Il piccolo Grego si sentì coinvolto. — Mentirosos! — gridò. Quei ragazzini avevano mentito! Alcune persone nei pressi ridacchiarono. Quara lo azzitti.
— Con tanti testimoni — continuò l’Araldo, — gli insegnanti non ebbero altra scelta che credere a quell’accusa. Finché una fanciulla non si fece avanti e freddamente li informò che aveva visto tutto: Marcos aveva agito solo per difendersi da un’aggressione immotivata, persecutoria e crudele da parte di una banda di ragazzini che l’avevano assediato come cães, come cani. La sua testimonianza fu immediatamente accettata per veritiera. Dopottutto, lei era la figlia degli Os Venerados.
Grego guardò sua madre con occhi colmi d’ammirazione, poi balzò in piedi e annunciò a quelli che gli stavano attorno: — A mamãe o libertou! — La mia mamma lo ha salvato! La gente rise, e molti si volsero a osservare Novinha. Ma lei esibì una maschera inespressiva, rifiutandosi di accettare la loro momentanea simpatia per suo figlio. Gli altri distolsero lo sguardo, offesi.
— Novinha, sì — annuì l’Araldo. — I suoi modi freddi e il suo ingegno brillante ne avevano già fatto un paria fra voi, come Marcão. Nessuno dei presenti può ricordare d’aver ricevuto da lei un gesto amichevole. Ma ecco che interveniva per salvare Marcão. Be’… voi conoscete la verità. Non stava salvando Marcão: si limitava a impedire che gli altri se ne andassero trionfanti.
Gli spettatori annuirono e sorrisero con aria saputa, specialmente quelli davanti alle cui cortesie lei aveva sdegnosamente storto il naso. Questa è Dona Novinha, la biologista, troppo intellettuale per confondersi con noi.
— Marcos non la vide a questo modo. Gli era stato detto che era un cane tanto spesso che quasi ci credeva. E Novinha gli mostrava comprensione, come con un essere umano. Una fanciulla attraente, un’intelligenza limpida, la figlia dei santi Venerados, sempre sola e distaccata come una giovane dea, che si faceva avanti fra i suoi nemici e lo salvava quando già si vedeva perduto. Lui seppe di adorarla. E sei anni più tardi la sposava. Non è una storia romantica?
Ela si volse a Miro, che rispose al suo sguardo inarcando un sopracciglio. — Quasi ti ha fatto amare quel vecchio bastardo, no? — disse il giovane.
D’improvviso, dopo una lunga pausa, la voce dell’Araldo eruppe alta e quel cambiamento di tono li sorprese, facendoli trasalire: — Perché mai allora lui cominciò a odiarla, a picchiarla, a disprezzare i suoi figli? E perché questa donna così brillante e indipendente sopportò tutto senza opporsi? Avrebbe potuto metter fine al matrimonio in qualsiasi momento. Certo, la Chiesa non concede il divorzio, però c’è sempre una via d’uscita, e lei non sarebbe stata l’unica donna di Milagre ad aver abbandonato il marito. Avrebbe potuto prendere i figli con sé, e metter fine alle sue e alle loro sofferenze. Ma non lo fece. Sia il sindaco che il vescovo le suggerirono che esistevano gli estremi per lasciarlo. E lei rispose loro che non s’impicciassero e andassero all’inferno.
Molti Lusos risero. Non avevano difficoltà a immaginare la gelida scortesia con cui lei aveva rimbeccato il sindaco Bosquinha e il vescovo. Forse non conoscevano bene Novinha, ma abbastanza da sapere che era la sola persona, a Milagre, contro cui anche le autorità potevano andare a sbattere il naso malamente.
Monsignor Peregrino non aveva dimenticato la scena che s’era svolta nel suo ufficio dieci anni prima. Lei non aveva usato esattamente le parole citate dall’Araldo, ma il significato era stato quello. E tuttavia il colloquio non aveva avuto testimoni. Lui non ne aveva parlato con nessuno. Chi era questo Araldo, e come poteva conoscere particolari di cui avrebbe dovuto essere all’oscuro?
L’Araldo attese che le risatine si spegnessero, e riprese: — C’era un legame che li teneva uniti in un matrimonio da entrambi ormai odiato. Questo legame era la malattia di Marcão.
La sua voce si abbassò di nuovo. I Lusos tesero gli orecchi.
