vide alzarsi, fare qualche passo e poi cadere in ginocchio con le mani poggiate al suolo, scossa dai singhiozzi.

Di una cosa era certo: l’arrivo dell’Araldo aveva sicuramente stravolto tutto quanto.

Miro si accostò di più all’Araldo, che aveva il capo chino e il mento poggiato sul petto. — Mi ascolti — disse sottovoce. — Come pode ser? Come può essere che lei sia il primo Araldo e anche Ender? Não pode ser!

— Lei ha detto loro più di quel che mi sarei aspettato — rispose lui in un sussurro.

— Ma l’Araldo dei Defunti, l’uomo che scrisse questo libro, era uno dei più illuminati della sua epoca. Mentre Ender era un assassino, sterminò un’intera razza, dei ramans meravigliosi che avrebbero potuto insegnarci moltissimo.

— Entrambi umani, però — mormorò l’Araldo.

Human s’era azzittito per ascoltarli, e citò un aforisma dell’Egemone: — Malattia e guarigione sono in ogni cuore. Morte e salvezza sono in ogni mano.

— Human — chiese l’Araldo, — dì alla tua gente di non soffrire a causa di ciò che faceste per ignoranza.

— È stata una cosa terribile — disse Human. — Era il nostro dono più grande.

— Dì alla tua gente di calmarsi, e ascoltatemi.

Human gridò qualche parola, non nella Lingua dei Maschi ma in quella delle mogli, il linguaggio dell’autorità. Tutti tacquero, e sedettero ad ascoltare ciò che l’Araldo aveva da dire.

— Io farò tutto quello che posso — affermò lui. — Ma prima dovrò conoscervi, altrimenti come potrò dire la vostra storia? Dovrò conoscervi, o come potrò sapere se l’acqua è velenosa o no? E resta ancora il problema più difficile. La razza umana è libera di amare gli Scorpioni perché questi sono ormai morti. Ma voi siete vivi, e quindi gli umani hanno paura di voi.

Human indicò con ambo le mani il proprio corpo, come se fosse qualcosa di miseramente inadeguato. — Di noi!

— Hanno paura della stessa cosa che voi temete quando guardate il cielo e vedete le stelle riempirsi di uomini. Hanno paura di andare su uno di quei pianeti, un giorno o l’altro, e di scoprire che voi ve ne siete impadroniti per primi.

— Non vogliamo arrivarci per primi — disse Human. — Vogliamo essere là anche noi.

— Allora datemi tempo — disse l’Araldo. — Insegnatemi chi siete, cosicché io possa insegnarlo a loro.

— Tutto! — esclamò Human. Si girò a guardare gli altri. — Noi ti insegneremo tutto.

Mangia-Foglie si alzò. Parlò nella Lingua dei Maschi, ma Miro lo comprese: — Alcune cose non sono tue, e non le puoi insegnare.

Human gli diede una risposta secca, poi tornò allo stark: — Ciò che Pipo e Libo e Ouanda e Miro ci hanno detto non apparteneva a loro. Ma ce lo hanno insegnato.

— La loro follia non deve essere la nostra follia — gli replicò Mangia-Foglie, sempre nella Lingua dei Maschi.

— Allora neppure la loro saggezza potrà essere la nostra saggezza — ritorse Human.

A questo punto Mangia-Foglie disse in Lingua Albero qualcosa che Miro non poté capire. Human non gli diede alcuna risposta, e Mangia-Foglie se ne andò.

Mentre lui s’allontanava tornò Ouanda, con gli occhi ancora rossi di pianto.