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Human si volse all’Araldo. — Cosa vuoi sapere? — chiese. — Noi te lo diremo. Te lo mostreremo, se possiamo.

L’Araldo interrogò con lo sguardo Miro e Ouanda. — Cosa dovrei domandare? So così poco che non ho idea di quel che ci servirebbe conoscere.

A sua volta miro guardò Ouanda.

— Voi non avete utensili di pietra né di metallo — disse lei. — Ma la vostra casa è fatta di legno, e così gli archi e le frecce.

Human si alzò, in attesa. Il silenzio si prolungò. — Ma qual è la domanda? — chiese infine il maiale.

Come diavolo può sfuggirgli il collegamento? pensò Miro.

— Noi umani — disse l’Araldo, — usiamo utensili di metallo per abbattere gli alberi, quando vogliamo dare forma al legno per costruire case o frecce o bastoni come quelli che alcuni di voi hanno in mano.

Occorse qualche istante prima che le parole dell’Araldo fossero comprese. Poi, all’improvviso, tutti i maiali furono in piedi. L’intera tribù cominciò a correre attorno, senza scopo e ciecamente, in una frenesia di corpi che inciampavano l’uno addosso all’altro e andavano a sbattere negli alberi, contro la casa e fra i cespugli. Quasi tutti mantenevano un irreale silenzio, ma ogni tanto uno di loro mandava un grido stridulo simile a quelli che avevano innalzato pochi minuti prima. Quell’attacco generale di silenziosa follia era fantasmagorico, come se una banda di demoni si fosse impossessata dei loro corpi. Tutti quegli anni di informazioni date con il contagocce, di occultamenti tesi a impedire che i maiali ne sapessero troppo, e adesso l’Araldo aveva ribaltato le regole ed il risultato era quel drammatico caos.

Da quella baraonda emerse vacillando Human, e si lasciò cadere al suolo davanti a loro. — Oh, Araldo! — gridò, sconvolto. — Prometti che non lascerai mai abbattere mio padre Rooter con utensili di pietra e di metallo! Se volete uccidere qualcuno, ci sono i fratelli più anziani che si offriranno a voi, e anch’io sarò felice di morire, ma non lasciare che uccidano mio padre!

— O mio padre! — strillarono altri maiali. — O il mio! No!

— Non avremmo mai piantato Rooter così vicino al recinto — disse Mandachuva, — se avessimo saputo che voi siete… siete varelse!

L’Araldo sollevò ancora le braccia. — Gli umani hanno forse tagliato un solo albero su Lusitania? Mai. Qui la legge lo proibisce. Non avete niente da temere da noi.

Il silenzio continuò, mentre i maiali pian piano smettevano di agitarsi. Dopo un poco Human si rialzò da terra. — Tu ci hai insegnato ad aver paura degli umani — disse all’Araldo. — Vorrei che non foste mai venuti nella nostra foresta.

La voce di Ouanda suonò irritata: — Come puoi dir questo, dopo il modo orribile in cui avete assassinato mio padre!

Human la fissò trasecolato, incapace di rispondere. Miro passò un braccio attorno alle spalle della ragazza. Nel silenzio generale fu l’Araldo a parlare. — Mi hai promesso che risponderete a tutte le mie domande. Adesso ti chiedo: come avete costruito la casa di tronchi, quell’arco con le frecce, e i bastoni? Noi vi abbiamo detto il solo sistema che conosciamo, ora tu dimmi l’altro, quello con cui lo fate voi.

— I fratelli offrono se stessi — rispose Human. — Te l’ho detto. Noi diciamo a un fratello anziano cosa ci serve, gli mostriamo la forma, e lui offre se stesso.

— Possiamo vedere come fate? — domandò l’Araldo.

Human gettò uno sguardo agli altri maiali. — Vuoi che chiediamo a un fratello di offrire se stesso, solo perché tu possa vedere? Non abbiamo bisogno di una casa nuova, non per anni ancora, e possediamo già tutte le frecce che ci servono.

— Faglielo vedere!

Miro trasalì, mentre tutti gli altri si voltavano a guardare Mangia-Foglie che usciva di nuovo dalla boscaglia. A passi alteri il maiale andò a fermarsi al centro della radura, e quando parlò fu nel tono ampolloso di un’autorità che annunciasse qualcosa da un podio rivolgendosi a tutti e a nessuno in particolare. Usava però la Lingua delle Mogli, e Miro riuscì a tradurne solo un pezzo qui e uno là.

