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I satelliti? — Cosa potevano vedere dal cielo?

— Forse la caccia — rispose Freccia.

— Forse la tosatura dei cabras — disse Mangia-Foglie.

— Forse i campi di amaranto — disse Orcio.

— Tutto questo — aggiunse Human, — e forse hanno visto che le mogli hanno lasciato nascere trecentoventi figli, dal tempo del primo raccolto di amaranto.

— Trecento!

— E venti — precisò Mandachuva.

— Hanno deciso che ora c’è molto cibo — disse Freccia. — Adesso siamo sicuri di vincere la prossima guerra. I nostri nemici saranno piantati in nuove grandi foreste su tutta la pianura, e le mogli metteranno alberi-madre in ognuna di loro.

Lo scoramento di Miro peggiorò. È a questo che sono serviti i nostri sacrifici e tutto il lavoro che abbiamo fatto? fu sul punto di dire. Libo non è morto perché voi poteste conquistare il mondo. Ma il suo addestramento ebbe la meglio, e non poté impedirsi di chiedere: — Dove sono tutti questi nuovi figli?

— Nessuno dei piccoli fratelli viene con noi - spiegò Human. — Abbiamo troppo da fare, a imparare da te e ad insegnare alle altre case-amiche. Non possiamo educare anche i piccoli fratelli. — Poi aggiunse, orgogliosamente: — Dei trecentoventi, metà sono figli di mio padre Rooter.

Mandachuva annuì gravemente. — Le mogli hanno un grande rispetto per le cose che ci avete insegnato. E confidano molto nell’Araldo dei Defunti. Ma quello che ora ci dici è assai spiacevole. Se i framlings ci odiano, cosa possiamo fare?

— Non lo so — disse Miro. Faticava a digerire l’informazione che aveva appena avuto. Trecento nuovi giovani. Un incremento esplosivo della popolazione. E Rooter, chissà in che modo, padre di metà di loro. Fino al giorno prima aveva ritenuto assurde quelle dichiarazioni sulla paternità di Rooter e sul loro sistema di totem. Ma dopo aver visto un albero sezionarsi da solo in risposta a una canzone, era pronto a revisionare tutte le sue vecchie teorie.

Ma vedere sgombra la strada della conoscenza adesso a cosa gli serviva? Era un’altra quella che lo stavano costringendo a percorrere. E mentre lui avrebbe viaggiato su un’astronave, per decenni, il suo lavoro sarebbe stato portato avanti da qualcun altro. O, peggio ancora, da nessuno.

— Non essere triste — disse Human. — Vedrai… l’Araldo dei Defunti farà in modo che vada tutto bene.

— L’Araldo, già. Penserà lui a sistemare le cose, certo. — Come ha fatto per me e per Ouanda. Mia sorella.

— La Regina dell’Alveare dice che lui insegnerà ai framlings ad amarci.

— Insegnare ai framlings — sbottò Miro. — Allora farà meglio a sbrigarsi. Per Ouanda e me, comunque, è già tardi. Fra poco saremo arrestati e portati via da questo pianeta.

— Sulle stelle? — domandò Human, eccitato.

— Sì, sulle stelle, per essere processati. Saremo puniti per avervi aiutato. Ci vorranno ventidue anni soltanto per arrivare là, e non ci lasceranno tornare mai più.

Ai maiali occorsero alcuni secondi per digerire quell’informazione. Bene, pensò Miro, vedendo che si riunivano a parlottare fra loro. Chiedetevi pure come farà l’Araldo a risolvere le cose per voi. Anch’io confidavo in lui, e guardate con che risultato.

Human si staccò dal gruppetto e venne più vicino al recinto. — Noi ti nasconderemo.

— Nella foresta non ti troveranno mai — dise Mandachuva.

— Hanno macchine che possono rintracciarmi come a fiuto — borbottò Miro.

— Ah! Ma la legge non proibisce loro di mostrarci qualunque macchina? — domandò Human.

Miro scosse il capo. — Questo poco importa. Il cancello è stato chiuso. E io non posso oltrepassare il recinto.

— Ma tu hai l’erba capim, lì da te — disse Freccia.

Miro guardò l’erba, stupidamente. — E con ciò?

— Masticala — disse Human.

