Выбрать главу

Cercò di adeguarsi alla situazione con pazienza. Di natura era quieto, la flemma era un abito che sapeva già indossare. Non era da lui mettere il muso apertamente. Ma Pipo conosceva suo figlio e lo vedeva bruciare in silenzio. Dopo un po’ perfino Novinha, pur volutamente insensibile com’era, cominciò a capire che stava provocando Libo più di quanto un ragazzo normale sarebbe riuscito a sopportare. Ma invece di allentare la sua pressione su di lui prese a guardare la situazione sotto l’aspetto di una sfida. Come poteva costringere a una reazione quel giovinetto innaturalmente calmo, così gentile da riuscirle addirittura incomprensibile?

— Vuoi dire che avete lavorato qui anni e anni — gli disse un giorno, — e non sapete neppure come i maiali si riproducono? Come fate a sapere che sono tutti maschi?

Libo rispose cortesemente: — Dopo aver insegnato loro le nostre lingue, gli abbiamo chiarito il significato dei termini «maschio» e «femmina». I nostri interlocutori si proclamano tutti «maschi», mentre riferendosi ad altri, o meglio ad altre creature che noi non abbiamo mai potuto vedere, le definiscono «femmine».

— Ma per quel che ne sapete voi, potrebbero riprodursi per scissione, o per gemmazione!

Il suo tono era offensivo, e Libo non rispose subito. Immaginando i pensieri del figlio, a Pipo parve di vederli plasmare e riplasmare le parole per evitare una risposta graffiante. — Vorrei che il nostro lavoro fosse più orientato sull’antropologia fisica — le disse, — così ci sarebbe più agevole applicare le tue ricerche sugli schemi genetici di Lusitania a ciò che apprendiamo dai pequeninos.

Novinha si mostrò inorridita. — Vuoi dire che non avete neppure prelevato loro campioni di tessuto?

Libo arrossì lievemente, ma rispose in modo così controllato da far pensare a Pipo che la sua voce non avrebbe mutato tono neanche sotto un interrogatorio dell’Inquisizione. — Suppongo che debba sembrarti sciocco — disse, — ma temiamo che i pequeninos si chiederebbero con quale scopo recondito preleviamo pezzettini dei loro corpi. Se uno di loro, per combinazione, poco dopo si ammalasse, potrebbero pensare che la colpa è nostra.

— E se voi prelevaste campioni di tessuti che perdono naturalmente? Potreste imparare molto da un semplice peluzzo.

Libo annuì. Seduto al terminale dall’altra parte della stanza Pipo riconobbe quel gesto; il figlio l’aveva appreso da lui. — Molte tribù primitive della Terra credevano che capelli, unghie, e altre cose prelevate dai loro corpi contenessero ancora la forza e l’anima dell’individuo. Che accadrebbe se i maiali pensassero che vogliamo gettargli un malefizio?

— E non conoscete la loro lingua? Credevo che alcuni di loro parlassero perfino lo stark. — La ragazza non faceva alcuno sforzo per mascherare il suo sdegno. — Non siete capaci di spiegargli a cosa servono i campioni biologici?

— Hai ragione — disse con calma lui. — Ma se spiegassimo loro a che scopo servono i campioni di tessuto, saremmo costretti a introdurre nella loro cultura il concetto di ricerca biologica… un migliaio d’anni prima che il loro progresso spontaneo li porti a quel punto. E la legge ci vieta di alterare il loro sviluppo evolutivo con simili informazioni.

Novinha parve finalmente gettare la spugna. — Non mi ero resa conto di quanto foste ostacolati dal principio del contatto ridotto al minimo.

Pipo fu lieto di vederla abbandonare l’arroganza, ma per lei ricadere nell’umiltà poteva essere anche peggio. La fanciulla s’era così isolata dai contatti umani che ragionava con la formalità di un computer e parlava come un libro stampato. Si chiese se non fosse già tardi per insegnarle a socializzare da essere umano a essere umano.