— Che sta dicendo? — sussurrò l’Araldo.

Accovacciato al suo fianco Miro gli riferì quel che aveva capito: — È andato dalle mogli, evidentemente, e loro hanno detto di fare tutto ciò che lei chiede. Ma non è così semplice. Sta dicendo loro che… non conosco queste parole… qualcosa circa la morte di tutti loro. O su dei fratelli che muoiono, comunque. Ma li guardi: non hanno paura, nessuno di loro.

— Non so come mostrino la loro paura — disse l’Araldo. — Non so proprio niente di questo popolo.

— Io neppure — borbottò Miro. — Le ho lasciato la cosa in mano, e ha causato più agitazione lei in mezz’ora di quanta ce ne sia stata dacché esiste la colonia.

— Ho un dono di natura — sospirò l’Araldo. — Farò un affare con voi: terrò la bocca chiusa sulle vostre Domande del Giorno, e voi tacerete sulla mia identità.

— Lo consideri fatto — annuì Miro. — Comunque, io non ci credo.

Mangia-Foglie terminò il suo discorso. Subito dopo si diresse alla casa di tronchi e vi entrò.

— Chiederemo il dono di un fratello anziano — riferì Human. — Le mogli hanno detto questo.

Fu così che, a fianco dell’Araldo e con un braccio intorno alle spalle di Ouanda, Miro assisté mentre i maiali facevano accadere un miracolo più convincente di quelli che avevano meritato a Gusto e Cida il titolo di Os Venerados.

La tribù fece circolo attorno a un enorme vecchio albero che sorgeva al bordo della radura. Poi, uno alla volta, i maiali si arrampicarono su per il tronco e cominciarono a battervi raffiche di colpi con i loro bastoni. Poco dopo erano tutti quanti appollaiati su rami, cantando in coro e tambureggiando secondo un ritmo complicato. — Lingua Albero — sussurrò Ouanda.

Non erano ancora trascorsi dieci minuti che l’albero oscillò vistosamente. All’istante metà dei maiali scesero al suolo e presero a spingere il tronco, in modo da farlo inclinare verso il terreno aperto della radura. Gli altri continuarono a battere forsennatamente e a cantare a voce ancor più alta.

Uno dopo l’altro i grandi rami dell’albero si staccarono e caddero al suolo. 1 maiali correvano svelti ad afferrarli e li trascinavano via dalla zona dove l’enorme vegetale si sarebbe abbattuto. Human ne portò uno dei più piccoli all’Araldo, che lo prese con cautela e lo mostrò a Miro e a Ouanda. L’estremità del ramo che era stata attaccata al tronco appariva perfettamente liscia, con una superficie appena ondulata priva di sporgenze o fessure, e nulla provava che fosse stata separata con torsioni o colpi. Miro vi passò un dito e la sentì fredda e levigata come il marmo.

Infine dell’albero non rimase che un tronco nudo, alto e possente; le chiazze ovali dov’erano stati collegati i rami scintillavano biancastre agli ultimi raggi del sole. La canzone salì di tono e all’improvviso tacque. Subito l’albero cominciò a inclinarsi sempre più, e con maestosa lentezza si abbatté nella radura. Il terreno tremò, l’eco del tonfo si spense fra la vegetazione, e quando il polverone si fu diradato tutto era immobile.

Human s’avvicinò al tronco e prese ad accarezzarne la corteccia, cantando sottovoce. Sotto le sue mani il duro rivestimento rugoso si aprì pian piano, finché con uno scricchiolio la spaccatura si estese alla sua intera lunghezza. Diversi maiali vennero ad afferrare la corteccia per staccarla dal tronco; ma non dovettero fare alcuno sforzo e i due pezzi, quasi perfettamente uguali, furono trasportati da parte.

— Avete mai visto come utilizzano la corteccia? — chiese l’Araldo.

Miro scosse il capo. Non avrebbe avuto voce per rispondere.

A farsi avanti a questo punto fu Freccia, anch’egli cantando. Passò un dito sul tronco e vi tracciò una lunga parentesi, come se disegnasse esattamente la forma di un arco. Miro vide apparire sulla nuda superficie del legno delle fenditure, tagli che si approfondivano da soli e in silenzio, finché in pochi secondi l’arco fu separato dal tronco e rimase, liscio e perfetto, nella sua lunga nicchia ricurva.