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— Ti dà il permesso di andare — disse Mandachuva. — Araldo. Tu.

— Da solo? — chiese Ender. — Preferisco portare con me Ela e Ouanda.

Mandachuva disse qualcosa nella Lingua delle Mogli. La sua voce parve un rauco gorgoglio a paragone di quella melodiosa della femmina. Urlatrice rispose con una brevissima cantilena.

— Lei dice: naturalmente, puoi condurle con te — tradusse Mandachuva. — Dice: sono femmine, non è vero? Lei non è molto esperta nelle differenze fra gli umani e i Piccoli.

— Un’altra cosa — disse Ender. — Almeno anche uno di voi, come interprete. Oppure capisce lo stark?

Mandachuva riferì quel che Ender chiedeva. La risposta fu breve, e al maiale non dovette piacere affatto perché rifiutò di tradurla. A farlo fu Human: — Lei dice che puoi avere ogni interprete che desideri, purché sia io.

— Allora desidero che l’interprete sia tu. D’accordo.

— Devi entrare tu per primo nel posto della nascita — disse Human. — Tu sei l’invitato.

Ender uscì dai cespugli e avanzò nel chiarore lunare. Dietro di sé sentiva i passi di Ela e Ouanda, e quelli più rapidi e soffocati di Human. Quasi subito s’accorse che Urlatrice non era sola in quel luogo. Su ogni porta erano comparse altre femmine. — Quante ce ne sono, qui? — domandò.

Human non rispose. Lui si volse a guardarlo. — Quante mogli vivono qui? — ripeté.

Human lo ignorò, e continuò a tacere finché Urlatrice non gli cantò qualcosa in tono di comando. Solo allora il maiale disse: — Nel posto della nascita, Araldo, si parla soltanto quando una moglie fa una domanda.

Ender annuì gravemente, poi fece dietro front e tornò al bordo della radura dov’erano rimasti gli altri maschi. Ela e Ouanda lo seguirono. Alle sue spalle Urlatrice cantò altre frasi, e stavolta i tre esseri umani capirono il motivo di quel nome: la voce della femmina poteva alzarsi al punto da far tremare gli alberi. Human raggiunse Ender e lo afferrò per una manica. — Lei chiede perché state andando via, quando non vi è stato dato il permesso di andare. Araldo, questa è una cosa molto grave. Lei è davvero arrabbiata.

— Dille che io non sono venuto per dare o per ricevere istruzioni. Se vuole trattarmi da pari a pari, anch’io farò lo stesso.

— Non posso dirle questo! — protestò Human.

— Allora ce ne andremo, e lei non saprà mai perché siamo venuti.

— Ma essere chiamati fra le mogli è un grande onore!

— Anche la visita di un Araldo dei Defunti è un grande onore per loro.

Human rimase immobile alcuni secondi, rigido per l’ansia, poi si volse e parlò a Urlatrice.

La femmina non aprì bocca. Nella radura cadde il silenzio più completo.

— Spero che lei sappia quel che sta facendo, Araldo — disse Ouanda.

— Sto improvvisando — si difese Ender. — Come ti sembra che vada?

Lei non rispose.

Urlatrice diede loro le spalle e rientrò nella grande casa di tronchi. Ender fece lo stesso e rientrò nella foresta. Ma quasi all’istante la voce della femmina tornò a echeggiare.

— Vi ordina di attendere — tradusse Human.

Ender non si fermò e passò oltre il gruppo dei maschi. — Se mi chiede di tornare indietro, forse lo farò. Ma tu devi spiegarle, Human, che non sono venuto qui per dare o per prendere ordini.

— Non posso dirle questo — replicò Human.

— Perché no?

— Lascia fare a me — disse Ouanda. — Human, vuoi dire che non puoi parlarle così perché hai paura, oppure perché non ci sono le parole?

— Nessuna parola. Né quelle di comando da un fratello a una moglie, né quelle di supplica da una moglie a un fratello. Sono parole che non vanno in queste direzioni.

Ouanda sorrise a Ender. — Non ostacoli di costume, Araldo. Ostacoli di linguaggio.

— Human, loro non capiscono la tua lingua? — chiese Ender.

