L’Araldo annuì, divertito. — E lei è quello che ha proibito alla gente di parlarmi, affermando che sono l’Anticristo.
Vedendo che il vescovo e l’Araldo si scambiavano cauti sogghigni, gli altri ridacchiarono nervosamente. Poi sedettero e attesero.
— È la sua riunione, Araldo — osservò Bosquinha.
— Scusate — disse lui. — Ho invitato un’altra persona. Sarà più semplice se attendiamo anche il suo arrivo.
Ela aveva trovato sua madre fuori casa, non lontano dal recinto. La lieve brezza che piegava appena l’erba capim le portava ciocche di capelli davanti al viso, e alla ragazza era occorso qualche istante per capire cosa vedeva d’insolito nel suo aspetto: da anni Novinha non si scioglieva i capelli. Sembravano stranamente liberi, e dal modo in cui si piegavano dopo esser stati così a lungo stretti a concio li si sarebbe detti increduli di esserlo. Fu allora che in Ela si solidificò quel pensiero: l’Araldo aveva ragione. Mamma avrebbe accettato il suo invito. Qualunque cosa avesse causato in lei, vergogna o dolore, ora l’aveva spinta all’aperto nella penombra in cui s’accendevano le stelle, lo sguardo perduto verso le colline dei maiali. O forse stava solo esaminando il recinto, ma senza vederlo, trascinata dai ricordi dell’uomo che un tempo incontrava da qualche parte fra gli alti steli di capim, nascondendosi a tutti per rivelarsi l’uno all’altra. Per amarsi. Sempre nell’ombra, sempre in segreto. Mamma è felice, pensò Ela, d’aver visto rivelare a tutti che Libo era il suo vero marito, che Libo era il nostro vero padre. Mamma ne sembra orgogliosa… ebbene, anch’io lo sono.
Novinha non si volse a guardarla, anche se doveva aver sentito i passi di lei avvicinarsi nell’erba secca. Ela si fermò prima di raggiungerla.
— Mamma — la chiamò.
— Oh, non era un gregge di cabras, allora — disse Novinha. — Sei così rumorosa, Ela.
— L’Araldo. Vuole il tuo aiuto.
— Ah, sì.
Ela le ripeté ciò che l’Araldo le aveva detto. Novinha ascoltò senza voltarsi. Quando la ragazza ebbe finito, lei restò immobile ancora alcuni secondi e poi si avviò in fretta verso la sella fra le due alture. Ela le corse dietro e si affiancò a lei. — Mamma… — chiese. — Mamma, vai a parlargli della Descolada?
— Sì.
— Perché adesso? Dopo tutti questi anni? Perché a me non l’hai detto?
— Perché lavoravi meglio facendo da sola, senza il mio aiuto.
— Sapevi quel che stavo facendo?
— Tu sei la mia apprendista. Avevo accesso a tutte le tue registrazioni, e non lasciavo tracce. Che maestra sarei stata, se non avessi sorvegliato il tuo lavoro?
— Ma…
— Ho anche letto le note che hai nascosto sotto il nome di Quara. Tu non sei mai stata madre, e non hai pensato che tutte le attività computerizzate dei bambini sotto i dodici anni vengono riportate ai genitori ogni settimana. Quara stava facendo ricerche scientifiche piuttosto notevoli! Bene, tanto vale che tu venga con me. Così sentirai anche tu, quando ne parlerò all’Araldo.
— Stai andando dalla parte sbagliata — la informò Ela.
Novinha si fermò. — La sua casa non è accanto al praça?
— La riunione è nell’ufficio del vescovo.
Per la prima volta sua madre si volse a guardarla in viso. — Cosa state cercando di farmi, tu e l’Araldo?
— Quello che vogliamo è salvare Miro — disse Ela. — E Colonia Lusitania, se potremo.
— Portandomi nella tela del ragno, voi…
— Il vescovo dovrà stare al nostro fianco, oppure…
— Il nostro fianco! Così, quando dici noi, vuoi dire tu e l’Araldo, vero? Pensi che io non me ne sia accorta? Tutti i miei figli, l’uno dopo l’altro, lui vi ha sedotti e…
— Non ha sedotto tutti!
