— Non che a uno solo di voi piacesse Novinha, questa donna fredda che mai si preoccupava di darvi il buongiorno. Ma lei era più piccola del marito, ed era la madre dei suoi figli, e quando lui la picchiava si meritava il nome di Cão.
Adesso i presenti erano imbarazzati e si scambiavano sussurri. Quelli seduti sull’erba davanti alla piattaforma fissarono Novinha e distolsero lo sguardo, chiedendosi come reagiva a quelle parole e consci che in effetti lei non era mai piaciuta a nessuno, neppure quando avevano mostrato di provarne pietà.
— Ditemi, è questo l’uomo che conoscevate? Passava nei bar più tempo di chiunque altro, ma senza farsi un solo amico neanche lì, dove l’alcol indurrebbe chiunque almeno al cameratismo. Non sapreste dirmi neppure quanto ne beveva, perché era cupo e litigioso quando entrava, e cupo e litigioso quando usciva. Non lo avete mai sentito dire che aveva un amico, e nessuno di voi è mai stato lieto di vederlo arrivare e di averlo vicino. Questo è l’uomo che molti di voi conoscevano. Cão. Difficile considerarlo un vero uomo, no?
Sì, pensarono loro. Così era quell’uomo. Ora l’indignazione sollevata dalla sua indelicatezza era svanita. S’erano accorti che l’Araldo non intendeva usare eufemismi in quella storia. Ma erano ancora a disagio, perché captavano una nota d’ironia, e non nella sua voce ma nel significato di quel che diceva. «Difficile considerarlo un uomo» aveva affermato, ma come se volesse sfidarli, e si rendevano più o meno conto che l’Araldo, mentre capiva ciò che pensavano, non era necessariamente d’accordo con loro.
— Pochi altri, gli uomini della fonderia in Bairro das Fabricadoras, lo conoscevano come un braccio forte su cui potevano contare. Voi sapevate che non aveva mai detto di poter fare una cosa se non era certo che le sue mani avrebbero potuto farla. Potevate far conto su di lui. Così, entro i muri della fonderia, aveva il rispetto altrui. Ma quando voi uscivate da quella porta lo trattavate come tutti gli altri: lo ignoravate, o ne pensavate male.
L’ironia era chiara, adesso. Benché l’Araldo non desse alcuna inflessione alla sua voce — sempre pacata e semplice come aveva cominciato — gli uomini che avevano lavorato con Marcão se la sentivano dentro, e in più pensavano: non avremmo dovuto ignorarlo così; se aveva dei meriti in fonderia potevamo trovare qualcosa in lui anche fuori.
— Alcuni di voi sanno anche un’altra cosa di cui non parlano. Voi che lo conosceste da bambino… voi gli deste nome Cão molto prima che se lo fosse meritato. Avevate dieci, undici, dodici anni. Ragazzini. Lui cresceva più in fretta. Provavate un po’ di vergogna accanto a lui. E paura, perché vi faceva sentire deboli.
Dom Cristão mormorò a sua moglie: — Sono venuti per i loro pettegolezzi, e lui gli sbatte in faccia le loro responsabilità.
— Così lo trattaste come gli esseri umani hanno sempre trattato le cose più grandi di loro — continuò l’Araldo. — Faceste gruppo contro di lui. Come cacciatori che volessero vedere a terra il mastodonte. Come picadores decisi a indebolire un toro troppo forte. Piccole cattiverie, scherzi antipatici, calunnie: facciamolo correre a vuoto, così non capirà che da parte gli arriva il prossimo colpo, giragli le banderillas sotto la pelle, indeboliscilo, fallo soffrire, fallo ammattire. Perché, grosso com’è, tu questo puoi farglielo. Puoi farlo gridare. Puoi farlo correre. Puoi farlo piangere. Vedi? Dunque è più debole di te, dopotutto.
Ela strinse i denti, irritata. Lei aveva voluto accusare Marcão, non scusarlo. Il solo fatto d’aver avuto un’infanzia dura non poteva dargli il diritto di prendere a pugni Mamma quando voleva sfogarsi.
— Non c’è da vergognarsi di questo. Eravate ragazzi, e i ragazzi sono crudeli perché non riflettono. Oggi non lo fareste. Ma ora che vi ho ricordato la causa, potete vedere sotto un’altra luce l’effetto. Voi lo chiamaste cane, e lui diventò un cane. Per il resto della sua vita. Azzuffandosi con gente più debole. Picchiando sua moglie. Urlando parole così crudeli a suo figlio Miro da farlo ogni volta scappare fuori di casa. Agiva spinto da ciò che avevate messo in lui, diventava ciò che lo avevate accusato d’essere.