— Perché? — chiese Miro.

— Abbiamo visto altri umani masticare il capim — disse Mangia-Foglie. — L’altra notte, sul fianco della collina, abbiamo visto l’Araldo e uno degli uomini-tonaca che masticavano il capim.

— E molte altre volte — aggiunse Mandachuva.

La loro premura era frustrante. — Cos’ha a che fare questo con il recinto?

Di nuovo i maiali si consultarono, con un’occhiata. Poi Mandachuva staccò uno stelo di capim alla radice, lo arrotolò accuratamente in un batuffolo compatto, se lo mise in bocca e cominciò a masticarlo. Dopo un poco si sedette a terra. Gli altri presero a colpirlo con schiaffetti, leggeri calci nelle gambe, pizzicotti e ditate, e lui parve non farci molto caso. Infine Human gli sferrò un violentissimo pugno in testa, e quando fu chiaro che Mandachuva non aveva sentito niente i compagni gli dissero, nella Lingua dei Maschi: — Pronto. Ora puoi andare. Adesso. Pronto.

Mandachuva si alzò, vacillando appena un poco. Poi corse al recinto e si arrampicò senza difficoltà, ne scavalcò la cima e atterrò a quattro zampe accanto a Miro.

Il giovane s’era precipitato avanti con un grido di protesta, ma la voce gli s’era mozzata in gola prima ancora che il maiale terminasse l’impresa. Mandachuva si rialzò in piedi e si spazzolò via la polvere di dosso.

— Tu… non puoi far questo! — ansimò Miro. — Il recinto stimola tutti i nervi del corpo. Non può essere scavalcato.

— Oh! — borbottò Mandachuva.

Dall’altro della recinzione Human sfregava insieme i cuscinetti cornei all’interno delle cosce. — Lui non lo sa! — esclamò. — Gli umani non lo sanno!

— È un anestetico — disse Miro. — Evidentemente vi impedisce di sentire il dolore.

— No — disse Mandachuva. — Io ho sentito il dolore. Molto forte. Il dolore più terribile del mondo.

— Rooter dice che il recinto è ancor peggio della morte — spiegò Human. — Dolore da tutte le parti.

— Ma non ve ne curate. — Miro annuì.

— Succede all’altro te stesso — disse Mandachuva. — Succede al te stesso-animale. Ma al te stesso-albero non importa. Ti fa diventare il te stesso-albero.

In quel momento Miro ricordò un particolare della morte di Libo che s’era confuso fra l’orrido e grottesco insieme degli altri. La bocca del cadavere era stata riempita con un malloppo di capim. Lo stesso era stato fatto anche ai maiali uccisi dai compagni. Anestetico. La cosa lo aveva indotto a pensare a una ripugnante forma di tortura, e tuttavia il suo scopo non era il dolore. Dunque usano un anestetico. Qualunque risultato si prefiggano, non ha a che fare con la sofferenza.

— Avanti — disse Mandachuva. — Mastica l’erba e vieni con noi. Ti nasconderemo.

— C’è Ouanda — disse Miro.

— Oh, andrò a cercarla io — propose Mandachuva.

— Tu non sai dove abita.

— Sì, lo so — replicò Mandachuva.

— Noi facciamo questo molto spesso — spiegò Human. — Sappiamo dove abitano tutti.

— Ma nessuno vi ha mai visto — si stupì il giovane.

— Sappiamo agire in segreto — disse Mandachuva. — E poi non c’è nessuna sorveglianza.

Miro cercò d’immaginare dozzine di maiali che si muovevano furtivi nelle notti di Milagre. Poca gente aveva necessità di andare in giro a tarda ora, e dopo la chiusura dei locali pubblici la guardia notturna andava a dormicchiare nel suo ufficio davanti a uno schermo televisivo. I maiali, inoltre, erano piccoli, capaci di sparire acquattandosi nel capim. Non c’era da meravigliarsi che sapessero molte cose sul metallo e sulle macchine, a dispetto di ogni precauzione presa per tenerli all’oscuro. Senza dubbio avevano visto le miniere, la zona d’atterraggio delle navette, gli impianti esterni delle fabbriche, e i fazendeiros all’opera nei campi di amaranto mutato. Ecco dove nascevano le loro domande.