Ma non era tardi. Una volta che la ragazza ebbe capito quanto fossero esperti nel loro campo di lavoro, mentre lei non ne sapeva quasi niente, il suo atteggiamento si fece sempre meno aggressivo fino a giungere all’estremo opposto. Nelle settimane che seguirono rivolse la parola a Pipo e a Libo solo quand’era necessario, dedicandosi a studiare i loro rapporti nel tentativo di afferrare il senso più recondito di ciò che stavano facendo. Di tanto in tanto aveva una domanda, la faceva, e i due le rispondevano cortesemente chiarendole ogni particolare.

Pian piano la cortesia formale lasciò il posto a modi più familiari. Pipo e Libo si lasciavano andare a discussioni aperte in sua presenza, vagliando e confrontando le loro ipotesi sul perché i maiali avessero sviluppato questo o quello dei loro strani comportamenti, su cosa vi fosse dietro certe loro assurde affermazioni, e sul motivo per cui restavano così bizzarramente impenetrabili. E poiché lo studio dei maiali era un campo d’indagine nuovo di zecca, Novinha non ci mise molto a trasformarsi lei stessa in un’esperta, anche se di seconda mano, capace di offrire loro le sue ipotesi. — Dopotutto, a questo stadio — disse Pipo per incoraggiarla, — ognuno di noi è un orbo che guida i ciechi.

Pipo aveva previsto ciò che accadde in seguito. La flemma che Libo riusciva a coltivare lo stava rendendo riservato e poco socievole con i ragazzi della sua età, al punto che il padre stentava a distoglierlo dal lavoro. Novinha non rinunciava ai suoi atteggiamenti acidi e scostanti. Adesso però l’interesse comune verso i maiali era un fattore che univa i due giovani: con chi altro avrebbero potuto parlare, quando nessuno a parte Pipo sarebbe riuscito a capire la loro conversazione?

Insieme si rilassavano, e a volte accadeva loro di ridere fino alle lacrime per scherzi o battute che probabilmente non avrebbero divertito nessun altro lusitano. A imitazione dei maiali, che in apparenza davano un nome proprio a ogni albero della boscaglia, Libo battezzò tutti i mobili della Stazione Zenador, attribuì a ciascuno un carattere e delle ambizioni, e di tanto in tanto veniva fuori con frasi come: — Ehi, non sederti così su Sedia, oggi è di un umore tremendo. Deve aver capito che Scaffale la tradisce odiosamente con la tua borsa. — Nessuno di loro aveva mai visto un maiale femmina, tuttavia i maschi sembravano riferirsi ad esse con una sorta di reverenza religiosa. Novinha scrisse una serie di scherzosi rapporti sulle attività di un’immaginaria pequenina femmina di nome Reverenda Madre Suina, che dirigeva con altezzosa superbia il Monastero dell’Ordine delle Porcelline.

Ma non era tutto un divertimento. C’erano problemi di lavoro, preoccupazioni, e venne anche il giorno in cui si spaventarono al pensiero di aver fatto proprio la cosa che la Federazione Starways cercava tanto severamente di prevenire: causare mutamenti radicali nella società dei maiali. La cosa cominciò con Rooter, naturalmente. Rooter, che persisteva nel suo atteggiamento di sfida e nelle domande impossibili tipo: — Se non avete altre città di umani, con chi fate la guerra? Per voi non ci sarebbe onore nell’uccidere noi Piccoli. — Costretto a rispondere, Pipo mormorò qualcosa circa il fatto che gli umani non avrebbero mai ammazzato i pequeninos, i Piccoli. Ma sapeva che in realtà la domanda di Rooter era diretta a un argomento assai più delicato.

Da anni Pipo era al corrente che i maiali conoscevano bene il concetto di guerra, ma quell’affermazione portò Libo e Novinha a discutere calorosamente per diversi giorni sulla domanda di Rooter, da cui non si capiva chiaramente se per i maiali la guerra fosse desiderabile oppure semplicemente inevitabile. Da Rooter pervenivano sempre dei frammenti di informazione, alcuni importanti e altri no, e molti il cui significato era impossibile da stabilirsi. In un certo senso lo stesso Rooter era la prova della saggezza della politica che proibiva agli xenologi di porre domande da cui si sarebbe potuto arguire le ambizioni umane, e di conseguenza il comportamento umano verso altre razze. Le domande di Rooter, quindi, davano loro più notizie di quante ne ricavavano dalle sue risposte, visto che Pipo poteva fargli soltanto domande accuratamente misurate.