— Essa aveva snaturato la sua vita fin dal momento in cui era stato concepito. I geni ereditati dai genitori si combinarono in tal modo dentro di lui che, all’inizio della pubertà, le cellule delle sue glandole cominciarono a trasformarsi inesorabilmente in una massa amorfa di tessuto grasso. Il dottor Navio può dirvi meglio di me come progredì il morbo. Fin da bambino Marcão sapeva quali fossero le sue condizioni; i suoi genitori ne erano stati informati prima di morire nella Descolada; Gusto e Cida l’avevano scoperto durante gli esami genetici da loro eseguiti su ogni essere umano di Lusitania. Ma ormai essi erano morti. E fra i vivi, soltanto una persona conosceva la triste eredità genetica di Marcão, e ne era al corrente perché l’archivio dei suoi genitori era stato lasciato a lei: Novinha.
Il dr. Navio si accigliò, perplesso. Se lei ne era stata al corrente prima di sposarsi, sicuramente sapeva che gli affetti da quella malattia erano sterili. Perché avrebbe dovuto sposarlo, se sulla loro possibilità di avere figli gravava una simile tara? Soltanto allora Navio seppe ciò che avrebbe dovuto capire prima: Marcão non era stato un’eccezione per quanto riguardava il decorso della malattia. Non c’erano eccezioni. Il volto del medico avvampò di rossore. Ciò che l’Araldo stava per dire in pubblico era semplicemente inaudito.
— Novinha sapeva che Marcão avrebbe avuto vita breve — disse l’Araldo. — Sapeva anche, prima di sposarlo, che lui era completamente sterile.
Ci volle qualche istante perché il significato di quelle parole fosse compreso. Ela ebbe l’impressione che tutte le viscere del suo corpo si rimescolassero. Senza bisogno di girarsi a guardarlo seppe che Miro s’era raggelato, facendosi mortalmente pallido.
Ignorando i mormoni che si levavano dalla folla, l’Araldo proseguì: — Io ho preso visione degli esami genetici. Marcos Maria Ribeira non poteva avere figli e non ne ebbe mai. Sua moglie partorì dei figli, ma essi non erano suoi. Lui lo sapeva, ovviamente, come lo sapeva lei, perché questo era parte del patto che essi fecero prima di sposarsi.
I mormoni salirono di tono, ci furono esclamazioni e commenti stupefatti, e mentre il vocio degli spettatori si faceva sempre più alto, Quim balzò in piedi e urlò inferocito, rivolto all’Araldo: — Mia madre non è un’adultera! Ti ucciderò per aver osato dire che è una prostituta!
La sua ultima parola echeggiò nel silenzio. L’Araldo non rispose. Si limitò ad attendere, senza distogliere lo sguardo dal volto bruciante di collera del ragazzo, finché Quim, d’un tratto, capì che a pronunciare quella parola era stata la sua stessa voce, e non quella dell’Araldo. Trasalì. Si volse a fissare sua madre, che sedeva rigida e con le mani strettamente unite in grembo, come per impedire che tremassero. — Diglielo tu, mamma! — ansimò. La sua voce suonò più acuta e supplichevole di quel che avrebbe voluto.
Lei non rispose. Non disse una parola e neppure lo guardò. Se il ragazzo avesse avuto occhi per vedere avrebbe capito che il suo silenzio era una confessione, che la sua immobilità era rimorso e vergogna, come se le parole dell’Araldo fossero state quelle che Dio stesso avrebbe detto in risposta alla richiesta di Quim. Il ragazzo fece un passo avanti, mentre in lui risuonavano le parole di Padre Mateu: Dio condanna gli adulteri, poiché essi insozzano la santità della creazione da Lui donata con il matrimonio, generano al di fuori di esso e si abbassano allo stesso livello degli animali. Quim sentì in bocca il sapore della bile. Ciò che aveva detto l’Araldo era vero.
— Mamae — esclamò a voce alta, ostile, sfottente, — Quem fôde p’ra fazerme?
Chi l’aveva udito ansimò. Olhado scattò in piedi e sollevò i pugni verso di lui. Soltanto allora Novinha reagì, e allungò un braccio per impedire a Olhado di gettarsi sul fratello. Quim non s’accorse neppure che Olhado s’era levato a difesa della madre; tutto ciò che riusciva a pensare era che Miro non lo aveva fatto. Anche Miro sapeva che era vero.