— La Lingua dei Maschi non può essere parlata nel posto della nascita — disse il maiale.

— Dille che le mie parole non possono essere dette nella Lingua delle Mogli, ma soltanto in quella dei maschi. E dille che io… uh, supplico che tu abbia il permesso di tradurre ciò che dirò nella Lingua dei Maschi.

— Tu rischi un grosso guaio, Araldo — disse Human. Si volse e parlò ancora a Urlatrice.

D’improvviso la radura fu piena di versi acuti nella Lingua delle Mogli, una dozzina di voci diverse che salivano nell’aria come le prove di un coro caotico e disarmonico.

— Araldo — disse Ouanda, — lei ha violato più o meno tutte le regole dell’antropologia pratica.

— Non ne ho rispettata neppure una?

— La sola che mi viene in mente è che lei non ha ancora sparato a nessuno di loro.

— Quello che stai dimenticando — disse Ender, — è che io non sono uno scienziato venuto a studiarli, ma un ambasciatore che deve trattare con loro.

Di colpo come avevano cominciato, le mogli si azzittirono. Urlatrice uscì dalla casa e avanzò nella radura, fermandosi accanto al grande albero centrale. Cantò qualcosa.

Human le rispose, stavolta nella lingua dei fratelli, e Ouanda ne fece una sintetica traduzione: — Le sta riferendo la tua proposta, sul fatto di essere uguali.

Le mogli eruppero di nuovo in una cacofonia di note.

— Cosa credi che risponderanno? — domandò Ela.

— Come posso saperlo? — disse Ouanda. — È la prima volta che vengo qui, esattamente come voi.

— Penso che capiranno, e che mi accetteranno a queste condizioni — disse Ender.

— E cosa glielo fa credere? — chiese Ouanda.

— Perché io vengo dal cielo. E perché sono l’Araldo dei Defunti.

— Non cominci a recitare la parte del Grande Dio Bianco — commentò Ouanda. — Di solito non funziona troppo bene.

— Io non sono Pizarro — disse Ender.

Nel suo orecchio destro Jane mormorò: — Sto cominciando a vedere più chiaro nella Lingua delle Mogli. Gli elementi basilari di quella dei maschi erano nelle note di Pipo e di Libo. La traduzione di Human mi è stata d’aiuto. La Lingua delle Mogli è strettamente collegata a quella dei maschi, salvo che sembra molto più arcaica. Stesse radici, stessi fonemi. Tutte le forme femmina-a-maschio sono imperative, e tutte quelle maschio-a-femmina sono al vocativo. La parola femminile per «i fratelli» sembra correlata alla parola maschile per «macio», i vermi degli alberi. Se è il linguaggio dell’amore, c’è da chiedersi come facciamo a riprodursi.

Ender sorrise. Era piacevole sentire di nuovo Jane che gli parlava, ed era bello sapere che avrebbe avuto il suo aiuto.

S’accorse che Mandachuva doveva aver chiesto qualcosa, perché Ouanda s’era chinata a rispondergli sottovoce: — Sta ascoltando il gioiello che ha all’orecchio.

— È la Regina dell’Alveare? — domandò Mandachuva.

— No — disse Ouanda. — È un… — Si sforzò di trovare la parola. — È un computer. Una macchina con la voce.

— Posso averne uno? — chiese Mandachuva.

— Un giorno o l’altro — disse Ender, salvando così Ouanda dal problema di studiare una risposta diplomatica.

Le mogli tacquero, e la voce di Urlatrice cantò un paio di frasi nel silenzio. Subito i maschi mostrarono una certa agitazione, mettendosi a saltellare su e giù nervosamente.

Jane sussurrò a Ender: — Sta parlando anche lei nella Lingua dei Maschi.

— Davvero un grande giorno — disse Freccia. — Le mogli che parlano la Lingua dei Maschi in questo posto. Mai successo prima.

— Lei ti invita a entrare — tradusse Human. — Ti parla come a un fratello… no, voi direste come una sorella a un fratello.

Immediatamente Ender si avviò nella radura, verso la femmina. Pur essendo più alta dei maschi era cinquanta centimetri buoni più bassa di lui, cosicché preferì poggiare un ginocchio al suolo. La osservò, faccia a faccia.