Sei uno sciocco, pensò monsignor Peregrino. Se la gente reagisse sempre così al modo in cui viene trattata, allora nessuno sarebbe responsabile di niente. E se i tuoi peccati non sono colpa tua, come puoi dirtene pentito?
Quasi che avesse udito la silenziosa obiezione del vescovo, l’Araldo alzò una mano e spazzò da parte le sue stesse parole. — Ma la risposta più facile non è quella vera. Non furono i vostri tormenti a fare di lui un violento, no… essi ne fecero un uomo triste. E poiché i tormenti non cessavano lui imparò anche a smettere di odiarvi. Era un semplice, e non sapeva portare rancore. La sua ira si mutò in sospettosità verso gli altri. Sapeva che lo disprezzavate e imparò a vivere senza di voi. In pace.
L’Araldo fece qualche istante di pausa, poi diede voce alla domanda che il pubblico gli stava ponendo in silenzio: — Dunque perché diventò l’uomo crudele che avete conosciuto? Pensateci un momento. Chi fu che sopportò la sua crudeltà? La moglie. 1 figli. Certi uomini si accaniscono sulla moglie e sui figli perché bramano l’autorità, ma sono troppo deboli o stupidi per guadagnarsi autorità nel mondo esterno. Una moglie indifesa e dei figli, legati a un uomo simile dalla necessità e dalle usanze e (perché no?) dall’amore ne sono le vittime, i soli che lui abbia la forza di dominare.
Sì, pensò Ela, gettando uno sguardo di straforo a sua madre, questo è ciò che volevo. È per questo che gli ho chiesto di parlare di mio padre.
— Ci sono uomini di questo genere — disse l’Araldo. — Ma Marcos Ribeira non era uno di essi. Pensateci un momento. Avete mai sentito dire che abbia picchiato uno dei suoi figli? Mai? Voi che lavoravate con lui: ha mai cercato d’imporvi con la forza la sua volontà? Si mostrava furioso quando le cose non andavano a suo modo, in fonderia? Marcão non era debole, né crudele. Era un uomo forte, ma non voleva dominare. Voleva amore. Non chiedeva sottomissione. Chiedeva lealtà.
Monsignor Peregrino ebbe un sorriso duro, l’espressione di un duellante che saluta il valore dell’avversario. Tu segui una tattica tortuosa, Araldo, saltelli intorno alla verità e la saggi con finte e colpetti. E quando affondi la spada, quella è la stoccata mortale. Questa gente è venuta qui a divertirsi e tu ne hai fatto un bersaglio; gli configgerai la lama fino al cuore.
— Alcuni di voi ricorderanno un episodio — disse l’Araldo. — Accadde quando Marcos aveva circa tredici anni, e così voi, i suoi coetanei. Lo tormentavate, sul prato della collina, dietro la scuola. Lo attaccaste con più cattiveria del solito. Lo prendeste a sassate, lo frustaste con i taglienti steli di capim. Lui sanguinava un poco, ma sopportò, cercò di evitarvi, vi chiese di smetterla. Poi uno di voi lo colpì duramente allo stomaco… facendogli più male di quanto immaginate, perché già allora era ammalato del morbo che infine lo uccise. Ancora non s’era mai accorto di come fosse doloroso il male che lo minava, e a quel colpo si sentì morire. Ne fu terrorizzato. Lo stavate uccidendo. Così reagì, e si scagliò su di voi.
Come ha fatto a saperlo? pensarono sei o sette uomini. È successo tanto tempo fa. Chi glielo ha detto? La cosa ci era sfuggita di mano, ecco tutto. Non volevamo fargli del male… quando il suo pugno ha colpito, è stato come il calcio di un cabras…
— A restare in terra avrebbe potuto esser anche un altro, uno qualsiasi di voi. Sapevate che lui era ancor più forte di quel che temevate. Ciò che vi spaventava di più, però, era il vedervi arrivare addosso una punizione che meritavate. Così chiamaste aiuto. E quando gli insegnanti accorsero, cosa videro? Un ragazzino a terra, sanguinante, in lacrime. E un giovane colosso con qualche graffio sulle braccia, che diceva: scusa, non volevo farti questo. E una mezza dozzina di altri che gridavano: lo ha colpito, lo ha aggredito senza nessuna ragione, noi abbiamo cercato di fermarlo ma Cão è troppo grosso, e picchia sempre i ragazzi più deboli.