— Ha sedotto te, con il suo modo di dire proprio quel che vuoi sentirti dire…
— Lui non fa l’adulatore — replicò Ela. — Non ci ha mai detto quello che ci piaceva sentire. Ci dice quel che noi sappiamo che è vero. Non ha conquistato il nostro affetto, ma la nostra fiducia, mamma.
— Qualunque cosa voi gli abbiate dato, non l’avete mai data a me.
— Tu non chiedevi la nostra fiducia. Non te ne sentivi degna?
Ela non cedette davanti alla luce che balenò negli occhi di lei. Fu Novinha, invece, a distogliere lo sguardo, faticando a trattenere le lacrime. — Avrei voluto dirtelo — mormorò. Ela capì che non si riferiva alle registrazioni. — Quando vedevo come lo odiavate, ero tentata di dirvelo: lui non è vostro padre. Vostro padre è un uomo buono e gentile…
— Che non ha avuto il coraggio di rivelarsi a noi.
Novinha la fissò rabbiosamente. — Lui voleva. Gliel’ho impedito io.
— Ti dirò una cosa, mamma. Io amavo Libo, nel modo in cui tutti a Milagre lo amavano. Ma lui s’era trasformato in un ipocrita, e così tu, e senza che nessuno lo capisse erano le vostre bugie ad avvelenarci tutti. Io non biasimo te, mamma, né lui. Ma ringrazio Dio per l’Araldo. Lui ci ha detto la verità, e la verità ci rende liberi.
— È facile dire la verità — sussurrò Novinha, — quando non ami nessuno.
— È questo ciò che pensi? — disse Ela. — Una cosa credo di saperla, mamma: non si può comprendere la verità su qualcuno, a meno che non lo si ami un poco. Credo che l’Araldo abbia voluto bene a papà, a Marcão, voglio dire. Credo che lui lo abbia capito e gli abbia voluto bene per questo, prima di parlarne.
Novinha non rispose, perché sapeva che era vero.
— E so che vuol bene a Grego, a Quara, a Olhado, a Miro, e perfino a Quim. E a me. lo so che mi vuol bene. E quando me lo dimostra, so che è vero, perché lui non ha bisogno di mentire.
Novinha non fu capace di trattenere ancora le lacrime. Le scivolarono giù per le guance.
— E io ho mentito, a te e a tutti gli altri — disse. La sua voce suonò così stanca e rauca. — Ma tu devi credermi, però, quando dico che ti voglio bene più che a me stessa.
Ela si gettò nelle sue braccia, e per la prima volta da anni sentì una calda emozione nella risposta di lei. Perché fra loro non pesava più alcuna menzogna. L’Araldo aveva spazzato via quella barriera, e ora non c’era nulla a renderle incerte o caute.
— Anche adesso stai pensando a quel dannato Araldo, è così? — mormorò sua madre.
— E tu lo stesso — rispose Ela.
I loro corpi furono scossi entrambi dalla risata di Novinha. — Sì — ammise. Poi tornò seria e si scostò, guardando Ela negli occhi. — E lui dovrà essere sempre fra noi?
— Perché no? — disse Ela. — Ma sarà fra noi come un ponte, non come un muro.
I maiali erano ancora a mezza strada sul lungo pendio che dalla boscaglia scendeva fino al recinto, quando Miro li vide. Nella foresta sapevano essere silenziosi, ma correndo negli spazi aperti facevano frusciare rumorosamente il capim. O forse, allarmati dal richiamo di Miro, non si curavano di nascondersi troppo. Lui li riconobbe quasi subito: Human, Mandachuva, Freccia, Orcio e Mangia-Foglie. A qualche metro dal recinto rallentarono, poi si fermarono a guardarlo in silenzio. Nessuno zenador aveva mai chiamato i maiali all’aperto, prima d’allora. L’assoluta immobilità dei loro corpi rivelava ansia e preoccupazione.
— Io non potrò più venire da voi — disse Miro.
I cinque tacquero, aspettando una spiegazione.
— I framlings hanno scoperto tutto di noi. L’infrazione alla legge. Hanno sigillato il cancello.
Mangia-Foglie si grattò il mento. — Sai cos’è che i framlings hanno visto?
Miro ebbe una risata secca. — C’è bisogno di dirlo? Soltanto un framling è mai venuto con noi.
— No — disse Human. — La Regina dell’Alveare ha detto che non è stato l’Araldo. La Regina ha detto che lo hanno visto dal cielo.